Le parole del Festival

Si è confermato una preziosa occasione di dibattito la 14a edizione del Festival dell’economia di Trento, che ha indubbiamente goduto dell’effetto traino delle recenti elezioni europee. Gli oltre cento eventi animati da 204 relatori e 54 moderatori nei 23 luoghi del Festival (tra cui sei vivaci piazze cittadine) rivivono nell’instant magazine pubblicato online dalla Provincia autonoma di Trento, che ripropone una sintesi delle idee emerse nei quattro giorni della kermesse, riassumibili nel pensiero dell’economista indiano Raghuram G. Rajan, cui sono toccati onore e onere di concludere l’edizione 2019: “Il futuro del mondo è una maggiore integrazione, dobbiamo preparare la società al mondo di domani, dando alle persone fiducia”. Quella fiducia che la nuova amministrazione provinciale ha riconfermato agli organizzatori di un Festival che (parole del presidente Maurizio Fugatti) “è un orgoglio per la nostra comunità” – e “non era scontato”, aveva detto l’editore Laterza. Assente l’atteso ministro dell’Interno Matteo Salvini (epico il suo scontro con l’allora presidente dell’Inps, Tito Boeri, che del Festival dell’economia è il responsabile scientifico), per il governo è arrivato il ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Quattro giorni e un fiume di parole, che, nella sintesi offerta dai 125 comunicati stampa prodotti per l’evento, fanno emergere – oltre alla voglia di partecipare, di capire, di confrontarsi, di discutere che ha caratterizzato anche le precedenti edizioni del Festival – una serie di temi e questioni, non sempre coincidenti con le parole-chiave suggerite dal tema di quest’anno: “Globalizzazione, nazionalismo e rappresentanza”. Da “politica” a “Europa” con le possibili varianti, da “populismo” – l’argomento del momento, perché molti Stati democratici in Europa e non solo sono governati o registrano una forte presenza dei partiti populisti o partiti nazionalisti di destra – a “globalizzazione”, da “crisi” a “destra” rileggiamo le parole del Festival. Una curiosità: dei tre termini del titolo di questa 14a edizione, “globalizzazione” (93 citazioni) stacca di gran lunga “nazionalismo” (40) e “rappresentanza” (35).

Politica

“Non sarà mai un Festival della politica”, avevano promesso gli organizzatori. Ma di politica si parla, “con i cittadini e per i cittadini”. Si parla delle difficoltà incontrate dal processo di integrazione politica dell’Europa, dovute anche ai dubbi sull’effettiva capacità della politica europea di rispondere con il cambiamento ai cittadini che nell’Europa credono ancora. Rilancia la necessità di una politica macroeconomica a livello europeo, che punti alla crescita di tutti i Paesi, Giovanni Tria. Ministro dell’Economia in un Paese, l’Italia, dove la politica “ci convince di vivere in un Paese peggiore di quello che è” (Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale e politologo). All’opinione pubblica, su web e social, i politici dicono ciò che vuole sentirsi dire e lanciano slogan intorno ai quali coagulare il consenso. La politica si sta sempre più appropriando dei social per orientare il voto. E’ un tempo di crisi, di conflitti, dove possono nascere mostri, ma anche altri mondi possibili: è motivo di speranza il ritorno al politico (persino le elezioni europee rimobilitano).

Populismo (e populisti)

Lo scollamento tra uguaglianza politica e disuguaglianza economica (o di opportunità) origina rancore, malcontento, populismo. Il populismo, l’atteggiamento culturale e politico che esalta il popolo, con un forte sospetto nei confronti della democrazia rappresentativa, è ormai dilagante in tutta Europa. Ha cause culturali ed economiche e non è una tendenza di oggi. E’ di destra come di sinistra. E’ un’ideologia, ma anche una strategia politica; contrappone il popolo alle élite. E’ anti istituzionale, perché oltre che a cambiare le élite che le governano, punta a demolire le istituzioni esistenti. Delegittima il sistema e le forme di rappresentanza. E così apre la strada all’autoritarismo. Si afferma quando la società diventa più polarizzata e i conflitti superano il livello oltre il quale le istituzioni non sono più in grado di offrire mediazioni. Welfare inadeguato, crisi della classe media, populismo sono strettamente legati. I populisti giocano sulle emergenze per ottenere consensi: l’immigrazione, la sicurezza, le prospettive, le disuguaglianze. Essere insieme opposizione e forza di governo è la carta vincente del populismo, in una continua ricerca di un nemico da trovare. Grave è che il populismo può trasformare una democrazia liberale in una illiberale, o perfino in un’autocrazia.

Europa

L’Europa non ha funzionato, le diversità fra territori e Stati membri sono oggi molto accentuate. Bloccata dalla paura, rischia di dimenticare gli obiettivi comuni. Il voto europeo chiede all’Europa di crescere e migliorare. La vera sfida dell’Europa è quindi in mano al Parlamento europeo che deve dare dimostrazione di saper interpretare il voto, non contrario all’Unione europea bensì determinato a chiedere il cambiamento. I cittadini della Ue credono ancora nell’Europa, ora tocca alla politica rispondere con il cambiamento. L’Europa non può andare avanti con tatticismi nazionali senza uno slancio comune basato su valori politici e culturali. E’ un patrimonio da preservare contro i sovranismi (non hanno sfondato, ma il sovranismo sta avanzando), è importante soprattutto per le generazioni future, ha garantito e generato pace e ricchezza per tutti. O cambierà passo o si arriverà alla disgregazione, perché così come concepita oggi non è più all’altezza della situazione. Per dare le risposte che la popolazione si attende è necessario che ritorni ad esserci una visione politica ben definita.

Globalizzazione

La globalizzazione è frutto delle scelte degli Stati, è un ombrello che ci è utile. E’ inevitabile, dato che – ad esempio – un singolo Stato non può affrontare i cambiamenti climatici, o fronteggiare un terrorismo diventato globale. E’ fonte evidente di opportunità, ma anche una minaccia. Chi ha subito gli effetti negativi della globalizzazione si è orientato su una nuova offerta politica che si caratterizza per la critica radicale alle classi dirigenti tradizionali.

Crisi

“Crisi” è termine declinato in vari modi: crisi economica, politica, del welfare, della classe media, della rappresentanza… La geografia del malcontento è collegata principalmente alla crisi, al declino economico a lungo termine. Il voto antisistema è la vendetta dei luoghi che non contano, trascurati, dal prolungato declino. La crisi ha scosso un sistema di valori, e gli individui sono stati più aperti a votare per i partiti nuovi che sono emersi sulla scena politica. Ha reso il messaggio sovranista convincente: la critica va accolta e capita e vanno fornite delle risposte. La chiave per uscire dalla crisi può essere un “localismo inclusivo” capace di riequilibrare i poteri. Uno dei fattori più importanti a sostegno dell’integrazione europea è l’istruzione che porta benessere locale e che si contrappone all’antieuropeismo.

C’è la crisi delle associazioni: in passato hanno svolto un ruolo importante. La crisi prima, con la conseguente contrazione di risorse, e l’offensiva antieuropeista poi le hanno prese a bersaglio, mettendole in difficoltà.

Destra

Ai valori consolidati dalla generazione dei “baby boomers” degli anni Sessanta – i diritti, la tolleranza sessuale, la parità di genere, la laicità, il cosmopolitismo – si stanno sostituendo i valori populisti di destra: autorità, sicurezza, ordine. Le classi lavoratrici, in tutto l’Occidente, si sono spostate a destra. Nelle aree dove maggiore è il disagio le risposte offerte dai partiti di centrosinistra sono state poco efficaci. I partiti di centrodestra hanno avuto una narrazione più efficace, più semplice e comprensibile.

(a cura di)

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