Come seme nella terra

Requiem per suor Chiara Donata, che 30 anni fa era stata fondatrice del monastero delle clarisse

La piccola suora dallo sguardo di bambina e dal sorriso dolce prese un pugno di terra e lo gettò nella fossa; poi un altro e un altro ancora. Fino a dieci, quante erano le monache clarisse del monastero di clausura di San Damiano al Borgo. Pioveva a dirotto. Benché fosse il 25 marzo, sulle montagne intorno a Borgo Valsugana nevicava.

Se n’erano andati via dal cimitero i frati francescani, le donne che avevano seguito il funerale, perfino i parenti della scomparsa che erano arrivati dalla Lombardia. Sul bordo della fossa ancora aperta, restarono soltanto loro: madre Emmanuela (al secolo Ingrid Bortolotti) e suor Maria Francesca (al secolo Francesca Lorenzi). Recitarono un requiem e intonarono un canto.

Per quella speciale occasione, la comunità delle clarisse aveva deciso che due monache avrebbero accompagnato la loro fondatrice, suor Chiara Donata, al secolo Angelica Martelli nell’ultimo viaggio terreno fino al cimitero, uscendo dalla clausura al termine della messa celebrata dal Ministro Provinciale dei Frati minori e loro ordinario regolare, fr. Francesco Patton.

Suor Chiara Donata era nata a Busto Arsizio il 7 aprile 1939; morì, dopo una breve malattia, lunedì 23 marzo 2015, attorniata dalle consorelle che aveva accompagnato nella fede come una madre e che aveva visto crescerle attorno. E quanto la monaca fosse amata, lo avevano testimoniato il pianto che per tutto il rito funebre aveva rigato il volto di alcune consorelle, raccolte a semicerchio nel coro della chiesa, separate dai concelebranti e dai fedeli con una grata a forma di croce. Quelle lacrime smentivano l’antico detto popolare trentino, riferito alle suore, che recita: “in convento senza conoscersi, una vita senza amarsi, una morte senza piangersi”.

“Ci ha voluto bene, le abbiamo voluto bene perché col dono della sua vita ha fatto nascere questa casa”, disse dopo il funerale suor Emmanuela, l’abbadessa. Lo aveva dichiarato pure nel foglietto che gli oltre duecento partecipanti al funerale avevano trovato all’ingresso della chiesa del monastero. “Il suo innato ruolo di mediatrice fra le generazioni ha fatto sì che Donata potesse assumere il compito di formare le prime giovani della Comunità, componendo la forza e la bellezza del carisma clariano con la novità di cui esse erano portatrici”. Ancora: “Ha amato con tenerezza la Chiesa di Trento che, attraverso la carissima figura di mons. Gottardi, l’aveva accolta con gratitudine, stima e amore”.

Era accaduto trent’anni prima, il 25 agosto 1984.

Suor Chiara Donata, assieme a tre consorelle, era stata scelta per la fondazione del monastero di San Damiano di Borgo da parte dal protomonastero S. Chiara di Assisi, alla cui comunità si era rivolto mons. Gottardi insieme ai frati minori di Trento. Quelle suore un tantino speciali, non foss’altro perché avevano fatto la scelta di vivere nella contemplazione e nella povertà, recluse al mondo, tornavano in Trentino dopo due secoli, da quando se n’erano dovute andare via nel 1782 in seguito alle soppressioni degli ordini religiosi. C’erano, a quel tempo, quattro monasteri delle Figlie di S. Chiara: a Rovereto, a Borgo Valsugana e (due) a Trento.

L’idea di far rifiorire il secondo Ordine francescano venne a P. Corrado Lever nel 1971, al tempo cioè delle celebrazioni per i 750 anni di presenza dei Francescani che erano giunti a Trento nel 1221. Fu rilanciata pubblicamente due anni dopo, durante le celebrazioni del terzo centenario della morte della Venerabile Giovanna Maria della Croce (Bernardina Floriani), fondatrice degli antichi monasteri di Rovereto e Borgo.

Vi furono contatti ripetuti con Assisi, finché, dieci anni dopo, il Capitolo provinciale dei frati (con 33 voti favorevoli, due contrari e un astenuto) deliberò la fondazione del monastero delle Clarisse. Nel capitolo conventuale del Protomonastero di Assisi in cui fu votata la fondazione di Borgo, con grande fede e spirito missionario le monache votarono contemporaneamente anche la fondazione di un monastero in Rwanda, dal quale ora sono germinate altri due monasteri. Solo pochi anni prima le sorelle assisane avevano dato quattro sorelle per una fondazione in Centroamerica, che ora si è moltiplicata in cinque monasteri.

Inizialmente la sede del monastero trentino avrebbe dovuto essere a Rovereto. Ma dopo un sopralluogo, le monache arrivate dall’Umbria scelsero Borgo Valsugana dove, fin dal 1598, i Francescani tenevano un convento che sarebbe quindi stato ceduto alle sorelle perché ne facessero un monastero. I frati avrebbero ristrutturato per loro l’antico rustico edificato accanto al convento, così che in un medesimo luogo vi fosse la presenza dell’intero carisma francescano composto dai tre ordini: frati, clarisse e francescani secolari.

Ora, entro la fine dell’estate del 2015 i tre frati francescani rimasti se ne andranno e il loro attuale convento, ceduto alle Clarisse, diventerà foresteria.

Dall’insediamento delle prime quattro monache (1984), mano a mano che le vocazioni arrivavano e crescevano, passarono tredici anni prima che vi fosse il riconoscimento canonico delle possibilità di autonomia della comunità, che così poté celebrare il suo primo capitolo elettivo triennale e scegliere la prima abbadessa. Risultò eletta Chiara Donata Martelli, la quale sarebbe stata accompagnata al cimitero diciotto anni dopo, dopo una vita di servizio intenso e amoroso alle sue sorelle, e per quattro anni anche alle sorelle di Trevi dove fu abbadessa dal 2003 al 2007.

Quel piovoso pomeriggio di marzo del 2015 la monaca fondatrice fu inumata nella tomba dei frati ai quali, ormai, quel pezzo di terra non sarebbe più servito. La Spoon River dei Francescani trentini è sulla collina, a Trento, accanto all’infermeria del convento di San Bernardino. A parte qualche eccezione (P. Alberto Frumezio Ghetta fu sepolto nella natia Val di Fassa) i pochi religiosi della Provincia di san Vigilio sono interrati lì, accanto ai confratelli che li hanno preceduti. Nell’ultimo secolo, nella fossa del cimitero di Borgo sono stati seppelliti in dieci, cominciando da padre Raimondo Toniolli da Ala (1894) per finire con P. Eugenio Trepin da Cles (2007).

Oltre all’intero convento dei Francescani, negli anni a venire le monache di Santa Chiara avranno pure una zolla di terra per loro, dove lasciare che si compia definitivamente la scommessa della fede, che fa del seme gettato nella terra il preludio di una nuova vita.

Requiem per una Clarissa che venne da Assisi per fondare un monastero. Nata il venerdì Santo del 1939 ebbe la sua Pasqua il 23 marzo 2015 ed è stata sepolta nel giorno dell'Annunciazione, anticipo della gioia del Natale. Alleluja.

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