“Venite nella mia casa a pregare per la pace”

“In questo luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere un invito a lei, signor presidente Mahmoud Abbas, e al signor presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera”. Domenica 25 Papa Francesco, a sorpresa, ha fatto questa proposta al Regina Cæli che ha concluso la messa a Betlemme. “Tutti – ha osservato – desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla. E tutti, specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli, abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera”.

Come per la Siria, quando volle proclamare per il 7 settembre 2013 una giornata di digiuno e di raccoglimento, Bergoglio propone ai popoli palestinese e israeliano, e alle rispettive autorità, la preghiera come strada privilegiata per intraprendere un “felice esodo verso la pace”. Il sorprendente invito del Papa è stato subito raccolto dai due presidenti; l'incontro dovrebbe tenersi “in tempi brevi” vista anche la prossima scadenza del mandato di Peres.

Ma la domenica di Francesco è stata anche contrassegnata da un altro gesto più eloquente di tante parole. Al mattino, lungo la strada che lo portava alla piazza della Mangiatoia di Betlemme, il Papa ha fatto fermare la jeep, è sceso, si è avvicinato al muro di separazione tra Betlemme e Israele e, poggiandovi la testa, si è raccolto per alcuni minuti in “silenziosa preghiera”.

Bergoglio ha parlato di pace e coraggio anche al suo arrivo in Israele. Davanti al presidente Peres e al premier Netanyahu è risuonata la supplica a “quanti sono investiti di responsabilità a non lasciare nulla di intentato per la ricerca di soluzioni eque alle complesse difficoltà, così che israeliani e palestinesi possano vivere in pace”. All'aeroporto di Tel Aviv, il Papa ha fatto proprio l'appello che da quello stesso luogo lanciò Benedetto XVI: “Sia universalmente riconosciuto che lo Stato d'Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti; sia ugualmente riconosciuto che il popolo palestinese ha il diritto ad una patria sovrana, a vivere con dignità e viaggiare liberamente. La soluzione di due Stati diventi realtà e non rimanga un sogno”.

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