Due “sì” con la sindrome di down

Il documentario del matrimonio di Luca e Silvana, coppia bolzanina, vuole essere un contributo culturale. La raccolta fondi presentata a Trento

Chi vi ha partecipato – nella chiesa dei Domenicani a Bolzano lo scorso 5 gennaio – racconta di un matrimonio davvero “speciale”. “Credo sia un bel segno anche per la comunità”, confermava ad Avvenire anche il celebrante don Mario Gretter, parroco del Duomo di Bolzano, da tempo loro amico, che ha accompagnato il cammino di preparazione e la celebrazione del matrimonio di Luca Di Biasi e Silvana Saudino, due sposi con la sindrome di down. Un percorso di maturazione umana e cristiana, arricchito dal sacramento, che diventa testimonianza anche attraverso un documentario sulla vita dei due giovani, conosciutisi dieci anni fa e determinati ad arrivare al matrimonio dopo il fidanzamento. “Erano stati Luca e Silvana a contattarmi per un precedente video finalizzato a dimostrare ai giudici la loro capacità di vita autonoma – racconta il regista Stefano Lisci – e ora a condividere questo film che farà capire come stereotipi e ostacoli non devono fermare il diritto di ogni persona ad amare”.

Come sempre avviene nel caso di una diversa abilità, il clamore mediatico nazionale comporta anche qualche rischio di spettacolarizzazione o forzature. “Non è stato così finora perché il film vuole soltanto essere una testimonianza del loro amore. Anche al matrimonio non sembrava certo di essere su un set”, chiarisce a proposito la mamma di Silvana, Claudia Cannavacciuolo, psicoterapeuta, presente giovedì scorso a Trento per supportare la raccolta fondi del progetto “Luca + Silvana, il documentario” e motivarne il valore. “Non c’è la volontà di presentare il sì di Luca e Silvana come una sorta di modello, non avrebbe senso. Ogni persona con sindrome di down, così come ognuno di noi, è unica e irrepetibile. Raccontare questa storia può essere utile per comprendere meglio le loro attese e per lasciarle esprimere. Ho sempre cercato in Silvana di guardare non tanto che cosa in lei non c’è, ma che cosa c’è, non quello che non poteva fare, ma quello che ha saputo raggiungere”.

Ed ha raccontato un percorso non facile – così come quello di Luca (“un ragazzo davvero affidabile, Silvana è in buone mani”, dice la suocera) – per conseguire progressivamente autonomia e fiducia in se stesso e negli altri, dovendo fare i conti anche con pregiudizi culturali: quelli che il documentario stesso vuol contribuire a infrangere.

Ne condivide l’intento anche la sezione trentina dell’AIPD (associazione Italiana Persone Down) che ha partecipato alla presentazione alla Bookique con la presidente Francesca Cozzio Rebecchi: “Rispetto al passato la società si è molto aperta rispetto alle persone con sindrome di down, ma resta ancora molto lavoro da fare. Tenendo conto che ogni ragazzo va ascoltato personalmente nei suoi desideri, perché ognuno ha percorsi diversi nella crescita della consapevolezza e dell’accettazione. Anche per le famiglie – ed è il lavoro della nostra associazione – è importante poter contare su una rete che comprende la scuola ma anche la comunità sul territorio. Riteniamo che questo lavoro al quale hanno collaborato Luca e Silvana possa favorire il raggiungimento di questi obiettivi”.

Il documentario richiede un costo di 135 mila euro, ne sono stati raccolti finora 65 mila, ma i promotori sperano che anche con le piccole donazioni di 10 euro previste dal crownfounding l’obiettivo possa essere raggiunto.

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