Così parlò lo sciamano

Davi Kopenawa: “Noi siamo abitanti della foresta. Siamo nati al centro dell’ecologia e qui siamo cresciuti”

Davi Kopenawa è uno sciamano indigeno ma ancor più un attivista e militante per la causa della sopravvivenza degli Yanomami in Brasile che si è fatto conoscere per le sue prese di posizione nella difesa della sua gente e della sua terra, un connubio imprescindibile. Tempo fa era stato assunto come interprete dal Funai, l’ente governativo di protezione degli indios, e quando si è accorto che il suo apporto era quasi nullo ha deciso di andarsene denunciando l’ipocrisia di politiche apparentemente di salvaguardia, in realtà complici della depredazione in atto.

Dalla sua amicizia con l’antropologo Bruce Albert (interviste, interventi, conversazioni) è nato un libro, scritto a quattro mani, che è un autentico atto di profezia (Davi Kopenawa – Bruce Albert, La caduta del cielo. Parole di uno sciamano yanomami, Nottetempo, pp. 1071, 35 euro). Leggere questo che è a tutti gli effetti un trattato di antropologia e filosofia indigena alla luce dei paventati cambiamenti che il nuovo presidente Jair Bolsonaro vuole avviare in materia ambientale risulta estremamente istruttivo sulla strada che il mondo vuole intraprendere, verso la rovina, l’autodistruzione. Uno sfruttamento dissennato dell’Amazzonia, il via libero indiscriminato all’agro business e la trasformazione delle aree protette e dei territori abitati dagli indios in pascoli per il bestiame è la deliberata intenzione del decisionista Bolsonaro, uno strappo suicida non solo per il Brasile. Diametralmente opposta è la Weltanschaung, la visione del mondo, del leader indigeno. “Nella foresta siamo noi esseri umani ad essere l’ecologia. Ma come noi, lo sono anche gli xapiri, la selvaggina, gli alberi, i fiumi, i pesci, il cielo, la pioggia, il vento e il sole” (…) Noi siamo abitanti della foresta. Siamo nati al centro dell’ecologia e qui siamo cresciuti. Le parole dell’ecologia sono le nostre antiche parole, quelle che sono state donate ai nostri antenati”. Come aveva scritto il grande antropologo itinerante Claude Lévi-Strauss è “una solidarietà nello spazio e nel tempo di tutti gli esseri umani che non separa le sorti di un popolo singolo da quella del resto di tutta l’umanità”.

Difendendo le proprie credenze sedimentate nella “storia” indigena e i riti ancestrali si adopera per la sopravvivenza anche dei “suoi più crudeli nemici”.

La voce accorata del leader indios Davi Kopenawa (sopravvissuto, ricordiamolo, di una famiglia decimata dal morbillo dei conquistadores moderni) deve essere compresa e debitamente ascoltata – tradotta in buone pratiche per la difesa dell’ambiente – prima che sia troppo tardi.

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