Ma chi ve lo fa fare…

I due preti novelli rispondono alle domande degli amici: “Così troviamo il senso pieno della nostra vita”

Don Daniele: “Per me la periferia non è una categoria, ma ogni persona”

Don Lorenzo: “Le storie e le difficoltà delle persone ci richiedono apertura ed accoglienza”

Sette mesi dopo la loro ordinazione diaconale, diventeranno sacerdoti sabato 21 giugno alle 14.30 in Duomo. Don Daniele Armani e don Lorenzo Iori celebreranno il giorno dopo, domenica 22 giugno, la loro Prima Messa nelle comunità di origine: don Armani alle 15.30 a Pieve di Bono e don Iori alle 14.30 a Bivedo.

In questi giorni incontrerete di nuovo qualche compagno di classe – dell'Istituto di San Michele o dello scientifico di Tione – che si chiederà “ma chi ve lo fa fare”…

Lorenzo: Io risponderei che questo è il modo che ho trovato per dare il senso alla mia vita. Sono contento di proseguire questa strada. Dopo qualche iniziale dubbio e difficoltà, mi sono scoperto sereno e tranquillo.

Daniele: Anch'io nella vita ho avuto varie esperienze, ora ho trovato quella che più mi arricchisce. Vorrei conoscere sempre di più quest'amore di Dio che mi ha dato la gioia di seguirlo e che nella vita concreta posso trasmettere agli altri.

Sabato in Duomo ci saranno anche le comunità dove siete stati per il diaconato. Cosa vi ha dato questo servizio?

Daniele: Molto. Ho visto l'amore delle persone verso di me. Non me l'aspettavo. Anche quando non mi conoscevano ancora mi sono state molto vicine, fin da subito.

Lorenzo: E' stato davvero una sorpresa. Sono più le cose che ho ricevuto di quelle che avrei pensato di donare. In primo luogo ho ricevuto tantissimo affetto da parte delle persone, che mi ha davvero ricolmato.

Un passo indietro nella storia della vostra vocazione. Daniele ci è arrivato passando dal confronto esistenziale con la finitezza della vita, il senso del dolore…

Daniele: Ognuno di noi scopre Dio in modo diverso. Rendersi conto che la vita finisce, che le persone care ci lasciano, mi ha portato a interrogarmi…vedi che non può essere la fine di tutti, c'è qualcosa oltre. L'ho compreso, guardando a Cristo e alla croce, quella croce in cui ho trovato l'amore e la speranza che ti dà il coraggio di andare avanti.

Lorenzo, perché è stata decisiva l'esperienza giovanile nell'Operazione Mato Grosso?

Lorenzo: Mi ha dato dei legami forti: un gruppo di amici che mi ha condotto qui e che tuttora mi accompagna ancora. Ho scoperto la voglia di scommettere sul serio la vita, che vale la pena anche fare passi nel vuoto, ti aiuta a capire. Ho scoperto la voglia di fidarmi degli altri, anche se è difficile, e il desiderio di guardare ai più poveri come modo di realizzare la propria vita e seguire il cammino che porta a Dio.

Un gesto o una parola di Papa Francesco degli ultimi mesi?

Daniele: Mi ha colpito la sua insistenza sul pregare, come hanno sempre detto anche i santi. Nella sua preghiera “delle cinque dita” egli invita a ricordare: le persone vicine, chi ci guida, i governanti, i deboli e anche se stessi. E' la base per poter vivere anche la carità: senza preghiera non si va da nessuna parte. Ce lo ha detto anche con gesti concreti che nascono da questa preghiera.

Lorenzo: Lo stile. Quel parlare di Dio attraverso gesti e parole semplici. Papa Francesco riesce ad andare diretto al cuore delle questioni. E' buono sì, ma sa ribadire con serietà e fermezza il cammino del cristiano, tanto che dovrebbe metterci in crisi un po' tutti per come viviamo.

La Chiesa e i giovani: cos' ha da dire loro?

Daniele: Quello che ha sempre detto e che ha detto Dio. Che Dio è amore. Non solo a parole, ma facendolo esperimentare. Non fermarsi alla dottrina, pure necessaria, ma concretizzarla in un'esperienza. L'una è l'altra sono importanti. Affinché tutto non sia solo esperienza, ma vi sia anche contenuto che ad essa dà spessore.

Di anziani e ammalati parliamo forse poco: come li deve “sentire” un prete?

Lorenzo: E' una dimensione che ho scoperto come diacono nel servizio all'”Hospice” di Mori. Rappresentano una fonte a cui attingere. Non vanno considerati come un obbligo del parroco; sono persone che hanno tantissimo bisogno di ascolto e vicinanza, ma nello stesso tempo danno davvero tanto al sacerdote perchè lo riportano alla realtà concreta della vita.

Sul vostro capo sabato imporrà le mani mons. Luigi Bressan che festeggia tre giubilei significativi quest'anno. Chi è stato il vescovo per voi?

Daniele: Se non è irriverente, vorrei dire che per me il vescovo Luigi è stato un nonno. Intendendo quella figura che non ti mette paura, ti vuole bene, cerca di farti trovare a tuo agio.

Lorenzo: Anch'io ritengo sia una figura di riferimento. Rappresenta la famiglia della diocesi e in questi anni ho capito l'importanza dell'unità fra i preti, indicata proprio dal vescovo: siamo mandati da lui, non siamo da soli. Questo ci dà anche sicurezza.

Parliamo di comunicazione. Voi che siete della generazione dei “nativi digitali”, quanto usate i social media, Facebook…?

Lorenzo: Li uso poco, per scelta. Anche se mi piace smanettare sui computer. Sono utili per trasmettere informazioni in tempo veloce, ma il rischio – per me, non giudico chi li usa – è quello di perdere tempo e di confondere l'informazione con la relazione vera, a tu per tu.

Daniele: Condivido. Io uso soltanto la mail, la posta elettronica. Uso poco gli sms, preferisco chiamare al telefono, per avere la relazione concreta e sentire la voce con cui parlo.

Il lavoro nelle diocesi per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia ha fatto emergere problemi spinosi – divorizati. omosessuali, accesso ai sacramenti – spesso taciuti. Cosa vi dice quest'esito?

Daniele: Dovremo sempre guardare alla verità, a quanto siamo chiamati a comprendere. Quasi sempre si sottolinea nei discorsi “Secondo me, dovrebbe essere…” dovremo invece cercare di capire invece che cosa vuole Dio realmente da noi, in modo da raggiungere tutti la verità in un'oggettività condivisa da tutti.

Lorenzo: Sono d'accordo con Daniele che ci dovrebbe essere un riferimento comune che ci offre la misura delle cose. Su questo mi fido molto della Chiesa, il Sinodo è un pensare insieme. Dall'altra è importantissimo considerare che si hanno sempre di fronte persone con storie e difficoltà che ci impongono l'apertura e l'accoglienza come atteggiamenti primari.

Chi è la periferia per voi?

Lorenzo. I giovani, per me sono i lontani per eccellenza. In questa realtà attuale così dispersiva sono quelli che han più bisogno di vicinanza perché si trovano a crescere in un mondo senza riferimenti e nonostante tante dichiarazioni di intenti sono i più soli.

Daniele: Per me la periferia non è una categoria, ma ogni persona, ogni essere umano in cui vedere un fratello che ha bisogno di relazione con noi e con Dio.

Cosa vi aspettate da questa prima estate da preti? Cosa vorreste trovare?

Lorenzo: Tempo. Tempo per stare con le persone, per andare in montagna e tempo per pregare.

Daniele: Non mi sono fatto particolari aspettative: vorrei prendere come un dono anche ogni cosa che mi viene data quest'estate.

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