“Canto alle stelle”

A Riva concerto natalizio della “star” Frate Alessandro: “Tutto per la gloria di Dio”

“Dovessi scendere dal piedistallo? Non accadrebbe nulla, perché è tutto qualcosa in più che sto ricevendo”. Per ora lassù, tra le stelle tutte terrene, c'è anche lui, fraticello “perpetuo” (professione definitiva nel 2009) della Basilica di Assisi. Con la potenza della sua voce tenorile è ormai cantante affermato fra' Alessandro, al secolo Giacomo Brustenghi da Castiglione della Valle, perugino di 36 anni. Un paio d'anni fa, innamorati della sua voce, i discografici della Decca (etichetta di Pavarotti) lo scritturarono: con tutti i profitti devoluti all’Ordine dei Frati Minori, ne uscì un album nel 2012 Voice from Assisi e lo scorso anno il natalizio Voice of Joy. Prima, durante e dopo una lunga serie di concerti. Prossima tappa: Riva del Garda, lunedì 22 dicembre.

Frate Alessandro, prima la vocazione canora o quella religiosa?

La musica è diventata un modo di essere e di vivere. Sento musica dappertutto: la vocazione c'è “fin dal grembo di mia madre”, per citare la Scrittura. Ma la musica è stata uno strumento di espressione della vocazione. Ho iniziato con il solfeggio a nove anni, poi organo e composizione e ovviamente il canto. Mi piace ascoltare un po' di tutto, per aprire sempre nuovi orizzonti. E ho due punti di riferimento che possono sembrare molto distanti ma hanno anche tanti punti in comune: Bach e Michael Jackson. Entrambi riconoscevano un'origine divina alla loro musica.

Come definirebbe il suo genere?

Mi rifaccio forse a una vocalità forse un po' sorpassata. I miei punti di riferimento sono i tenori del Novecento come Giacomo Lauri Volpi o Beniamino Gigli. Ma la cosa che dentro di me è scolpita è la necessità del comunicare, dell'esprimere che noi siamo solo canali della bellezza di Dio. Meglio un suono non perfetto che sappia donare calore e amore, piuttosto che un'esecuzione perfetta che non lascia nulla al caso.

Come è salito nell'empireo delle “stelle”?

Stavo cantando in una piccola chiesetta. Un'insegnante di canto ha organizzato un'audizione a cui c'erano i discografici che mi hanno proposto il contratto. L'abbiamo accettato, parlo al plurale perché insieme ai miei amici e ai miei superiori l'abbiamo identificata come realmente è: una missione di evangelizzazione, un portare qualcosa di bello. Ero molto scettico, invece a quanto pare il Signore ha benedetto quest'opera.

Pensando anche alla sua collega religiosa-cantante suor Cristina, per voi a metà tra saio e spettacolo dove sta il rischio?

Sicuramente c'è. Bisogna saper riconoscere il confine. Ma se siamo su un treno in corsa e vogliamo invitare altri a viaggiare con noi non possiamo scendere, dobbiamo rimanere, senza varcare però il confine che sta tra i binari e la pensilina. Una cosa è sicura: mai da soli! Dobbiamo avere dietro un comunità. Quanto a suor Cristina, non l'ho mai incontrata. Suonare con lei? Chissà…

Dalle stelle della fama, così effimera, a quelle decisamente più solide del Natale che fanno da sfondo al concerto trentino…

Il Natale non è legato solo a un mese ma è dentro di noi. In ogni concerto non so mai cosa potrà avvenire. Quando canto mi immergo in un altro mondo e io obbedisco solo a Dio. Ho notato però una cosa: spesso le persone si sciolgono in pianto o in gioia. E sono stupefatto anch'io. Grazie alla musica, a cominciare da quello straordinario testo di Sant'Alfonso Maria de Liguori… (E qui, al telefono di radio Trentino inBlu, fra Alessandro intona: “Tu sceendi daalle stellee…”).

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