Famiglie al centro, per davvero

Le risposte trentine al questionario del Papa: il commento di sintesi del sociologo Alberto Zanutto

Le comunità ecclesiali considerano le famiglie, ma proprio tutte, con le loro diverse fragilità e le infinite potenzialità, uno dei destinatari importanti dell’azione pastorale. Potrebbe essere questo in sintesi l’esito finale del lavoro condotto sul nuovo questionario del Papa inviato alle diocesi italiane e del mondo.

Nell’insieme la percezione generale emersa dai contributi ricevuti è di una certa “distanza” da alcune tesi sinodali rispetto alle sfide che l’attività pastorale affronta sui territori. Ad esempio i gruppi nei territori suggeriscono di impegnarsi come comunità cristiane per sostenere le famiglie, cristiane o ‘para cristiane’, anche nelle nuove situazioni di vita che queste presentano.

Prima degli interrogativi posti dagli ideali religiosi, e quindi dai vari magisteri, le famiglie sui territori affrontano quotidianamente sfide antropologiche sempre più complesse. Ad esempio i giovani scelgono sempre più di convivere fuori dall’esperienza matrimoniale sia essa civile e/o religiosa, anche a causa delle mutate condizioni occupazionali. E oggi al nord i bambini nati fuori dal vincolo coniugale sono ormai saliti al 30%. Questo contesto porta le persone ad assumere sempre più raramente responsabilità ‘per sempre’. L’esperienza del matrimonio è, infatti, sempre più in diminuzione e il rito sacramentale è ormai minoritario in Provincia di Trento (42% e il 37% in Provincia di Bolzano).

Come pastorale si sta lavorando da tempo e per accogliere con grande apertura anche le domande di queste famiglie e allo stesso tempo si cerca di porre attenzione primaria nei confronti dei processi relazionali delle coppie. Questo sguardo permette da un lato di rinnovare l’idea di una opportunità preziosa che l’esperienza matrimoniale e sacramentale può offrire e dall’altro di aumentare la consapevolezza, anche nei percorsi di formazione al matrimonio cristiano, nei confronti dei conflitti che possono sorgere, precedere e, purtroppo, seguire le separazioni.

Altro aspetto emerso in relazione alla “distanza” tra realtà e documento sinodale, proviene dal fatto che le sanzioni sociali manifestate contro le forme più nuove della coabitazione e della convivenza, anche come esito di precedenti matrimoni, incluse le convivenze omosessuali, hanno perso l’interesse di un tempo. E questo nonostante la rilevanza che media nazionali riservano alle nuove forme di convivenza famigliare e alle battaglie troppo ideologiche che ne derivano.

Un esempio emblematico di questo fenomeno è il fiorire in campo cattolico di riferimenti verso una “teoria del gender” che non trova riscontro nella letteratura accademica del settore dove invece si confrontano una pluralità di approcci nell’ambito degli studi di genere. Gli esiti di questo confronto nascondono il bisogno che gruppi e comunità hanno di una serena riflessione su come si educano i giovani e le coppie alla sessualità e al rispetto del maschile e del femminile, spesso fronteggiando stereotipi e preordinamenti sociali, per affrontare anche i rischi che possono insidiare le famiglie (es. violenza intrafamiliare), e i diversi destini che il maschile ed il femminile ottengono nell’ambito della società più allargata (es. differenze di opportunità e di reddito nel mondo del lavoro riservate a uomini e donne e che incidono significativamente sui destini familiari).

Un ultimo richiamo emerso dai contributi relativi al questionario riguarda il tema della comunicazione. Le riflessioni reiterate sulle regole morali, e sui principi proposti dal magistero, sposta l’attenzione ancora una volta dalle positive opportunità che le famiglie stesse, i gruppi e le comunità mettono a disposizione delle famiglie in generale. C’è un desiderio latente di affermare con trasparenza quanto di bello e attraente si realizza nei territori grazie all’energia generata dall’adesione al progetto di fede.

Alberto Zanutto

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