Occhi puntati sulla cimice asiatica

L’insetto è presente in molte zone del Trentino

La pluralità di specie di piante delle quali può danneggiare i frutti; l’elevatissima mobilità che ne rende possibile una rapida diffusione e la conseguente difficoltà di abbattimento usando insetticidi di sintesi che agiscono per contatto. Sono queste le premesse che rendono temibile la Cimice Asiatica (Halyomorpha halys). Di questo emittero pentatomide di origine asiatica, al quale si accompagnano una decina di altre specie di cimice locali, si parla e si scrive dal 2012. Da quando è stato rinvenuto per la prima volta in Emilia Romagna, importato dall’Estremo Oriente insieme a prodotti del commercio e tramite gli stessi mezzi di trasporto, l’uomo compreso. In Trentino la Cimice asiatica (marmorata) è stata portata all’interno di un camper acquistato nel Veneto. Era il 2016.

Oggi sappiamo dai rilevamenti di pieno campo e dalle segnalazioni pervenute, non solo dai tecnici, ma anche da cittadini comuni, che esemplari di cimice asiatica sono presenti, seppure in diversa quantità, in molte zone del Trentino.

Della sua capacità diffusiva ed invasiva si sono accorti anche gli abitanti di città e paesi che già in autunno notavano adulti di questa specie tra le finestre di casa e sui muri.

I danni della Cimice asiatica sono dovuti alle punture che l’insetto compie sui frutti che mostrano alterazioni suberose sulla buccia o deformazioni.

Meli e ciliegie sono i frutti che corrono il maggiore pericolo.

Di Cimice asiatica si è parlato, in termini molto realistici, in occasione della ventiduesima giornata tecnica di Cles dedicata ai problemi della frutticoltura delle Valli del Noce e in un quasi contemporaneo seminario che si è tenuto a Salorno. Limitando il consuntivo alla stagione 2018, diciamo che la Fondazione Mach per il Trentino e il binomio Centro di consulenza e Stazione sperimentale di Laimburg per l’Alto Adige hanno prodotto e profuso molte notizie e messaggi sulla cimice asiatica. I tecnici altoatesini hanno privilegiato gli aspetti di pieno campo. Da S. Michele sono stati diffusi anche messaggi legati alla ricerca e alla innovazione: confusione vibrazionale, tecnica del maschio sterile, diffusione di parassitoidi locali o importati dall’estero. Si tratta di ricerche svolte in collegamento con Istituti ed Università di tutto il mondo.

Si sta provando l’efficacia di trappole innescate con feromoni di aggregazione che attraggono le cimici in luoghi ristretti. Nelle trappole è inserito un mini-emettitore di vibrazioni che interferiscono con il richiamo elettromagnetico fra maschi e femmine e impediscono l’atto riproduttivo. Si cerca di rendere sterili mediante radiazioni i maschi per impedire la riproduzione. L’impiego di parassitoidi è da considerare di sicura efficacia, ma vi si oppongono due ostacoli: la conoscenza incompleta del loro comportamento all’interno dell’ecosistema e il divieto di importazione di specie biologicamente attive.

Nell’incontro di Cles gli organizzatori hanno inserito accanto a quelle dei tecnici e dei ricercatori della FEM la relazione di un esperto di difesa fito sanitaria del Piemonte. La provincia di Cuneo ha in comune con il Trentino una frutticoltura basata sulla coltivazione del melo, mentre in Emilia Romagna è prevalente quella del pero.

Da questa relazione sono emerse indicazioni di carattere pratico ed immediato.

Gli insetticidi di sintesi, oltre a compromettere gli equilibri ambientali sono di scarsa efficacia. Gli insetticidi naturali quali il Piretro e lo Spinosad non hanno ottenuto risultati significativamente diversi.

Nei casi migliori alcuni insetticidi di sintesi mostrano una buona azione di contatto sulle cimici in pianta. Ma il problema non si risolve, perché la cimice si sposta da una coltura all’altra ed è quindi in grado di reinfestare il frutteto. Interessanti sono invece i risultati ottenuti con l’impiego di reti anti insetto. La chiusura dei frutteti tramite il cosiddetto metodo monoparcellare (in alternativa al monofilare) risulta più fattibile e meno onerosa nel caso in cui sia già presente una copertura antigrandine.

I l relatore piemontese ha inoltre fornito informazioni dettagliate sulle ricerche in laboratorio , ma anche in campo riguardanti il contenimento della cimice operato da un parassitoide che colpisce le uova riunite in ovature. La copertura con rete è quindi da considerare al momento il mezzo di lotta più sicuro.

Rimane aperto il problema economico, oltre a quello paesaggistico. Sarà in ogni caso inevitabile un controllo visivo e/o strumentale per decidere in base ai risultati il tipo di intervento da adottare.

In Alto Adige non si esclude il ricorso agli insetticidi. Per i frutticoltori trentini la stagione si apre nella speranza che l’infestazione non superi il livello di guardia. Nel 2018 il numero maggiore di cimici è stato trovato nella Bassa val di Non e a sud di Trento.

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