Il martello di Vaia

Siamo andati a vedere come il Primiero-Vanoi sta affrontando un'emergenza che avrà pesanti conseguenze negli anni a venire

Malga Coston de la Stua, 26 luglio – “Vaia è arrivata da quella parte, dal Tesino, è rimbalzata su quel versante piombando con forza sulla costa della montagna sopra Mezzano. Poi si è divisa: ha colpito in due punti ai piedi delle Pale, da una parte, ed è risalita dall'altra, lungo la val Canali”. Bisogna salire ai 1400 e rotti metri di malga Coston de Val de Stua per apprezzare appieno cosa ha significato per questo spicchio di territorio all'estremo lembo nord-orientale del Trentino la tempesta di pioggia e di vento che ha flagellato la provincia di Trento alla fine di ottobre 2018, alterando completamente le condizioni ordinarie di gestione e di mercato della risorsa forestale trentina. Da quassù lo sguardo abbraccia tutto il Primiero: da sinistra a destra, ecco la strada che sale al passo della Gobbera verso Canal S. Bovo e – d'infilata – Imer, Mezzano, Transacqua, Fiera di Primiero, le Pale di San Martino con un cappello di nuvole – avvisaglie del temporale che di lì a poco ci raggiungerà giusto prima di risalire in macchina – e la strada che sale a San Martino di Castrozza e al passo Rolle, la val Canali che si incunea nel territorio del Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino, la statale 347 che sale a passo Cereda. “E' una cartolina”, suggerisce Silvano Doff Sotta, il custode forestale di Mezzano, che ci ha accompagnato fin quassù. E' prossimo alla pensione (“Mi mancano quattro mesi”), ma parla del suo lavoro con la passione e l'entusiasmo del primo giorno. E' ancora in servizio proprio a motivo dell'emergenza Vaia. “Il sindaco mi ha pregato di restare ancora un po'”, dice con modestia: troppo preziosi i suoi quarant'anni di esperienza, in un frangente così delicato. Ecco il gruppo del Cimonega con il Sass de Mura, le Pale di San Martino, il gruppo della Folga e, più dietro, il Lagorai e la piramide del Cauriol, “il monte sacro alla Patria”, la Cima d'Asta. Alle nostre spalle, le pareti a picco, selvagge, belle, delle Vette Feltrine con l'inconfondibile piramide del monte Castione. Doff Sotta è uno dei nove custodi forestali del Primiero-Vanoi, che si affiancano ai sei dipendenti del Corpo forestale provinciale.

Gli eventi meteorologici di fine ottobre 2018 hanno completamente alterato le condizioni ordinarie di gestione e di mercato della risorsa forestale trentina. I danni della tempesta Vaia sono stati stimati in circa 19 mila ettari di superficie colpita con 4 milioni di metri cubi di legname caduti a terra in una sola notte. La Provincia Autonoma di Trento è intervenuta per stabilire priorità e modalità di gestione degli schianti con il Piano di azione adottato il 18 gennaio scorso dal Presidente Fugatti, poi aggiornato il 19 giugno.

"Contro la martellata di Dio, l'unico che ci perde è il proprietario, diceva il prof. Bernhard Hellrigl, docente di dendrometria e assestamento forestale all’Università degli Studi di Padova dal 1970 al 2000, che negli anni Ottanta passò anche qui a Malga Coston de la Stua", osserva Doff Sotta.

Il martello di Vaia ha colpito anche qui, anche se meno duramente che in altre zone del Trentino. Silvano Doff Sotta indica con la mano il versante della montagna sopra Mezzano. La fratta scoscesa e impervia si estende per circa 140 ettari ed è la più grande del Primiero-Vanoi. I segni di Vaia sono ben evidenti. Altre zone colpite sono in val Canali e sotto le Pale, intorno a San Martino di Castrozza, e poi il Vanoi con le fratte nei Comuni di Canal San Bovo, Cinte e Pieve Tesino, il Comune di Imer con 20 mila metri cubi di schianti. “La superficie totale danneggiata è pari all'8 per cento dei boschi del Primiero”. Normalmente qui si tagliavano tra i 50 e i 60 mila metri cubi all'anno. Ora ci sono mezzo milione di metri cubi a terra. “Significa tra le 8 e le 9 annualità che bisognerà stare fermi senza tagli”.

“Nella fratta sopra Mezzano, al confine tra quel Comune e e Primiero, abbiamo realizzato sei linee di teleferica per tirar su tremila metri cubi”, prosegue Doff Sotta. “Sono ceppaie completamente divelte ed è difficile andare a disboscare. Incontriamo davvero grosse difficoltà operative. E lavoreremo in queste condizioni per due, tre anni”. Condizioni di grande difficoltà e di estrema pericolosità. “Le piante sono sotto tensione e come le tocchi saltano”, sottolinea Doff Sotta. “L'altro giorno un boscaiolo è scivolato e ha battuto la schiena su una ceppaia, ma senza conseguenze. Finora è andata bene”. Agli operai delle ditte impegnate nel lavoro di utilizzazione boschiva e nel ripristino delle strade forestali danneggiate è richiesto il patentino che attesta l’idoneità alla conduzione delle attività di utilizzazione forestale ad uso commerciale nei boschi di proprietà di Comuni, Asuc, Regole. E almeno un addetto per squadra deve avere svolto i corsi per teleferisti. Vero è però che per gli enti pubblici che hanno subito i danni più rilevanti la Provincia autonoma di Trento ha previsto la possibilità di derogare dalle norme in vigore, così da poter ricorrere anche a ditte non iscritte alla Camera di Commercio di Trento in grado però di assorbire i notevoli quantitativi di legname disponibili sul terreno. “La deroga – spiega Doff Sotta – interessa i Comuni che hanno schianti sopra i 40 mila mc”. Si è così consentito anche l'impiego di operai non muniti di patentino. E ciò ha favorito l'arrivo di ditte estere, ad esempio slovene. “Vaia ha fatto danni, ma ha portato anche occupazione e soldi per la realizzazione di nuove infrastrutture e per la sistemazione delle strade esistenti”.

Il legname è venduto attraverso il Portale del legno trentino, realizzato dalla Camera di commercio e dalla Provincia di Trento. Sono più di 150 le vendite pubbliche del legname schiantato finora perfezionate. A gennaio il volume complessivo di legname venduto in provincia di Trento è stato pari a circa 60 mila metri cubi netti (di cui 5.546 metri cubi allestiti a strada) e il valore medio del legname di abete venduto in piedi è stato pari a 22,37 euro al metro cubo, riporta il portale del legno trentino, gestito dalla Camera di commercio di Trento. E il valore medio ponderato degli assortimenti di abete allestiti a strada – pari a 64,65 euro al metro cubo – era in linea con il dato del mese di dicembre. “Ma il danno economico è stato notevolissimo”, osserva Doff Sotta. Il mercato è saturo, il prezzo è calato. “Ai privati le squadre di boscaioli danno dai 5 ai 10 euro al metro cubo. Il prezzo del cippato e del materiale per il teleriscaldamento è crollato, da 3,50 euro a 1 euro al quintale; le ramaglie bisogna regalarle”.

E' mancata una risposta operativa comune, che avrebbe permesso di salvaguardare meglio il valore patrimoniale della risorsa bosco: ad esempio, si sarebbero potuti allestire piazzali con irrigazione per vendere il legname tra due anni, invece che subito. Così invece nell'immediato i Comuni avranno sì introiti anche cospicui, “ma una volta esaurita, nell'arco di due, tre anni, la raccolta, per decenni non avranno più alcuna entrata dal patrimonio boschivo”.

In passato episodi analoghi si erano già verificati: nel 1986 nel Comune di Mezzano la neve ha danneggiato piante per 26 mila metri cubi di legname, nel 1994 18 mila a causa del vento. Ora “ci vorranno dai due ai tre anni per considerare conclusa l'emergenza e tornare ai prezzi pre-Vaia”. Il bilancio si farà al momento di stendere i nuovi piani di assestamento. “Ci sarà un sicuro danno patrimoniale per i nostri Comuni”. Mentre per ricostruire i boschi ci vorranno cento, centocinquant'anni. “Nelle zone colpite si farà soltanto selvicoltura di conservazione, non più tagli ordinari come prima”.

Ma il recupero del legname che è possibile portare a valle non è che il primo passo. “Poi ci sarà da occuparsi del ripristino dei boschi. Bisognerà capire come intervenire per risistemare i versanti, dove vale la pena mettere a dimora nuove piante e dove invece sarà meglio favorire la rigenerazione naturale”. Tornerà utile l'esperienza dei forestali del Nord Europa e svizzeri, che hanno studiato l'impatto delle popolazioni di ungulati – cervi e caprioli – sulle giovani piantine messe a dimora dopo analoghi disastri. “Dove si lascia qualche fratta, senza portare via le piante, i giovani abeti attecchiscono prima e si propagano meglio, perché gli animali non riescono ad andare a mangiare le cime. Bisognerà considerare questi aspetti. Ma lo dicevano anche i nostri nonni: qualche pianta va lasciata, perché marcendo 'fa terra' e ricrea la vita futura del bosco”.

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