E i trentini scrissero così al Papa…

“La Chiesa sia davvero una famiglia di tutti”: dal sondaggio sul territorio emerge lo scollamento tra dottrina e prassi rispetto ad un fronte pastorale sempre più complesso tra famiglie irregolari, divorziati risposati, omosessualità. Don Dell’Eva, responsabile pastorale: «Le comunità spesso sono impreparate. La diversità non è necessariamente male, ma il bene va ricercato insieme»

E' un fitto documento di una decina di pagine, il contributo ufficiale della comunità cristiana trentina al percorso di preparazione al Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia e le sue sfide pastorali, fortemente voluto da Papa Francesco per il prossimo autunno. 271 i questionari “vaticani” distribuiti nelle parrocchie trentine; 60 i contributi raccolti, di provenienza varia: i comitati di lavoro dell'Ufficio Famiglia, consigli pastorali, associazioni, gruppi di fedeli. Un materiale articolato, da cui è uscita la sintesi finale (inviata alla Cei e sottoposta ad embargo) elaborata da un'equipe formata da don Albino Dell'Eva, direttore dell'Ufficio diocesano Famiglia, i sociologi Enrico Delama e Alberto Zanutto, il filosofo Francesco Ghia e la psicologa Daniela Pisoni. Tre di loro – Dell'Eva, Ghia e Zanutto – ne commentano qualche passaggio ai microfoni di Trentino inBlu.

Dell’Eva: Normalmente un sinodo è preparato consultando le Conferenze episcopali a livello mondiale. Papa Francesco ha voluto che fossero le comunità ad esprimersi e questo è già un fatto straordinario. Il questionario è una sventagliata su tutto lo scibile umano riguardante la famiglia oggi, dentro la comunità ecclesiale e in rapporto al mondo: si parte dal tipo di conoscenza della scrittura e del magistero sul tema, la pastorale in atto, il concetto di legge naturale come riferimento morale. Senza dimenticare i matrimoni irregolari e il tema delle unione delle persone dello stesso sesso.

Una delle domande di partenza riguardava lo scollamento tra magistero su famiglia e sessualità e la realtà concreta. L’esito?

Ghia: Lo scollamento esiste e la stessa formulazione delle domande andava nella direzione di verificare se questo fosse confermato. Il chiedere se la legge naturale ha valore o no ha chiaramente una valenza retorica, perché previene la risposta che su questo tema, per usare un'espressione resa celebre dal filosofo Pietro Prini, vi è una sorta di “scisma sommerso” all'interno della comunità credente, per cui il magistero fissa in modo legittimo la dottrina, ma la ricezione di un settore consistente della comunità credente è spesso dissonante.

Statisticamente il sondaggio può essere ritenuto rilevante?

Zanutto: Il questionario non aveva indicazioni metodologiche, è più uno strumento che punta all'analisi qualitativa. Non c'era l'idea di tracciare confini numerici, ma di valorizzare il senso di corresponsabilità. Percorso inevitabile visto che le famiglie si sposano e si formano sempre meno in chiesa e al loro interno la vita di relazione è uno spazio problematico come dimostra la percentuale di separazioni. Pensiamo inoltre al 23% di figli nati fiori dal matrimonio. Un Papa che chiede alla sua comunità di esprimersi su tutto questo è geniale.

Vi attendevate però una maggiore risposta delle comunità?

Dell’Eva: Per certi aspetti sì. Ma c'è stata la difficoltà di organizzare momenti di confronto in poco più di un mese. Peraltro abbiamo raccolto anche risposte di realtà non organiche alla Chiesa. Certo molti si sono trovati scoraggiati di fronte alla complessità di certe domande.

La questione dei separati, divorziati risposati e dell'accesso ai sacramenti rimane il tema chiave in termini pastorali?

Zanutto: Assolutamente sì. E le risposte, per la quasi totalità, auspicano una grandissima accoglienza nei loro confronti, e indicano che la pastorale per sua natura non debba mai essere discriminante.

Dell’Eva: Confermo. Anche se c'è ancora una minoranza che difende la posizione per certi aspetti intransigente del magistero. La gran parte ormai esprime sensibilità di un maggiore ascolto e minor giudizio e l'invito a pensare una pastorale nuova, che non metta in discussione la dottrina ma la sua mediazione rispetto alla realtà.

Il questionario si sofferma sulla “legge naturale”, ovvero sul rapporto fondativo tra uomo e donna, maschio e femmina, che sembra dirimente. Dalle risposte cosa emerge?

Ghia: La legge di natura del magistero cattolico rimanda ad Aristotele e Tommaso. Ma la sensibilità contemporanea, anche per la rilettura del concetto di natura ne impone una nozione diversa. Psicologia e scienze sociali dicono che il concetto di natura non è statico, ma in costante cambiamento. C'è un problema di mediazione culturale per far passare il messaggio: se la Chiesa non si rende conto che certi termini oggi sono viziati da una pre-comprensione diversa si crea una distanza. L'obiettivo del questionario non era di modificare l'impianto dottrinale. Le risposte più evidenti vanno nella direzione del disorientamento. Ad esempio sulle unioni di persone dello stesso sesso, seppure si tratti di un fenomeno percentualmente marginale, sembra di poter vedere che da parte di alcuni settori della comunità credente vi sia una apertura maggiore rispetto al magistero. E questo provoca una certa tensione.

Frutto anche di una pressione culturale che punta a smantellare il concetto di natura?

Zanutto: Indubbiamente lo statuto concettuale del post-modernismo va nella direzione di una cultura che prevale sulla natura. Pensiamo a situazioni limite: una persona che decide addirittura di cambiare sesso fa prevalere il culturale sul biologico. Da qui parte anche la sfida pastorale. E il sondaggio dimostra che dal lato pastorale non ci può essere discriminazione, bensì accoglienza e condivisione di processi educativi.

Il questionario tocca il tema della procreazione, sulla quale proprio la legge naturale sembra porre però dei limiti invalicabili…

Dell’Eva: La Chiesa ha una comprensione delle cose che si ispira alla Parola di Dio. Il matrimonio è tra uomo e donna perché deve essere aperto alla vita, perché è celebrazione della diversità nell'unità: questi sono aspetti che non possono essere sorpassati a piè pari. Qui domina davvero il disorientamento, soprattutto sul tema omosessualità. Le comunità fanno fatica a capire e giustificare. Il che non vuol dire che puntino a giudicare ed escludere. Con onestà possiamo dire che su questo la comunità cristiana è impreparata. Ha imparato dalla lezione pastorale dei divorzi e delle separazioni. Deve cercare il bene delle persone alla luce della Parola di Dio, ribadendo che la diversità non è necessariamente male, ma il bene va ricercato insieme.

Zanutto: Da un lato le risposte sono attente a ribadire l'impegno di una promessa progettuale di coppia, ma altrettanto ribadiscono che la casa della comunità ecclesiale deve essere sempre aperta. E su questo serve un lavoro condiviso, di ricerca, dove cercare insieme delle direzioni possibili. Pensiamo ad esempio ai corsi prematrimoniali frequentati da molti conviventi: la domanda è come si fa a gestire con loro processi concepiti per altre relazioni sociali?

Con un quadro così complesso è più legittimo alimentare speranza o una sana disillusione?

Zanutto: C'è un sommerso potenziale altissimo. Dal punto di vista sociologico il fenomeno suor Cristina a The Voice è emblematico. Lei, a suo modo, ha messo insieme un dialogo liberante. Oggi le persone scelgono dove stare; la Chiesa offre un'opportunità dentro costrutti di contemporaneità per cui si mette insieme la catechesi con il nuoto e la musica. Dunque abbiamo ampi spazi di esplorazione, ma accettando di cambiare linguaggi.

Ghia: La chiave per interpretare ciò che sta avvenendo ce l’ha fornita il Vaticano II parlando dei segni dei tempi. La famiglia è viva, in trasformazione c’è una vivacità anche nel bisogno di relazioni. Laddove c’è vitalità, vive anche la scommessa di far passare il messaggio della lieta notizia.

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