“Nihil de nobis sine nobis”

La pacifica convivenza non è mai una meta raggiunta una volta per tutte

L’incidente accaduto in Consiglio provinciale a Bolzano, con la messa in discussione dell’uso dell’espressione “Alto Adige” (poi ridimensionata dal presidente Kompatscher), è la dimostrazione che la pacifica convivenza non è mai una meta raggiunta una volta per tutte. È sempre necessario continuare a vigilare.

La vicenda ha avuto risonanza nazionale ed è stata per lo più trattata in modo superficiale e non del tutto veritiero. Di fatto che cosa è successo? Nel corso dell’iter per l’approvazione di una legge provinciale nella quale si fa riferimento all’ufficio di rappresentanza a Bruxelles, il partito Südtiroler Freiheit (STF) ha proposto un emendamento col quale il nome “Alto Adige” – nella legge stessa – viene sostituito dall’espressione “Provincia di Bolzano”. L’emendamento è stato approvato grazie ai voti della SVP.

È chiaro che si è trattato di una provocazione, ben riuscita soprattutto a causa dell’impreparazione dei consiglieri Svp, di un nazionalismo mai del tutto sopito, della superficialità di parte del mondo della comunicazione. Il presidente altoatesino Arno Kompatscher ha cercato di gettare acqua sul fuoco, riconoscendo che si è trattato di un errore, ricordando che non si può abolire il nome “Alto Adige” che è ancorato nella Costituzione e nello Statuto di autonomia.  Il problema però non è il fuoco, che si spegne in fretta, ma la brace che lo produce al primo soffio ben piazzato.

Premetto a questo punto che considero Alto Adige (e altoatesino) e Sudtirolo (e sudtirolese) come sinonimi. Parlando in tedesco uso ovviamente il termine “Südtirol”. Ma non è di questo che si è trattato.

La colpa del nome “Alto Adige”, secondo i discepoli dell’Eterno Ieri, è di essere un nome fascista. La qual cosa però non è vera. Certamente il governo mussoliniano si appropriò di questa denominazione con i peggiori intenti. Ma essa era nata ai primi dell’800 per designare il dipartimento napoleonico comprendente Bolzano e Trento. Un periodico denominato “L’Alto Adige” (“giornale politico, economico, amministrativo”) fu stampato a Trento dal 1886 al 1915. Prima che prendesse forma e sostanza il Tirolo storico, questa regione fu detta “Terra all’Adige (e tra i monti)” („Land an der Etsch und im Gebirge“). Fino al 1926/27 non ci fu nessuna “Provincia di Bolzano” e la parola “Südtirol”, prima della guerra, indicava normalmente il Trentino o tutto l’attuale Trentino Alto Adige.

I nazionalismi tendono a impedire alle popolazioni l’uso dei propri nomi. Avvenne così per il termine “Trentino” prima della Grande Guerra e per il nome “Tirolo” in era fascista. Atteggiamenti oggi superati o da superare.

Il compianto Alex Langer scrisse nel 1993 che è necessaria “la sostanziale compartecipazione di tutti i gruppi etnici nelle questioni di fondo dell’autonomia; ‘nihil de nobis sine nobis’, niente può essere deciso su di noi senza di noi, si diceva nella vecchia Austria, e questo deve valere anche per noi oggi, se non si vuole che l’uno o l’altro gruppo etnico esca da un rapporto solidale con gli altri o si senta emarginato”.

Infine una nota di colore, se vogliamo, riferita a quanto il nome “Alto Adige” debba essere considerato fascista (tanto da doverlo sostituire per legge con “Provincia di Bolzano”). Dal 1945 il quotidiano più diffuso a Bolzano si chiama “Alto Adige”. Nacque come organo antifascista del Comitato di liberazione nazionale. Il giornale che lo precedeva, quello esplicitamente fascista (“Organo della Federazione dei Fasci di combattimento”), portava il titolo di… “La Provincia di Bolzano”. Tanto per dire.

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