Se mancassero le api

L’acquisto di alveari e di colonie di bombus comporta spese notevoli, ma è necessario conoscere la biologia fiorale delle piante da fecondare

Una recente delibera approvata dalla Giunta provinciale di Trento prevede l’attivazione di una banca dati sull’apicoltura e la realizzazione di un'anagrafe degli apicoltori trentini e degli apicoltori provenienti da fuori provincia. Il provvedimento fa riferimento a precedenti disposizioni legislative nazionali finora mai pubblicate.

Banca dati e duplice anagrafe serviranno per avere una conoscenza completa ed oggettiva dello stato di salute degli alveari e creare le premesse per interventi efficaci di prevenzione e di cura delle varie malattie e parassitosi.

Il compito di mettere in pratica la delibera spetta all’ Azienda per i servizi sanitari della Provincia di Trento. Si potrà finalmente sapere quante famiglie di api si allevano in Trentino, quante escono dai confini provinciali per nomadismo produttivo stabile o limitato nel tempo, quanti apicoltori extra provinciali portano api in Trentino per produrre tipi speciali di miele o per svolgere il servizio di impollinazione nei frutteti (melo, ciliegio, actinidia) o negli impianti di fragola e piccoli frutti.

L’impollinazione incrociata, affidata ad insetti domestici, allevati e/o selvatici, è diventata determinante a seguito della generalizzata supremazia delle coltivazioni intensive, monospecifiche o addirittura monovarietali.

Ciò premesso, vediamo quanto si fa in Trentino sulle singole coltivazioni per avere una produzione costante e di qualità.

Sul melo si ricorre al collocamento di 4 arnie a ettaro prese in affitto da apicoltori trentini o di altre regioni. Il compenso va da 28 a 30 euro per alveare più Iva. L’attività delle api sarebbe però inutile, se nel frutteto mancassero una o più varietà impollinatrici.

Sotto i ciliegi allevati a taglia bassa con varietà a maturazione tardiva tipo Kordia o Regina, si collocano da 8 a 10 arnie per ettaro. Per la sola Valsugana servono 800-1000 arnie.

Sull’actinidia (kiwi) l’impollinazione incrociata é resa difficile dal fatto che i fiori maschili e femminili sono portate su piante diverse. Essi sono molto poco attraenti e quelli maschili producono solo polline. Si fa quindi ricorso alle api (8-10 arnie ettaro), ma le famiglie devono essere adeguatamente preparate. All’entrata dell’arnia l’ apicoltore applica una griglia che fa cadere in un  raccoglitore il polline che le api portano nelle sacche delle zampe al loro ritorno. L’affamamento da polline le induce a ricercarlo sui fiori maschili dell’actinidia. Poiché i fiori femminili non producono nettare, le api devono essere nutrite con soluzione zuccherina durante la permanenza nel frutteto di kiwi.

Più complessa e articolata è l’impollinazione entomofila su fragola e piccoli frutti (lampone, mora, mirtillo, ribes).

Per queste specie l’impollinazione incrociata è affidata, seppure in diversa misura, alle api e ai bombus che sono più grossi delle api e hanno abitudini e comportamento diversi.

Le arnie si prendono in affitto o sono presenti in zona. I bombus si acquistano da bio fabbriche specializzate che li vendono in colonie contenute in piccole arnie. La singola costa 40-50 euro; la tripla 100-120 euro. Serve un arnia di bombus per mille metri quadrati di piantagione.  I bombus e le api lavorano in sinergia; i primi lavorano anche a basse temperature, le api solo quando fa caldo.

Affrontiamo per ultimo il problema del divario fra alveari allevati in Trentino e fabbisogno complessivo.

Il censimento del novembre 2013 rivela la presenza in Trentino di 1.403 apicoltori (1.315 nel 2012) e di 25.798 alveari (26.664 nel 2012). La ripartizione per numero di api allevate e apicoltori evidenzia il seguente quadro: da 1 a 20 arnie 1084 apicoltori; da 21 a 30 150 apicoltori; da 31 a 50 97 apicoltori; da 51 a 100 42 apicoltori; da 101 a 150 10 apicoltori; da 151 a 300 13 apicoltori; da 301 a 500 3 apicoltori; da 501 a 1160 3 apicoltori. Il 95% per cento degli apicoltori gestisce il 60% delle arnie presenti sul territorio. Il restante 5% possiede il 40% delle arnie facenti parte di apiari di consistenza compresa fra 51 e 1160 famiglie.

Gli apicoltori professionali prevalgono per consistenza di patrimonio apistico posseduto sugli hobbysti.

E’ possibile prevedibile una crescita numerica delle azienda apistiche professionali in Trentino?

Rinviamo ad altra occasione il nostro punto di vista in proposito.

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