Il metodo Francesco

La necessità di scollegare i primi sacramenti da un’età prefissata, la creazione di spazi quotidiani di incontro interreligioso, il ruolo di bambini e giovani nella Chiesa: la Chiesa altoatesina si interroga

Bolzano – Tempo di sinodi. A Roma si chiude, per ora, quello dedicato alla famiglia, a Bolzano e Bressanone prosegue quello diocesano. Ovunque si sperimentano nuovi modi di lavorare. “Papa Francesco – dice il moderatore Eugen Runggaldier – ci offre grande sostegno. Si tratta di trovare uno stile positivo di dialogo, un metodo per individuare insieme buone decisioni”. Sulla stessa linea il vescovo Ivo Muser: “Come Chiesa dobbiamo imparare a parlare liberamente e apertamente, a sopportare la differenza e la tensione nelle opinioni presenti. Fra le proposte che emergono dalla popolazione e dai sinodali a volte capitano affermazioni che difficilmente potrei firmare come vescovo. Vorrei però ascoltare i fedeli e sentire il loro punto di vista, senza giudicare e senza voler decidere tutto subito. Se riusciamo ad ascoltare la Parola di Dio e la grande comunità della Chiesa e ad ascoltarci a vicenda, allora insieme possiamo giungere a decisioni condivise. Non dobbiamo pensare di far passare ad ogni costo la nostra opinione. Si tratta di dare spazio allo Spirito Santo, che agisce anche oggi”.

Sabato scorso quattro commissioni del Sinodo diocesano hanno presentato e messo in discussione i risultati del loro lavoro. L’incontro più partecipato è stato quello sul tema dei sacramenti, tenutosi in mattinata al Rainerum di Bolzano. Emerge la consapevolezza che non siamo più in presenza di una “Chiesa di popolo”. Una possibile conseguenza: la necessità di scollegare battesimo, prima comunione e cresima da un’età prefissata e dal legame con i tempi della scuola, puntando invece ad una decisione libera e consapevole da parte di chi chiede e riceve il sacramento. Consenso anche attorno all’idea che “i sacramenti sono la pastorale della Chiesa, il momento in cui essa incontra le persone” e che perciò non li si debba trasformare in un privilegio degli “impegnati”, evidenziando piuttosto la gratuità dell’aiuto offerto da Dio per la vita di ciascuno. Per la maggioranza dei partecipanti da ciò deriva anche un nuovo approccio alle coppie divorziate e risposate.

A Bressanone si è discusso di dialogo interreligioso e interculturale. Importante, si è detto, creare luoghi d’incontro quotidiano: soltanto così potrà essere superata la paura di chi è diverso. “La nostra identità è continuamente arricchita e modificata, crescendo nel dialogo e nello scambio con altri”. È stata richiesta maggiore attenzione verso il gruppo (numericamente molto ampio) delle persone “in ricerca”.

Il pomeriggio brissinese è stato dedicato al ruolo di bambini e giovani nella Chiesa. Si è chiesto un cambiamento di prospettiva. Non si tratta più di riempire le chiese di bambini e di giovani, ma di imparare da loro: “C’è spazio per la ribellione, per la voglia di rischiare, per nuove vie? Siamo pronti ad affrontare cambiamenti?”

Contemporaneamente a Bolzano si discuteva dell’amore per il prossimo. Ci si è domandato: “Che aspetto avrebbero le nostre parrocchie, se investissero nella carità operante le stesse risorse, la stessa fantasia e la stessa intensità di partecipazione che investono nelle liturgie?”

Molti altri gli spunti di riflessione. Gli incontri pubblici si chiudono questo sabato.

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