Frei Betto: “Il mio lamento per il Brasile”

“Ci siamo allontanati dal popolo e abbiamo smesso di fare alfabetizzazione politica”, riconosce

Com’è possibile che i Brasiliani abbiano eletto presidente Jair Bolsonaro, un uomo che ha dichiarato di avere come modello uno dei più feroci torturatori della giunta militare degli anni ’60-’80? Un uomo che ha affermato – senza vergognarsi – che il torto di quella dittatura è stato di ucciderne troppo pochi? Un uomo che ha promesso di lasciare mano libera alla speculazione più distruttiva sull’Amazzonia, principale polmone verde del pianeta?

Discendente di emigrati italiani di origine veneta, Bolsonaro ha cinque figli, tre dei quali in politica, con le stesse sue idee. Militarista convinto, ha dichiarato che “se un poliziotto uccide qualcuno per strada non va processato, ma premiato con una medaglia”. Sulle tasse ha idee non molto diverse da certi nostri politici (“Io evado tutto quello che è possibile. Se posso non pago nulla, perché è tutto denaro che va a finanziare schifezze”).

Bolsonaro, 63 anni, ex capitano dell’esercito, si è presentato come l’”uomo nuovo”: in realtà è in Parlamento già da 28 anni e non è ricordato per nessuna legge degna di nota.

Come è possibile, dunque, che 57 milioni di brasiliani lo abbiano votato?

Lo abbiamo chiesto a Frei Betto, teologo domenicano, scrittore e uomo-simbolo della società e della Chiesa brasiliane, che mercoledì 31 ottobre ha parlato a Merano, ospite di Human Rights International e delle associazioni trentine Rete Radié Resch, Tremembé e Viraçao & Jangada.

“La maggioranza non ha votato Bolsonaro – ha detto Frei Betto -. Su 147 milioni di aventi diritto al voto, solo 57 milioni hanno votato per lui. Gli altri 90 milioni hanno votato o Haddad, il candidato del partito di Lula, o hanno votato scheda bianca o nulla”.

Per Frei Betto, sono tre i fattori principali che hanno portato alla sua elezione: le manipolazioni informatiche internazionali, le chiese evangeliche, di cui Bolsonaro si considera membro, l’eliminazione di ogni regola per lo sfruttamento delle risorse naturali.

“L’uso di tecnologie informatiche, che diffondono false informazioni e inquinano le campagne elettorali – ha affermato il teologo – ha già dato risultati sorprendenti in occasione della Brexit, dell’elezione di Trump e ora in Brasile. Sono sistemi molto efficaci, ma anche molto costosi e solo i partiti ricchi di destra possono permetterseli”.

“Le chiese evangeliche sono sempre più diffuse in Brasile, mentre le chiese cattoliche sono sempre meno frequentate – ha continuato Frei Betto -. Il Brasile ha una vivace tradizione di comunità di base cattoliche, ma negli ultimi decenni, sotto i pontificati di Woytila e Ratzinger, queste comunità sono state lasciate languire. Il cattolicesimo è sempre meno attrattivo. E’ soprattutto la gente più povera a frequentare le chiese evangeliche, perché viene proposta loro la ‘teologia della prosperità’, che idealizza la ricchezza. E’ difficile competere in queste condizioni. Per formare un prete cattolico servono otto anni di studi; per un pastore evangelico bastano 8-12 mesi. Il loro vantaggio è che vivono nelle favelas, a contatto con la gente, mentre i preti cattolici sono visti come élite. O la Chiesa cattolica accetta una trasformazione come ipotizza Papa Francesco o non avrà futuro”.

“In Brasile, nonostante i governi di Lula siano stati oggettivamente i migliori della storia brasiliana, i pochi casi di corruzione nel suo governo sono stati ingigantiti dai mezzi di informazione – ha proseguito Frei Betto -. L’incarcerazione di Lula con l’accusa di corruzione in un processo senza alcuna garanzia è stata definita anche da molti osservatori internazionali un ‘golpe’, organizzato per impedire all’ex presidente di presentarsi alle elezioni, dove i pronostici lo davano vincitore”.

Frei Betto, che nel primo governo Lula aveva collaborato al progetto “Fame Zero” promosso per far uscire dalla miseria decine di milioni di brasiliani, ammette che negli ultimi anni sono stati fatti vari errori: “ci siamo allontanati dal popolo più semplice e abbiamo smesso di fare alfabetizzazione politica”.

“Ma io sono una persona di speranza – ha concluso Frei Betto – e sono convinto che bisogna ‘conservare il pessimismo per giorni migliori’. La gente mi chiede se non ho paura. Io rispondo di no: non perché sono coraggioso, ma perché ho fede. Dopo essere stato in carcere dal 1969 al 1973 ed essere stato torturato, non ho più tempo per avere paura. Io sono discepolo di un perseguitato politico, Gesù di Nazareth, che è stato giudicato da due poteri politici, è stato torturato e condannato a morte”.

Fulvio Gardumi

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