Scomunicate tutte le mafie

Sommario: A Cassano all'Jonio il Papa ha cacciato dalla Chiesa boss e picciotti, capibastone e sottopancia per l'inconciliabilità tra Vangelo e mafia

“L'ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune, e coloro che nella vita seguono questa strada, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati”. Dalla piana che fu Sybaris e Thuri, dalla Calabria messa in ginocchio dalle 'ndrine e dai suoi complici con o senza coppole e lupare, Papa Francesco ha mosso un passo storico per la Chiesa universale.

Ha emesso una sentenza, mai pronunciata prima, facendo ricorso alla parola “scomunica” di crimini e loro protagonisti davanti a 250 mila persone, giunte da tutto il Meridione, e non solo, sotto il sole cocente d'inizio estate. Ha parlato con forza davanti a bambini e giovani, adulti e vecchi: il più autentico e vasto uditorio che fino ad oggi si sia mai raccolto in Sud Italia per sentire la parola del Papa, rappresentanti della comunità guidata dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, vescovo di quella diocesi.

Quello di sabato 21 giugno è stato uno dei viaggi di Francesco in Italia, annunciato da tempo a Cassano all'Jonio, cittadina di 20 mila abitanti che passerà alla storia perché un Papa, “venuto dalla fine del mondo”, ha espulso dalla famiglia cattolica la congrega della mafia o delle mafie. Francesco è andato oltre le parole di condanna e l'appello alla conversione di Giovanni Paolo II nella valle del Templi nel maggio del 1993. Ha tracciato un confine netto tra Vangelo e malavita, tra cristiani e mafia andrangheta ed altre forme di criminalità organizzata, esprimendosi in maniera radicale, “totale” contro tutte le remore di mafia coltivabili o assimilabili in larghi strati della società e quindi recepibili da molte persone, contro cupole, ma anche formazioni suddite. All'Angelus il giorno dopo ha condannato la tortura, definendola “peccato mortale”, ricordando che il cristiano deve opporsi al male con il bene, dimostrando di saper “perdonare, condividere, accogliere”. A chi lo stava ascoltando Papa Francesco ha lasciato due impegni da eseguire. Ha ricordato che “la misura dell'amore di Dio è amare senza misura. E seguendo Gesù, noi, con l'Eucarestia, facciamo della nostra vita un dono”. E' poi tornato a parlare di “corruzione”, nella messa a Santa Marta, ribadendo concetti a lui cari circa la differenza tra peccato e corruzione: il primo porta al perdono. La seconda etichettata come “frattura della fratellanza, dei rapporti sociali”, “cancrena interiore” è curabile solo come una malattia che sta a dimostrare una situazione permanente, una condizione personale e sociale, che chiude la possibilità di una relazione viva con Dio. E tocca anche la Chiesa, assumendo il nome di mondanità spirituale. Ne consegue l'esortazione di Francesco a mantenere il cuore aperto alla misericordia di Dio e per la Chiesa a testimoniare la radicalità evangelica.

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