Parole comuni con gli ebrei

In continuità stretta con la Settimana di preghiera per l'Unità dei cristiani, animata anche in Trentino dal 18 al 25 gennaio, va sottolineato anche l'appuntamento della giornata per il dialogo ebraico cristiano. Quest'anno l'appuntamento ha avuto un prologo significativo a fine novembre a Salerno nel convegno ebraico cristiano coordinato dal sacerdote trentino don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (Unedi) della Conferenza episcopale italiana.

“Mi pare che il lavoro cominci adesso con il riprendere del lavoro di tessitura del dialogo e dell’incontro”, ha commentato don Cristiano in un'intervista recente all'Agenzia Sir, esemplificando anche l'opportunità di valorizzare il momento dei pellegrinaggi (vedi pag.15). “Tutte le nostre diocesi – ha spiegato – ne organizzano in Terra Santa, andiamo nei luoghi cristiani, ma siamo anche in una terra che è di Israele e questo non sempre viene valorizzato. Occorre, quindi, studiare come ciò sia fattibile, senza mai dimenticare che quella è terra d’Israele, dove abitano anche cristiani e musulmani. È necessario valorizzare questo aspetto multiculturale, multietnico e multireligioso”.

Don Bettega evidenzia anche la lettura comune delle Scritture: “Tutto quello che noi chiamiamo Antico Testamento, tre quarti della Bibbia, è condiviso tra cristiani ed ebrei, anche se con prospettive diverse: i cristiani ci vedono la profezia di Gesù, mentre gli ebrei lo leggono in un’altra maniera. Nel tempo quasi ci siamo appropriati del tesoro dell’Antico Testamento, senza più interpellare chi ce l’ha consegnato: il popolo ebraico. Anche questo è un discorso da valorizzare nel tentativo di leggere insieme quella parte delle Scritture. Anche perché la prima Lettura domenicale, per la maggior parte dell’anno, viene dall’Antico Testamento”.

Nel corso del convegno di Salerno, al quale hanno partecipato anche alcuni rabbini e il delegato diocesano don Andrea Decarli, si è parlato anche di nuove piste per il dialogo: “Le differenze contano – ha osservato a proposito don Bettega – quando le vediamo, da entrambe le parti, come arricchimento reciproco. Infatti, se riconosco che la differenza dell’altro può provocare anche me ad essere più attento, più responsabile, più aperto, allora diventa ricchezza. L’arcivescovo Bruno Forte nel suo intervento ha parlato di complementarietà”. E il nnuovo stile di Papa Francesco può aiutare nel rapporto tra cristiani ed ebrei. ““Moltissimo – secondo il direttore dell'Ufficio Cei – perché è un nuovo stile, ma non una nuova teologia. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI dicevano le stesse cose, solo con stile diverso. Papa Francesco è arrivato in un momento in cui le cose da dire erano state dette sia dai vertici sia dalla base, con un riconoscimento di una necessità teologica dell’incontro reciproco tra ebrei e cristiani. In questo Papa Francesco è stato provvidenziale, se non addirittura profetico quando ha scelto di dire le stesse cose a livello di gesti. L’abbraccio tra il Papa, il rabbino Abraham Skorka e l’islamico Omar Abboud davanti al Muro del Pianto, a Gerusalemme, a maggio scorso, dice molto anche se non è stata espressa nessuna parola nuova, ma un gesto nuovo”.

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