Un tetto per tutti

Cinque anni di crisi economica hanno assestato un duro colpo al sistema abitativo italiano. L'analisi di Teresio Poggio, relatore al convegno Caritas. “E' tempo che il diritto all'abitazione venga inserito a pieno titolo nell'agenda politica”

Rilancio vero del mercato dell'affitto a canoni sostenibili, sviluppo dell'edilizia sociale, finanziamenti certi e continuativi che permettano di aumentare l'offerta e sostegno delle fasce più deboli: sono le misure indifferibili che, dopo cinque anni di crisi economica, segnerebbero finalmente un'inversione di tendenza nelle politiche abitative. I dati del Ministero dell'Interno sull'andamento delle procedure di sfratto relativo al periodo gennaio-giugno 2013 dicono di una difficoltà crescente: gli sfratti per morosità registrano un'impennata di oltre il 10% nel primo semestre del 2013 rispetto all'intero 2012 (34.756, ovvero il 90% del totale degli sfatti emessi).

E il Trentino non è diverso dal resto d'Italia: se le proiezioni del primo semestre 2013 saranno confermate, a fine 2013 il dato potrebbe essere di 220 sfratti. Ma la crisi non pesa solo su chi è in affitto. Anche per i piccoli proprietari le cose non vanno molto meglio.

I grandi mali del sistema abitativo italiano? La sua rigidità, in primo luogo: l'alto tasso di proprietà della casa e il mercato degli affitti relativamente poco sviluppato non incoraggiano la mobilità delle persone, poco propensa a spostarsi per cogliere migliori opportunità di lavoro e di reddito. Chi ha avuto accesso all'edilizia pubblica tende a non muoversi, in modo da non perdere tale opportunità. E lo stesso vale per chi ha affittato un'abitazione conveniente sul mercato.

“E' tempo che il diritto all'abitazione venga inserito a pieno titolo nell'agenda politica”, afferma il dott. Teresio Poggio della Libera Università di Bolzano, che interverrà al convegno della Caritas di Trento sull'abitare oggi. “Ed è tempo di formulare, di conseguenza, politiche adeguate, atte a contrastare gli effetti della crisi finanziaria mondiale su questo sistema”.

E' vero che l'impatto del credit crunch (la stretta dell'offerta del credito da parte del sistema bancario) è stato meno drammatico grazie all'apporto fondamentale della famiglia che in Italia tradizionalmente sostiene i figli nell'acquisto della casa di proprietà, oltre che da alcune misure di politica abitativa, ragiona Poggio, riprendendo le tesi espresse in un recente articolo scritto a quattro mani con Massimo Baldini dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Ma la crisi economica globale ha portato con sé ulteriori tagli alla politica abitativa e ha minato la capacità economica delle famiglie. Tant'è che, come rilevano con sofferenza i Centri d'ascolto Caritas, bastano l'improvvisa perdita del lavoro oppure una separazione o un divorzio per far scivolare le persone verso la condizione di senza dimora e verso l'esclusione sociale.

“Oggi le spese di affitto incidono molto più che in passato sul bilancio familiare e spesso sono determinanti per far precipitare nella povertà”, nota Poggio. Se nel 1980 per pagare l'affitto se ne andava il 15% dello stipendio, oggi ci vuole almeno il 30%. Per comprare casa trent'anni fa bastava l'equivalente di 8 anni di stipendio, oggi ce ne vogliono 14.

La crisi ha inciso profondamente anche sull'edilizia sociale, “ormai al collasso”, osserva Poggio. I criteri per l'accesso all'alloggio pubblico sono molto stringenti. Ma nonostante ciò, almeno 600.000 famiglie hanno diritto a un contratto di locazione sociale e ci sono lunghe liste d'attesa. C'è una crescente domanda di assistenza abitativa da parte delle famiglie a medio e basso reddito: “E' una 'zona grigia' di bisogno – spiega Poggio -: il loro reddito non è sufficientemente basso per farle accedere all'edilizia abitativa pubblica, ma neppure abbastanza alto da consentire di pagare un affitto ai prezzi del mercato privato”. Figurarsi poi ad acquistarselo, l'alloggio.

Vi sono Comuni e organizzazioni senza scopo di lucro che hanno iniziato a sperimentare localmente nuove forme di sviluppo dell'edilizia sociale. “Ma nonostante la buona volontà e talvolta l'eroismo degli sforzi, la sostenibilità delle iniziative dipende dalla disponibilità di un certo livello di finanziamento”, rimarca Poggio. In Trentino è stato costituito il Fondo di Housing Sociale Trentino, affidato in gestione alle società di gestione del risparmio (Sgr) FinInt in associazione temporanea con PensPlan Invest. La previsione è la realizzazione di 500 alloggi da affittare a canone moderato (circa il 30% in meno rispetto a quello di mercato).

“L'apertura al mercato del sistema abitativo italiano, tradizionalmente molto statico, è andata di pari passo con l'aumento dei prezzi delle case e degli affitti. L'irrompere della crisi ne ha esasperato gli aspetti problematici, incidendo sia sulla capacità economica delle famiglie sia sulla capacità di spesa dello stato sociale”, conclude Poggio. Le possibili contromisure? “Prima di tutto prendere coscienza del fatto che la casa di proprietà non è una buona soluzione per tutte le famiglie. Poi, sostenere lo sviluppo di un buon funzionamento del mercato degli affitti, cercando di bilanciare le aspettative di rendimento dei padroni di casa con un ragionevole livello di protezione sociale degli inquilini. Ancora, investire nell'edilizia sociale, ripensando le modalità di finanziamento. Infine, rivedere le politiche fiscali, al fine di sostenere nuove misure di politica abitativa”.

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