Arriva il Reddito di cittadinanza

Misura universalista di contrasto alla povertà o strumento per incentivare l'occupazione? Potenzialità, ma anche rischi emergono dal dibattito promosso all'Università di Trento

Dopo tante discussioni, il decreto che introduce il Reddito di Cittadinanza, la nuova misura di contrasto alla povertà e di sostegno all'occupazione fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, dovrebbe approdare giovedì 17 gennaio in Consiglio dei ministri per l'approvazione, insieme al provvedimento per lasciare in anticipo il lavoro con “quota 100” (62 anni di età e 38 anni di contributi).

Stando alle linee operative divulgate ufficiosamente, sembra che l’impianto della misura sarà ben diverso da quello che era il Reddito di Cittadinanza che il Movimento 5 Stelle aveva presentato nella scorsa legislatura. I fondi destinati a finanziare questa misura sono 6 miliardi per il 2019. Un miliardo è destinato a potenziare i Centri per l’impiego che rivestiranno un ruolo chiave. Il sostegno economico previsto ammonta fino a un massimo di 780 euro per un single (soglia minima di povertà), salirà, a seconda dei componenti della famiglia, fino a 1.330 euro al mese e sarà graduato a seconda che uno abbia un reddito basso (percepirà all'ora un'integrazione) o proprio non percepisca reddito (in tal caso percepirà la quota intera).

Come si accederà al beneficio? Si rientrerà nella platea dei beneficiari in base all'Isee. Sono previsti due percorsi distinti: chi è in grado di lavorare dovrà siglare un Patto per il Lavoro, impegnandosi a cercare attivamente un'occupazione tutti i giorni attraverso la piattaforma telematica che sarà predisposta e ad accettare almeno una di tre offerte di lavoro che gli saranno sottoposte, la prima entro 100 chilometri dalla residenza, la seconda entro 250 chilometri e la terza su tutto il territorio nazionale, aiutato in questa valutazione da appositi “tutor”; chi invece non è nelle condizioni di lavorare sarà convocato dai Servizi sociali del suo Comune che, valutata la situazione, proporranno un Patto per l’Inclusione Sociale. La domanda andrà presentata a partire dal mese di marzo 2019, la misura partirà da aprile. Potranno accedere al Reddito di Cittadinanza anche i cittadini stranieri, purché residenti in Italia da almeno 10 anni.

Le diverse strategie di sostegno al reddito e le politiche di contrasto alla povertà attuabili in Italia, e tra queste anche la misura tanto dibattuta del Reddito di Cittadinanza, sono state al centro del seminario che all'Università di Trento lunedì 14 gennaio ha dato il calcio di inizio all'attività del Laboratorio scientifico “Lavoro, Impresa, Welfare nel XXI secolo”, finanziato dall'Università di Trento all'interno del progetto strategico 2017-2021. Compartecipato da cinque Dipartimenti, il Laboratorio coinvolge una sessantina di professori di discipline scientifiche diverse accomunati dal ritenere il lavoro, i processi produttivi e i sistemi di cittadinanza sociale, punti di vista privilegiati per comprendere l'evoluzione delle diseguaglianze sociali in Italia e più in generale nell'economia globale.

Il seminario è stato aperto dall'intervento del prof. L. Randall Wray, docente al Levy Economics Institute of Bard College di New York, che ha illustrato la sua proposta di “Public Service Employment”, per rilanciare l’occupazione negli Usa con un programma di impiego pubblico. I ragionamenti sulla radicale trasformazione del lavoro, che già oggi marginalizza e rende obsolete tutta una serie di figure professionali – e in un futuro ormai prossimo vedrà la sostituzione con le macchine di milioni di posti di lavoro – hanno introdotto la questione cruciale di quali meccanismi di redistribuzione del reddito svincolati dall'occupazione introdurre per offrire risposta anche agli sconfitti dell'innovazione tecnologica. Più che di “occupazione” è meglio parlare allora di “occupabilità” delle persone, intesa come la capacità di essere occupate o di saper cercare attivamente, di trovare e di mantenere un lavoro. Molti sono poveri perché non hanno lavoro, ma molti non sarebbero mai in grado di avere un lavoro o di mantenerlo. In questo senso, una misura come il Reddito di Cittadinanza può costituire un'opportunità, anche perché le risorse messe in campo appaiono significative. La natura ibrida dell'intervento, in parte azione contro la povertà per quanto riguarda i beneficiari (l’intera popolazione in povertà assoluta), in parte strumento di politica del lavoro, pone però interrogativi. Se ne è fatto portavoce il prof. Cristiano Gori, docente all'Università di Trento e ideatore dell'Alleanza contro la povertà – cartello di realtà associative, rappresentanze dei comuni e delle regioni, enti di rappresentanza del terzo settore, sindacati -, avanzando un rischio: che una stessa misura, il Reddito di Cittadinanza, possa allo stesso tempo determinare un miglioramento delle condizioni della popolazione povera in Italia e danneggiare le politiche contro la povertà. Un paradosso che Gori – che con onestà intellettuale ha affermato di non essere neutrale, in quanto ideatore di quel Reis (Reddito di inclusione sociale), che il governo Gentiloni ha poi tradotto nel Rei (Reddito di inclusione), misura di contrasto della povertà tutt'ora attiva – ha spiegato per punti. In sintesi: è un modello che riduce il ruolo dei Comuni e incrementa quello dei Centri per l’impiego, che però vanno potenziati; attua una politica di trasferimento monetario senza condizionalità (un insieme di regole da rispettare per ricevere l'aiuto); mescola politiche contro la povertà rivolte alla famiglia con politiche per il lavoro rivolte ai singoli; i 10 anni di residenza per gli stranieri paiono troppi (“E' conseguenza della crescita del meccanismo del capro espiatorio in Italia: dire 'non possiamo permetterci di dare il Reddito di Cittadinanza agli stranieri' è l’evoluzione di quello che in passato era dire 'Non possiamo permetterci due milioni di invalidi'”).

Un'ultima, cruciale questione ha posto Gori: quale impatto avrà il Reddito di Cittadinanza sulle politiche contro la povertà? Se la misura, promossa come una politica per il lavoro, tra pochi mesi dovesse fallire, ciò trascinerà con sé, affossandole, le politiche di contrasto alla povertà? “E' assolutamente da evitare – ha concluso Gori – il paradosso di migliorare le politiche per i poveri, assestando un colpo mortale alle politiche contro la povertà”. Un rischio concreto? “Come sindacati – ha spiegato Franco Ianeselli, segretario generale della Cgil del Trentino – abbiamo chiesto alla giunta provinciale leghista di investire in politiche per il lavoro i risparmi del Reddito di Cittadinanza. Ma ci ha risposto che a loro il Reddito di Cittadinanza non interessa e la sensazione è che non aspettino altro che il suo fallimento per giocarselo nella campagna elettorale per le Europee”.

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