Ospitalità solidale? In canonica

Un progetto pilota della Diocesi presentato venerdì scorso da padre Placido Pircali, reggente dell’Unità Pastorale

Un progetto pilota della Diocesi prevede di rendere fruibile la canonica di Revò, attualmente libera, per un’ospitalità solidale. Vengono coinvolti l’Unità pastorale della Terza Sponda, l’Amministrazione comunale di Revò, il Servizio di Igiene mentale dell’ A.P.S.S. distretto Ovest, i Servizi sociali e la Comunità di Valle.

Il progetto è stato presentato venerdì scorso da padre Placido Pircali, reggente dell’Unità Pastorale, dal primario del Distretto Ovest per la Salute Mentale dott. Claudio Agostini, dal dirigente delle politiche sociali della Comunità Ivan Zanon, dall’operatrice della Comunità solidale, Alessia Bonadiman, e dalla dottoressa Alessia Tomasi del Centro Salute mentale. L’incontro si è svolto nella canonica di Revò alla presenza di un folto pubblico composto dal Consiglio pastorale e dai rappresentanti delle varie associazioni.

L’ospitalità solidale consisterà nell’aiutare tre soggetti deboli, individuati dalle strutture sanitarie, che hanno già fatto un percorso di riabilitazione, che dovranno convivere per due anni in canonica per poi essere pronti ad autogestirsi in modo responsabile la propria vita. Attorno a queste persone sarà organizzata una rete sociale che le aiuterà a integrarsi nella comunità. Il tutto all'interno di una comunità già molto aperta alle problematiche sociali, perché ospita una sede del GSH (Gruppo Sensibilizzazione Handicap), la “Comunità solidale” e la cooperativa “Il lavoro”.

“Il clero è diminuito, diverse canoniche si sono svuotate, ma ci sono altre necessità per cui dobbiamo impiegarle e renderci ospitali”, ha spiegato padre Placido. “Questo progetto è stato presentato dal vicario don Lauro Tisi ed è un'idea sviluppata in collaborazione con il reparto di psichiatria e i servizi sociali, per aiutare delle persone che hanno bisogno di un luogo protetto. Questa per noi è una sfida, dove l’Unità Pastorale dovrà mettere anima e corpo”.

Il dottor Claudio Agostini ha ricordato quanto sia importante una comunità che sappia spezzare le catene dell’isolamento per queste persone provate dalla vita. “La medicina ha fatto dei passi da gigante in questo campo, le terapie aiutano molto, ma niente riesce a sostituire, per la loro guarigione, l’inserimento in un tessuto sociale aperto che costruisce ponti e non innalza barricate”, ha detto Agostini. “Il più grave problema che incontrano è la povertà relazionale: fare due chiacchiere, un saluto, un sorriso, costano poco ma per loro valgono molto. Questo progetto va visto come una risorsa”.

La dott.ssa Bonadiman ha illustrato il progetto dal punto di vista pratico: “In Provincia ci sono già diverse strutture in cui più persone condividono la stessa abitazione e fanno un cammino di reinserimento nella vita sociale; questo è il primo che parte in una canonica, ma lo scopo non cambia: essere una palestra per permettere loro di raggiungere soluzioni più stabili”, ha ricordato.

La sindaca Yvette Maccani, infine, ha dato grande disponibilità per la soluzione di problemi pratici come , ad esempio, la mancanza di una lavatrice, di piatti e altri suppellettili: “Se questo progetto avrà un buon successo si potrà fare 'copia e incolla' per le altre realtà. Le domande che ci sorgono spontanee: saremo in grado di dare un mano o faremo dei danni? Saremo capaci di integrarli? Sono questi i problemi che dovremo sciogliere nei prossimi incontri”.

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