Ostacoli alla genetica sostenibile

Una sentenza della Corte di Giustizia europea impone il  rispetto del principio di precauzione anche per le piante migliorate con biotecnologie che non comportano il trasferimento di geni estranei nel loro DNA

Per mettere i lettori nella condizione di capire il problema trattato nell’articolo, dobbiamo spiegare alcuni termini tecnici. Quando si parla di mutagenesi si fa riferimento a tecniche che risalgono a 30-40 anni fa. Tramite irradiazioni forti o mediante sostanze chimiche si provocavano rotture casuali nel DNA di una pianta ottenendo talvolta la comparsa di caratteristiche positive. Fenomeni di mutagenesi possono verificarsi anche oggi in natura senza l’intervento dell’uomo. Il genoma editing permette di fare modifiche mirate e precise in un particolare punto del gene della pianta e quindi di provocare un miglioramento delle sue caratteristiche. A differenza della mutagenesi il genoma editing è preciso e la modifica è del tutto assimilabile a quella che può avvenire in natura. Il miglioramento di prestazione (resistenza a malattie, maggiore produttività, elevata qualità dei frutti) si può ottenere anche mediante la cisgenesi, da non confondere con la transgenesi . Cis e trans sono prefissi che significano rispettivamente al di qua e al di là. La cisgenesi consiste nell’incrociare mediante trasferimento di polline piante della stessa specie allo scopo di far acquisire alla pianta recettrice uno o più caratteri utili. Con la transgenesi il trasferimento di uno o più geni avviene tra piante sistematicamente distanti o addirittura trasferendo il o i geni da animale a pianta. Nasce da questa modalità di procedere il termine OGM che significa organismo geneticamente modificato. La sigla è diventata sinonimo di stregoneria malefica nel linguaggio e nella comunicazione di persone anche acculturate che hanno provocato il rigetto nella maggior parte della popolazione.

Risale al 2001 la direttiva dell’Unione Europea che ha istituito l’obbligo di adottare per gli organismi OGM (piante) il principio di precauzione. La pianta geneticamente modificata può essere trasferita in pieno campo solo dopo avere superato una lunga trafila di verifiche che dimostrino l’assenza di effetti negativi sulla salute dell’uomo e sull’equilibrio naturale dell’ecosistema agricolo nel quale la pianta verrebbe inserita.

Il 25 luglio 2018 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza che estende il principio di precauzione anche alle piante ottenute mediante genoma editing e/o cisgenesi. In pratica esse vengono equiparate agli OGM. Gli esperti di genomica della Fondazione Mach interpellati in merito alle conseguenze della sentenza precisano che essa non blocca le ricerche di laboratorio. La sentenza, dicono i ricercatori di S. Michele, ha provocato la sottoscrizione da parte di gruppi consistenti di genetisti italiani e di molte categorie economiche di documenti di protesta, ma soprattutto di sollecitazione a rivedere la decisione.

Non serve ribadire quanto abbiamo più volte sostenuto da questa pagina i possibili traguardi che potrebbero derivare dalle biotecnologie impropriamente equiparate a negative pratiche generatrici di OGM. In sede locale l’unico sindacato agricolo a prendere posizione è stata la Coldiretti di Trento che su “Il Contadino” di settembre ribadisce la posizione della Coldiretti nazionale favorevole alla sentenza della Corte di Giustizia Europea.

E’ intervenuto anche Bruno Lutterotti, presidente di Cavit e vice presidente vicario della Federazione delle Cooperative, che sul mensile “La Cooperazione Trentina” di settembre ha indicato tra le sfide di autunno per le quali si attende un responso favorevole dall’Europa due decisioni importanti: il prolungamento della licenza ad utilizzare rame nella difesa delle viti dalla peronospora e la correzione del pronunciamento contrario a genoma editing e cisgenesi. 

Giova specificare che la sentenza della Corte di Giustizia Europea non trova riscontro fuori dall’Europa. Negli Stati Uniti, ad esempio, non si va a vedere come si ottengono queste nuove piante, ma si verificano i risultati finali. Si va a vedere se nella pianta le modifiche hanno creato rischi per la salute dell’uomo. L’Unione Europea guarda invece al metodo usato.

Cosa accadrà ora agli studi portati avanti dalla Fondazione Mach? A S. Michele il genoma editing si usa per produrre nuove conoscenze. Le nuove tecniche sono utilizzate anche per ottenere in laboratorio piante (vite e melo in particolare) con caratteristiche migliorate per la resistenza ai patogeni.  Progetti questi che avevano l’intenzione di arrivare prima o poi sul mercato. Ora c’è sicuramente un danno verso chi voleva investire in questa direzione. La ricerca in senso generale non corre alcun rischio, ma quella applicata che ha come obiettivo la produzione di nuove varietà di piante resistenti, rischia di non avere finanziamenti.

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