Liberi per un “altro Alto Adige”

L’Alto Adige è davvero una terra nella quale si vive bene. Ma “il benessere non è solo quello materiale”

A pochi giorni di distanza fanno notizia sulle pagine dei giornali un Alto Adige in vetta alle graduatorie e un “altro Alto Adige”. Il primo è quello presentato dal quotidiano Avvenire con la sua classifica del “Ben-vivere nei territori”, il secondo è quello che emerge dalla relazione annuale sull’attività della Caritas diocesana. Avvenire colloca la provincia di Bolzano al primo posto sul podio del ben-vivere, assegnato (in collaborazione con la Scuola di economia civile) da un gruppo di ricercatori coordinati dai professori Leonardo Becchetti, Luigino Bruni e Vittorio Pelligra, in base a indicatori come “demografia e famiglia, salute, impegno civile, ambiente turismo e cultura, servizi alla persona, legalità e sicurezza, lavoro, inclusione economica, capitale umano, accoglienza”.

La Caritas mette in luce alcune criticità che tendono a relativizzare l’idea di un Sudtirolo da vedersi unicamente come isola felice, prima tra tutte la difficoltà, da parte di determinate categorie di cittadini, nel soddisfare il diritto ad avere e godere di un’abitazione adeguata ai propri bisogni.

Contraddizione? Solo in apparenza. L’Alto Adige è davvero una terra nella quale si vive bene. Ma “i soldi, si sa, non fanno la felicità così come il benessere non è solo quello materiale”, scrive Francesco Riccardi sul quotidiano di Marco Tarquinio. “Una serie di fattori, dei quali la ricchezza pro-capite, lo sviluppo economico e le opportunità occupazionali sono una parte importante sì ma niente affatto esclusiva, che anzi, quando non ben governati, possono persino essere controproducenti”.

Proprio perché provincia ricca, in Alto Adige le povertà, materiali e immateriali, risaltano maggiormente che non altrove. Malgrado la ricchezza misurabile in euro, il disagio esistenziale è più alto che in altre realtà meno benestanti, come starebbe a indicare l’alto numero di suicidi, anche tra i giovani. La Caritas, in questo settore, coordina una rete di prevenzione. Benché il tasso di disoccupazione sia il più basso di tutto il Paese, per non poche persone la casa resta un miraggio. “Le persone in emergenza abitativa”, spiega Danilo Tucconi, responsabile dell’area “Abitare” dell’organismo diocesano, “rischiano di perdere il lavoro o non riescono a trovarne uno nuovo, scivolano nell’isolamento sociale, spesso in disturbi di dipendenza o altri problemi psicologici”. Il fenomeno è stato chiaramente osservato nelle strutture per persone senza tetto e senza dimora. “Sempre più donne e uomini con un lavoro precario ci hanno chiesto un riparo, compreso chi ha perso la casa a causa di uno sfratto forzato”.

Lo studio promosso da Avvenire propone la generatività (“la capacità di incidere positivamente nella vita di altri esseri umani”) come “la componente principale della ricchezza di senso e di soddisfazione di vita”, assieme all’impegno civile per il bene comune (per il quale Bolzano risulta terza, dietro a Trento e Belluno). Proprio nel settore dell’abitare un approccio generativo risulta vincente. La Caritas investe, nell’ambito di progetti specifici, in operatori che accompagnano le persone in difficoltà e la comunità nel trovare e dare casa, intendendo per “casa” un elemento non solo materiale, ma soprattutto un traguardo di inclusione sociale.

Spiega il prof. Becchetti: “Se la felicità è generatività e la generatività è la responsabilità di contribuire al benessere altrui, la massima pienezza del mio diritto è la ‘libertà per’ che non lede la libertà altrui ma al contrario lavora per la sua crescita e progresso”.

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