Dio e umanità

Introduzione

“Storico e strabiliante avvenimento” così Vita Trentina nel numero del 24 luglio 1969 raccontò “L’impresa dell’Apollo 11” che era stata anticipata nel numero precedente da un pezzo intitolato “il primo uomo sulla Luna” con la foto dei tre astronauti al lancio.

Accanto alla cronaca molto dettagliata, con i commenti di Paolo VI, dei presidenti Saragat e Nixon, si trovano in pagina anche un commento dal titolo “Una nuova era” e l’editoriale dal titolo Dio e umanità che riportiamo integralmente. Anche se non firmato, è da attribuire a don Vittorio Cristelli che aveva assunto da pochi giorni la direzione al posto di mons. Giulio Delugan.

L’uomo ha messo piede sulla Luna. Ammirazione, stupore, trepidazione, tripudio in mezzo miliardo e più di uomini che hanno seguito davanti al televisore gli astronauti uscire dal modulo lunare, fare i loro primi passi, un po’ goffi ma meravigliosi, nella loro tuta spaziale, hanno assistito alla loro danza, fatta di leggeri balzi, mentre compivano le prime esplorazioni e facevano i primi prelievi di suolo lunare.

Un clima di meraviglia, cadenzato da attese silenziose e da enunciazioni di dati tecnici: numeri, coordinate di senso oscuro per noi profani della scienza, ma che contribuivano ad accrescere l’aspetto eroico dell’impresa.

Era necessario uno sforzo di concentrazione per ricordare che in quei due scafandri che volteggiavano qua e là c’erano uomni veri, con un nome, un cuore, una famiglia, che quello non era un ambiente di cartapesta, montato ad arte, su cui troneggiava la stana sagoma del “Lem”, ma era proprio la Luna!

Gli stessi commentatori ad un certo punto avevano esaurito il vocabolario della meraviglia. I termini terrestri si scambiavano con quelli lunari, si avvertiva l’esigenza di un linguaggio nuovo perché quello usuale, nato e ancorato alla Terra, non serviva ad esprimere concetti nuovi e a descrivere immagini ed esperienza mai fatte. Ma tra le espressioni di meraviglia, tra i dati scientifici che assumevano, pur nella loro fredda precisione, un certo sapore poetico di nuova marca futurista, è scivolato a più riprese anche un linguaggio antico quanto l’uomo, un linguaggio divenuto raro alla relevisione, se non dimenticato: quello della preghiera.

L’abbiamo colto dalle labbra dei congiunti dei tre astronauti, nel messaggio radio-telefonico di Nixon e in quello del Papa.

Il riferimento a Dio era accompagnato significativamente al riferimento a tutta l’umanità.

Nixon ha detto nel messaggio per radiotelefono Tera – Luna: “Per un momento tutti i popoli della Terra sono stati realmente uno: uno nell’orgoglio di ciò che avete fatto e uno nelle preghiere che torniate sani e salvi”. Un accostamento significativo, quello tra il pensiero a Dio e il pensiero a tutti gli uomini: perchè il pensiero a Dio non permette di di pensare agli uomini in termini di divisione, di segregazione, di differenza razziale, di chiuso e gretto nazionalismo.

Non vorremmo che colla meraviglia scemasse e finisse per perdersi, o rimanesse solo retorico, questo accostamento tra Dio e l’umanità intera. Abbiamo anzi bisogno che diventino il contesto naturale della nuova era spaziale.

Gli spazi interminati che entrano nell’esperienza umana dovrebbero favorire un risveglio del sentimento religioso e nello stesso tempo il superamento di ogni chiusura umana.

La parola di Dio è stata trapiantata sulla Luna: su un minuscolo disco di silicone, accanto ai messaggi dei capi di 73 nazioni c’è anche quello del papa che riporta il salmo VIII di Davide che inizia così: “O Signore, quanto è grande il tuo Nome su tutta la terra: hai posto nei cieli la tua magnificenza…”

Ma non deve rimanere lassù come una parola consegnata e abbandonata su una lapide. Gli uomini sono riusciti, con uno sforzo di collaborazione mirabile, a raggiungere la Luna, ma non sono capaci di raggiungere un accordo sul Vietnam e sul Medio Oriente. Sono riusciti con una programmazione intelligente e attenta a portare a termine un’impresa che semba impossibile, ma non riescono a programmare intelligentemente ed efficacemente il superamento della fame nel mondo.

Forse il motivo sta proprio nel non saper congiungere in modo permanente il pensiero a Dio e quello all’umanità, pensieri che si condizionano a vicenda. La conquista della Luna è una sfida morale all’uomo, perchè riesca a vivere in pace coll’altro uomo e a sentirlo fratello. Ed è anche una sfida religiosa all’uomo che, pur potente di mezzi scientifici e geniale, ha bisogno di Dio per dare una risposta nagli interrogativi più intimi del suo essere. Interrogativi che ritornano anche quando è riuscito a risolvere i problemi spaziali, anzi si presentano con forza ancora più stridente.

Oggi più che mai si ripropone in modo drammatico all’uomo l’interrogativo di Cristo: “Che serve all’uomo conquistare anche tutto l’universo, se poi perde l’anima?”

E l’anima non ce la salviamo da soli, ma assieme agli altri.

Vittorio Cristelli

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina