“A Gerusalemme speriamo nella Resurrezione”

A colloquio col patriarca emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah: “Noi viviamo nella Città Santa, sul Calvario! Non nella gloria della risurrezione, ma colla speranza che ispira la risurrezione”

Palestinese, nato a Nazareth nel 1933, studi dai gesuiti e dottorato alla Sorbona di Parigi, Michel Sabbah è stato patriarca di Gerusalemme dal 1988 al 2008, quando è andato “in pensione” (viene peraltro richiesto continuamente per incontri spirituali e conferenze ai più alti livelli) come patriarca emerito presso il Monastero delle Suore Brigidine sul Monte degli Ulivi in alcune semplici stanze.

Dal venerdì al lunedì si reca in una parrocchia non tanto distante da Gerusalemme (Taybeh il nome presente; è l'Efrem del Vangelo di S. Giovanni, 11,54) per collaborare nell’azione pastorale. Trovandomi anch’io come pellegrino nello stesso monastero per il terzo anno, ho avuto modo di accostarlo, di conoscerlo da vicino (nella sua grande disponibilità mi ha dettato gli esercizi spirituali!) e, incoraggiato dalla Madre Superiora delle Brigidine, mi sono permesso di chiedergli questa intervista.

Che significato ebbe, Beatitudine, la sua nomina a patriarca?

Un’apertura maggiore al clero locale, sia ai vescovi come ai sacerdoti. Il popolo palestinese l’ha vista come un forte simbolo di speranza, sia pure tenendo presente una situazione difficile, complessa e con quasi ormai settant’anni di storia.

E gli Ebrei come reagirono?

Niente di particolare. Un atteggiamento di aspettativa, per vedere come si sarebbe comportato il nuovo patriarca.

In sintesi, perché non si ferma la guerra israelo-palestinese?

Gli Ebrei continuano a imporre ai Palestinesi l'occupazione militare. Hanno occupato la loro terra: primo tempo hanno comprato, secondo tempo, 1948, hanno conquistato, terzo tempo, come padroni della terra, continuano a confiscare o comprare. Reprimono con violenza ogni resistenza all'occupazione: rappresaglie, punizione collettiva, demolizione di case, fanno prigionieri politici…

Nella vostra diocesi com'è la pratica dei cristiani?

Il 20% frequenta regolarmente la chiesa ogni domenica. L’80% in occasione della Pasqua, del Natale. Da noi non ci sono atei.

Com’è organizzata la vita parrocchiale?

Abbiamo parrocchie molto piccole, a volte con duecento abitanti, più spesso altre sono più grandi fino a cinquemila abitanti. Tutte le 60 parrocchie hanno il loro parroco. L’età media dei 90 sacerdoti è di quaranta-cinquant’anni (con due-tre nuovi sacerdoti all’anno e due-tre defunti all’anno).

Potrebbe segnalare i punti di forza della vostra pastorale?

Una fede condivisa apertamente, una famiglia unita e con tanti figli (5-7, oggi meno), parrocchie unite attorno al loro parroco che conosce tutti personalmente.

E i punti deboli?

Manca la formazione, manca l’approfondimento della fede e l'applicazione nelle situazioni politiche o economiche. Si prega nella chiesa, ma non si porta la preghiera come forza spirituale nella società.

In Israele c’è una fitta rete di scuole cattoliche. Qual è la loro funzione nella pastorale della Terra Santa?

Sì, in tutta la diocesi, in Palestina, Israele e Giordania, in ogni parrocchia anche la più piccola c’è la scuola per la durata di almeno sei anni, e spesso di 12 anni, fino all’entrata nell’università. Al venerdì (o sabato), giorno di vacanza ufficiale, ogni parrocchia promuove il catechismo per i ragazzi che frequentano le scuole statali mentre per i ragazzi delle scuole cattoliche la formazione religiosa è assicurata dalla scuola stessa.

Per frequentare le scuole cattoliche le famiglie debbono versare una quota?

Esse contribuiscono alle spese della scuola cattolica per circa due terzi del totale. Sono previste agevolazioni per le famiglie povere.

Chi sono gli alunni delle scuole cattoliche?

Ragazzi/e cristiani e per il 40% musulmani (questi infatti nutrono una grande stima per le scuole cattoliche). A tutti viene assicurato l’insegnamento religioso o cattolico o musulmano (infatti l’insegnamento religioso è obbligatorio per tutti fino all’università). I docenti sono quasi tutti cristiani con una presenza anche musulmana.

Per tutte le scuole cattoliche c’è una Direzione Generale Diocesana che nomina i dirigenti e i docenti.

Perché le scuole cattoliche, chiamate “latine”, rappresentano un elemento importante della vostra pastorale?

Per noi la cultura, la scuola è senz’altro molto importante… il contatto con le famiglie avviene attraverso le scuole che sono aperte anche ai musulmani. La scuola è luogo di educazione e di ecumenismo con le altre componenti cristiane presenti in Terra Santa e anche di dialogo interreligioso con le famiglie musulmane. Le scuole sono la vita per il presente e per il futuro della Chiesa in Terra Santa. (Qui possiamo notare come il patriarca voglia portare l’attenzione sui valori che caratterizzano le loro scuole: educazione, ecumenismo, dialogo interreligioso. Per mettere le premesse per costruire la pace tra popoli così diversi – per storia, cultura, tradizioni, usi e costumi e con identità scolpite così nettamente e custodite gelosamente – anche se così vicini: tutti si riconoscono nell’unico Dio, n.d.r.).

Perché i musulmani preferiscono le scuole cattoliche?

Riconoscono che sono migliori per educazione e qualità di insegnamento.

Il Patriarcato riceve contributi?

Una parte significativa viene dall’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro.

Geograficamente dove si trovano i Palestinesi?

Si trovano nello stato d'Israele (20%), cittadini ma discriminati come non ebrei. Si trovano nei Territori Occupati dal 1967, sotto regime di Occupazione militare, non sono cittadini, ma "occupati". Si trovano a Gaza, un territorio tutto palestinese, ma soffocato, assediato dai Israeliani; non si può uscire, non si può entrare liberamente… Si trovano a migliaia nelle prigioni politiche israeliane. E poi sono sparsi in tutti i paesi del mondo: conosco una famiglia: quattro fratelli, ciascuno con un passaporto differente, abita un paese differente…

Come vede la configurazione politica di Gerusalemme?

Gerusalemme è Città Santa per tre religioni e due popoli. Sarà dunque o città divisa fra ebrei e palestinesi, o condivisa (prevedendo uno statuto speciale). Due popoli, città aperta, mai chiusa, mai guerra.

Le autorità politiche ebree tengono conto delle autorità religiose?

A parole sì, ma nei fatti…

E qual è il rapporto fra il Patriarca e Gerusalemme?

Gerusalemme è l’ultima Diocesi nei confronti di tutte le altre. E' il luogo dove Gesù è morto. Solo nel quinto secolo il vescovo di Gerusalemme ottiene il titolo di patriarca. Il patriarca di Gerusalemme vive sul Calvario! Non nella gloria della risurrezione, ma colla speranza che ispira la risurrezione.

Fin qui l’intervista di cui ringrazio sinceramente il Patriarca Sabbah. Una sintesi efficace del suo pensiero la possiamo trovare in queste parole: “Mi possono far dire tante cose che mi interessano relativamente, però quelle che assolutamente non tollero sono due. La prima: che mi si attribuisca il fatto che io giustifico in qualche modo la violenza o che m'interesso alla politica; m'interesso all'essere umano, chi che sia, che soffre della politica, qualunque sia. Seconda cosa: che si neghi quello che io sempre affermo: che siamo sottoposti a un regime ingiusto, che viviamo in una situazione permanente di ingiustizia”. E questa è anche la causa vera dello scoppio di un continuo conflitto israelo-palestinese.

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