Se tornasse Edmund Mach

Il modo migliore per celebrare il 145° anniversario di fondazione dell’istituto agrario di S. Michele è rivedere i grandi cambiamenti rispetto alle origini. Con senso critico, per confermare o correggere la rotta

Il numero 12/18 di Vita in Campagna, mensile dedicato a quanti si occupano di agricoltura a livello non professionale, reca in allegato il Calendario narrante 2019 intitolato “Un anno con le api”. Testi e foto sono di Paolo Fontana, apicoltore, entomologo, apidologo e ricercatore della Fondazione Edmund Mach di S. Michele a/Adige. Il presidente della stessa, Andrea Segrè, nella rubrica “Storia e cultura contadina” dello stesso numero del mensile firma un articolo intitolato “La Fondazione Edmund Mach, una realtà di respiro internazionale”. Annuncia che il 2019 sarà un anno speciale per S. Michele. Si celebrerà infatti il 145° anniversario di fondazione. L’Istituto agrario provinciale con annessa Stazione sperimentale agraria è stato fondato dalla Dieta tirolese nel 1872. E’ diventato Fondazione Edmund Mach nel 2008. Assumendo la veste giuridica di Ente di diritto privato con finanziamento pubblico. Il concetto base dell’articolo è che la Fondazione è rimasta fedele alla sua impostazione originaria di convivenza fra didattica, ricerca e servizi al territorio. Nell’arco degli ultimi 20 anni l’Istituto/Fondazione ha di molto allargato le sue competenze e di conseguenza anche le strutture. Ai tre centri che si occupano rispettivamente di Ricerca e Innovazione, Istruzione e Formazione professionale, Sperimentazione e Trasferimento tecnologico si sono aggiunti due corsi di laurea (triennale in Viticoltura ed Enologia; magistrale in Meteorologia ambientale e agraria) e il Centro agricoltura, alimenti, ambiente (C3A) congiunto con l’Università di Trento. A dimostrazione della lungimiranza delle attività in atto, Segrè cita due progetti recenti denominati rispettivamente “Ambiente, Cibo e Salute” e “La Carta di S. Michele a tutela delle api da miele”.

Il testo è corredato da “I numeri della Fondazione Mach” : campus di 14 ettari, 730 addetti, 1.300 studenti, 200 ricercatori, oltre 100 docenti, oltre 150 fra tecnici e tecnologi, 120 ettari totali di aziende agricole (60 coltivati a vite, 60 a melo), oltre 8.000 aziende agricole supportate, 600 imprese clienti per i servizi, 30.000 campioni analizzati/anno, 1.000 avvisi tecnici per agricoltori, 32 etichette di vini, 280.000 bottiglie di vino, 15.000 bottiglie di spumante, 5.000 bottiglie di grappe/acquaviti.

Conoscendo la lunga storia dell’Istituto tramite documenti e in parte per conoscenza diretta, ci sentiamo autorizzati a sostenere che la graduale crescita del complesso di S. Michele va rapportata e valutata tenendo presente il contesto delle varie epoche storiche. Anche Edmund Mach e i primi docenti/ricercatori /divulgatori di stampo austro-ungarico avevano contatti internazionali e hanno anticipato tempi e soluzioni tecniche ed agronomiche di capitale importanza. I 145 anni di vita vanno festeggiati con iniziative festose e coinvolgenti, ma senza venir meno ad un impegno non differibile: rivedere criticamente l’intera impostazione della triplice attività dell’Istituto/Fondazione Mach di S. Michele. Nell’intento di valutare e se necessario correggere l’organizzazione e le iniziative in corso. Come si è sempre fatto in coincidenza con le principali ricorrenze storiche. Spetta all’attuale dirigenza, al consiglio di amministrazione che rappresenta l’utenza e alla Giunta provinciale stabilire tempi e modalità della revisione. Elenchiamo di seguito alcuni nodi da sciogliere.

Centro Ricerca e Innovazione. Si sostiene da più parti che non c’è ricaduta economica in alcuni progetti in corso. Manca collaborazione tra Dipartimenti (4) e Unità di ricerca e /o attività tecnologiche(15). Si fanno confronti con il Centro sperimentale di Laimburg con esito quasi sempre vantaggioso per l’ente altoatesino. Si invoca spesso il convogliamento delle risorse su un numero ridotto di progetti.

Centro istruzione e formazione professionale. Il numero di studenti è in continuo aumento. Buona parte dei diplomati si iscrive all’università. Molti lavorano in uffici pubblici. Pochissimi esercitano la professione nel campo attinente al corso di studi. Si potrebbero attivare corsi innovativi attingendo materia dal Centro ricerca e innovazione, pur rispettando le direttive ministeriali. Nei programmi della sezione post secondaria si potrebbero inserire corsi professionalizzanti che aprono l’accesso al lavoro fuori dal Trentino e dall’Italia. Il Centro per il trasferimento tecnologico con i suoi 3 dipartimenti (Alimenti e trasformazione, Innovazione nelle produzioni vegetali , Ambiente e agricoltura di montagna) con le sue 11 unità di lavoro svolge una mole ampia e documentata di attività e di servizi. Ma stenta talora a trovare sintonia con l’utenza. Il confronto con l’omologa struttura altoatesina (Centro di consulenza per la frutti-viticoltura) lo vede sotto molti aspetti perdente. La nostra provocazione meriterebbe qualche riscontro. Non importa se di segno positivo o negativo, purché rechi qualche proposta o controproposta.

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