Migrazioni, una responsabilità globale

“L’Italia è un Paese che storicamente è sempre stato accogliente. E questo deve continuare ad essere”

Primo: il fenomeno migratorio, in Italia, non rappresenta un’emergenza. Secondo: la maggior parte delle persone costrette a lasciare le loro case, i loro paesi sono sfollati interni. Terzo: l’asilo e la protezione internazionale pagano il prezzo di una mancata gestione a livello mondiale. Quarto: l’Europa ha fallito, occorre gestire i flussi pensando alle esigenze del mondo del lavoro e produttivo. Quinto: l’Italia è Paese di transito, deve fare accordi con la Germania e con i Paesi che accolgono, se invece persegue una politica restrittiva i migranti resteranno in Italia. Alla vigilia della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, martedì 2 ottobre da Trento Felipe Camargo, Rappresentante per il Sud Europa dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ribadisce alcuni concetti elementari, che però suonano quasi eversivi, di questi tempi in Italia: salvare vite umane e accoglierle è compito di ciascuno e dell’intera società; altrimenti sono a rischio la nostra umanità e la nostra civiltà. Non è un compito solo dell’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, o di qualche Organizzazione Non Governativa. Camargo, nato in Colombia ma con cittadinanza anche australiana, ha lavorato nel campo umanitario nei cinque continenti, è nell’Unhcr dal 1994 e ha operato in Mozambico, Afghanistan, Myanmar, Guatemala, Pakistan. L’organizzazione è impegnata in prima linea in 127 Paesi a salvare vite umane, a proteggere i diritti di milioni di rifugiati, di sfollati e di apolidi.

A Trento Camargo parla agli studenti e alle studentesse di Sociologia e Giurisprudenza nell’Aula Kessler, accolto dal Direttore vicario della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento, prof. Paolo Foradori (“Non c’è crisi o conflitto degli ultimi vent’anni con cui Felipe Camargo non abbia avuto a che fare”, dice); vi arriva accompagnato da Vincenzo Passerini del Cnca del Trentino – Alto Adige e da Alidad Shiri, giovane afghano autore con Gina Abbate di “Via dalla pazza guerra”. E’ poi a palazzo Geremia per incontrare i rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni, delle cooperative sociali e i volontari impegnati nell’accoglienza dei rifugiati, mentre in serata è a Bolzano, ospite di Cnca, Centro Pace, Associazione Volontarius per un incontro con la popolazione.

“I miei colleghi in questo momento sono a Lampedusa, teatro del naufragio di cinque anni fa”, esordisce di fronte agli allievi del Corso di analisi dei conflitti. “E’ il momento per fare il punto su dove sta l’Europa nell’accoglienza e nella risposta ai bisogni dei migranti”.

Dottor Camargo, partiamo dai dati: nel mondo nel 2017 erano 68 milioni e mezzo i migranti forzati.

Dalla Seconda Guerra mondiale, è il maggior numero di migranti forzati mai registrato: 25,4 milioni sono rifugiati usciti dal loro Paese per cercare protezione, ma la maggior parte sono sfollati interni.

I numeri dei migranti che cercano di arrivare in Italia attraverso il Mediterraneo sono calati, già ben prima dell’insediamento dell’attuale governo giallo-verde. Ma non cala il numero dei morti in mare.

In numeri assoluti forse abbiamo avuto un calo, ma la percentuale è invece aumentata. E non sappiamo con precisione quanti perdano la vita nelle acque territoriali della Libia, manca un monitoraggio completo del Mediterraneo. Occorre ricordare che il diritto marittimo internazionale prevede l’obbligo di soccorrere le persone in mare e di portarle nel porto sicuro più vicino. Ciò va rispettato.

Nel salvataggio in mare le Organizzazioni Non Governative hanno svolto un ruolo importante, ma sono state demonizzate. Nei giorni scorsi l’Unhcr ha chiesto “con forza” agli Stati europei di aumentare la capacità di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale e di lasciare spazio alle Ong.

Abbiamo sempre detto come Unhcr che si deve mantenere la capacità di salvataggio in mare. E che non è un compito da lasciare solo alle Ong, ma che compete anche alle navi commerciali, alla guardia costiera. E’ una responsabilità chiaramente definita nel diritto internazionale marittimo. I governi hanno la loro responsabilità.

L’Unhcr ha avuto un ruolo importante nella nascita, dieci anni fa, di un’associazione, Carta di Roma, che si occupa di arginare il dilagare dell‘intolleranza e dei discorsi d’odio e che proprio in questi giorni ha presentato le nuove linee guida per i giornalisti sui temi dell’immigrazione. Quanto è importante l’utilizzo di un linguaggio corretto in quest’ambito?

E’ importantissimo. Lo ha detto anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi. Non è il problema di un singolo Paese, ma una questione generalizzata. Noi cerchiamo di far capire che gli obblighi di protezione internazionale devono essere lasciati fuori dalla politica. C’è una responsabilità sociale, ci sono obblighi internazionali.

Detto dell’importanza del linguaggio, viviamo però nell’epoca della disintermediazione dell’informazione. Che rischi comporta questo fenomeno, quando si ha a che fare con persone fragili come i migranti?

Carta di Roma è un esempio molto chiaro dell’importanza di una mediazione nel linguaggio. Noi vogliamo introdurre questo tipo di collaborazione con i giornalisti anche in altri Paesi in Europa. Ci vuole rispetto nei confronti delle persone, non bisogna confondere il pubblico. Il modo in cui raccontiamo il fenomeno migratorio influenza l’opinione della gente rispetto alle persone bisognose di protezione internazionale.

Cosa si sente di dire a chi oggi si trova in Italia in cerca di asilo?

Contribuite a far crescere la società. Ci sono delle opportunità. L’Italia è un Paese che storicamente è sempre stato accogliente. E questo deve continuare ad essere. Occorre far conoscere gli esempi positivi, ci sono tantissime pratiche bellissime, azioni positive portate avanti dai privati, dalle associazioni, occorre diffonderle. Ai richiedenti asilo e ai rifugiati dico di continuare con la forza e con la resilienza che hanno a contribuire a una società più giusta in Italia.

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