Come si misura la biodiversità del terreno

I RISULTATI SI ESPRIMONO CON UN INDICE CHE TIENE CONTO DELLA QUALITA’ E QUANTITA’ DEGLI ORGANISMI TROVATI NEL TERRENO. I RISULTATI VANNO INTERPRETATI.

Nella documentazione distribuita nei recenti incontri organizzati da APOT per comunicare i risultati raggiunti nella stagione 2017 dal progetto Trentino frutticolo sostenibile si trovano tre fogli riferiti ad un sondaggio sulla biodiversità rilavata nei terreni prelevati in 89 siti. Essi riportano in successione: la mappa dei punti di assaggio dai quali sono stati prelevati i campioni; i risultati delle analisi quali-quantitative; il documento di certificazione rilasciato dalla CCPB srl di Bologna.

Nel corso della presentazione i promotori hanno affermato che il campionamento ha messo in luce un livello di biodiversità del suolo decisamente soddisfacente. Ciò ha permesso alla società CCPB di rilasciare la prima certificazione sulla base dello standard DTP17 Biodiversity Alliance. Nel secondo foglio i risultati delle analisi sono espressi in un indice numerico riferito al valore QBS (Qualità biologica del suolo) che va da zero (valore minimo ) a 172 ( valore massimo). Vi sono indicate anche le zone nelle quali si trovano i terreni a frutteto sottoposti al prelievo. La maggior parte si trova in Val di Non.

Analisi della biodiversità presente nel terreno sono già state effettuate prima di quella affidata da APOT alla CCPB sia in Trentino che in Alto Adige, ma i risultati non sono stati certificati da un ente esterno. L’ufficio stampa della società di Bologna da noi interpellato riferisce che la CCPB definisce il protocollo di indagine, ma affida il lavoro a soggetti esterni. A conclusione della analisi la società procede al rilascio della certificazione. Il certificato n° 02/2017/DTP_17 rilasciato il 4/12/2017 (scadenza 2020/12/04) attesta che l’ecosistema nel quale sono coltivate mele e ciliegie provenienti da terreni che fanno capo ad APOT sono conformi allo standard DTP17 “Biodiversity Alliance”.

Vogliamo allargare il discorso ricordando che il primo in Italia a proporre un metodo di analisi della biomassa del terreno è stato il prof. Parisi dell’Università di Parma nel 2001. Il suo metodo si chiama QBS- ar che sta per “Qualità biologica del suolo-artropodi”. Il metodo detta norme precise per l’esecuzione del campionamento e propone una scheda di rilevamento dell’indice di biodiversità del suolo (IBS-bf). Nella scheda sono elencati: taxa, classi, ordini, famiglie dei macroinvertebrati da ricercare. A ciascuna categoria di esseri viventi viene attribuito un punteggio stabilito in base all’importanza del ruolo svolto e dal numero di presenze riscontrato. La colonna si chiude con il calcolo della media che deve essere eguale o superiore a 100 per considerare il suolo esaminato biologicamente attivo. Questo metodo è stato applicato negli anni scorsi da almeno due unità operative della Fondazione Mach in diversi frutteti e vigneti del Trentino.

Ricordiamo che dalla stessa Università di Parma il prof. Ghezzi nel 1988 mise a disposizione della Stazione sperimentale agraria e forestale di S. Michele all’Adige la prima guida (atlante) per il riconoscimento dei macroinvertebrati dei corsi d’acqua italiani (indice biotico esteso). Nel 2010 in sede internazionale è stato proposto un indice di biodiversità del suolo (IBS- bf) meno invasivo e più semplice in fase applicativa. La prof.ssa Ilaria Pertot della Fondazione Mach (passata all’ Università di Trento) si avvale per le sue ricerche di un metodo di analisi quali-quantitativo della microflora del terreno, cioè dei microrganismi che svolgono funzioni varie e diverse nell’ecosistema suolo. Di grande interesse e meritevole di attenzione è a nostro avviso il resoconto di una ricerca svolta in Alto Adige da ricercatori dell’Istituto per l‘ecologia dell’Università di Innsbruck e dell’Istituto per l’ambiente alpino Eurac di Bolzano in 70 località altoatesine. Tra queste anche 20 frutteti e 15 vigenti posti a confronto con superfici a verde e a seminativi, con aree boschive. Il resoconto è pubblicato sul numero gennaio/febbraio 2015 di Frutta e Vite rivista specializzata del Centro di consulenza.

Più dei numeri interessa la serietà dei ricercatori nel dare peso ponderato ai risultati emersi. Vi si afferma tra l’altro che un effetto negativo sul mondo terricolo hanno con certezza la lavorazione meccanica del terreno, l’assenza di uno strato organico o della cotica erbosa, una costante siccità e l’utilizzo frequente di pesticidi e di erbicidi.

In breve e per concludere: l’indice di biodiversità si aggiunge ad altri tipi di indagine necessari per valutare il grado di sostenibilità raggiunto in un determinato ecosistema, ma non va utilizzato da solo e men che meno per fini commerciali.

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