Costruiamo ponti di parole

“A ben guardare, questa è una battaglia per la democrazia, non tanto a difesa delle nostre centottanta testate diocesane, voci del territorio, espressione di quell’informazione di prossimità di cui c’è tanto bisogno”. Ci ha pensato don Ivan Maffeis, sottosegretario e responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana a sgombrare il campo da equivoci, a conclusione del seminario promosso a Trento venerdì 7 giugno dall’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) del Trentino sul tema “Siamo membra gli uni degli altri: dalle communities alle comunità”: il progressivo estinguersi del Fondo per il pluralismo dell’informazione, nell’arco di tre anni, comporterà la chiusura di molte realtà editoriali, o comunque – nella migliore delle ipotesi – “l’inevitabile riduzione della foliazione, di competenze, di professionalità”. “Non possiamo accettare che siano messi a tacere giornali ed emittenti che ogni giorno danno voce a chi non ha parola”, aveva detto poco prima Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, il sindacato dei giornalisti italiani, esprimendo l’auspicio che il Parlamento possa accogliere “l’appello del presidente Mattarella a salvare le voci delle differenze”.

Proprio da Trento è stato espresso un appello al Parlamento perché “vi sia la giusta applicazione dei principi costituzionali, per la salvaguardia di tutte le voci di tutte minoranze contro tagli e bavagli all’editoria”, che – è la denuncia di Rocco Cerone, segretario dell’Associazione stampa del Trentino – Alto Adige – va di pari passo con “un disegno economico e politico che punta a sopprimere l’intermediazione giornalistica”.

“Non possiamo stare in silenzio di fronte alla distruzione delle nostre comunità, dei nostri valori democratici. Non possiamo accettare che siano messi a tacere giornali e emittenti che ogni giorno danno voce a chi non ha parola”, ha detto Giulietti nel suo intervento, proponendo di promuovere una giornata di difesa della stampa con la pubblicazione di un editoriale con un titolo unico – ripreso dal motto del quotidiano statunitense Washington Post, “Democracy dies in darkness – Nel buio muore la democrazia” – su tutte le testate italiane. Trovando sponda in don Maffeis: “Si rischia l’impoverimento del pluralismo informativo”, ha detto, ricordando l’importanza dei settimanali e delle emittenti a rischio di chiusura e rivendicando la necessità di una battaglia “non di bandiera”, ma “per la salvaguardia delle voci presenti sul territorio”.

Quanto la mediazione di chi fa dell’informazione un mestiere sia oggi più che mai necessaria è emerso con chiarezza di esempi anche dagli interventi degli altri relatori.

Il prof. Giovanni Pascuzzi, docente di diritto comparato all’Università di Trento, ha ricordato come la Rete sia un luogo prezioso di accesso al sapere, ma anche esposto alla disinformazione e alla distorsione consapevole. “Oggi il politico comunica in modo diretto, detta l’agenda e i giornalisti da cani da guardia diventano cani da riporto. Tornino a fare i guardiani del cancello, selezionando le notizie, recuperando prestigio sociale con la credibilità e un linguaggio chiaro, preciso, non ambiguo, senza dimenticare che ciò che contribuisce a instillare fiducia rafforza i legami sociali, crea comunità virtuose”.

Mauro Berti, funzionario della Polizia postale e divulgatore nelle scuole, ha trasmesso l’inadeguatezza di chi vive un cambio generazionale “così violento da mettere in scacco gli educatori”, con la tecnologia che ha creato ambienti “non virtuali, che i nostri figli frequentano” da soli, “un Far-West senza bussola”. Che fare di fronte alla solitudine del nativo digitale? Un buon punto di partenza, ha detto, è che scuola e famiglia, prime agenzie educative, tornino a parlarsi.

L’accento sulla educazione e sulla formazione l’ha posto anche Giulietti, richiamando l’invito di Papa Francesco a curare la formazione del comunicatore e del cittadino. “Senza alfabeto non si è cittadini con pienezza di diritti”, ha ammonito Giulietti, ribadendo la necessità di investire nella scuola “per consegnare gli alfabeti della comunicazione e della tecnologia”.

Detto dei rischi della Rete, il seminario Ucsi ha offerto però anche motivi di speranza. Giulietti ha ricordato la campagna di Amnesty International per contrastare le parole di odio (Hate Speech) e la recentissima firma della “Carta di Assisi”, una “dichiarazione di fratellanza universale contro i muri di odio”, non generica: invita a scrivere degli altri “quello che vorremmo scrivessero di noi”, ricorda che le “parole sono pietre” (“usiamole per fare ponti”), a raccontare le periferie, a connettere le persone. Perché, ha concluso don Maffeis, “chi fa buona informazione lavora alla ricostruzione di un tessuto comunitario”.

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