La politica fra veleni e sceneggiate

Siamo in un contesto di veleni che poco hanno a che fare con le sorti di un paese in difficoltà

Non c’è pace nella politica italiana, ma non si può dire si tratti semplicemente dei soliti effetti di una campagna elettorale. La situazione è indubbiamente difficile per una cattiva legge elettorale che si prevede ci faccia ripiombare nell’ultima fase della prima repubblica: l’ultima fase, perché per lungo tempo, nonostante il sistema proporzionale, l’Italia ha avuto una accettabile stabilità politica, al di là di qualche eccesso nei giri di valzer dei vari governi.

Poiché adesso tutto è divenuto incerto e sull’andamento delle prossime elezioni si fanno pronostici, ma non si hanno certezze neppure relative, la lotta politica è diventata feroce. Basterà esaminare brevemente due eventi recenti per rendersi conto del contesto che si va delineando: il primo è la nascita della famosa “cosa” a sinistra del PD, il secondo l’ennesima puntata dello scontro nella commissione d’inchiesta sulle banche.

Il partito nato dalla fusione fra Mdp, Sinistra Italiana e Possibile di Civati, ma che ha l’obiettivo di espandersi oltre quei confini, si vuole presentare come una rottura del modo di fare politica del PD e degli altri partiti, ma si muove tranquillamente nel loro solco. Ha criticato Renzi perché non fa una politica di sinistra, ma poi ha lasciato fuori il riferimento alla sinistra dal suo nome perché, l’ha detto D’Alema alla Gruber, si vuole aggregare oltre quei confini. Ma non è la stessa cosa che vorrebbe fare Renzi? Si è criticato a fondo il segretario del PD per la personalizzazione della politica, ma si è scelto di mettere alla testa (per acclamazione! Qualcuno ricorda cosa dissero di Craxi quando fece così?) un “papa straniero” come Grasso, addirittura proponendo di mettere il suo nome nel simbolo elettorale (come fece il criticatissimo Berlusconi).

La kermesse di fondazione ha ripetuto il copione comune ormai a tutti i partiti: sceneggiata con personaggi simbolici che devono “commuovere” la platea anziché portare proposte e analisi, discorso del novello leader che ricalca i più banali schemi della retorica tradizionale della sinistra. Sorvoliamo poi sulla questione di un presidente del senato che abbandona il partito che lo ha eletto a quella carica senza lasciarla: a dispetto di tutte le difese d’ufficio questo non era mai accaduto e rifarsi ad altri leader di partito presidenti di Camera o Senato non ha senso, perché essi erano stati eletti ben sapendo cosa rappresentavano e in quei partiti sono rimasti.

La questione delle polemiche sulla commissione d’inchiesta sulle banche è altrettanto emblematica. Come era da prevedere tutto si incentra sulla questione della Banca Etruria, che, ad onor del vero, non è neppure il caso più rilevante. Lì però sedeva in posizione importante il padre dell’on. Boschi e non si capisce come Renzi e i suoi non colgano l’inevitabile pasticcio che ne deriva. Non è questione che le colpe dei padri ricadano sui figli, ma è anche ovvio che sarebbe opportuno che chi si trova in quella spiacevole posizione facesse un passo indietro. Ne guadagnerebbe la statura della Boschi che è giovane e dunque avrà tutte le opportunità di tornare sulla scena in modo più appropriato. Invece non molla una poltrona chiave e anzi scivola maldestramente sulla provocazione di un maldestro procedimento giudiziario contro l’ex direttore del Corriere De Bortoli. Cerchiamo di dare qualche modesto elemento per capire. La famosa querela penale per diffamazione non è stata fatta ed era l’unica arma che poteva eventualmente rivelarsi efficace, perché in quel caso difficilmente avrebbe potuto esimersi dall’invitare il tribunale alla valutazione sulla verità o meno delle affermazioni del giornalista e di conseguenza uscire vittoriosa in caso di riconoscimento che le cose non erano andate così. Una querela in sede civile per danni è tutt’altra cosa: lì non si valuta la verità o meno di quei fatti, ma solo se essi hanno danneggiato il querelante, il che potrebbe essere riconosciuto anche se quanto si è riferito risultasse vero. Sarebbe però una vittoria di Pirro, fra il resto difficile da ottenere visto che interviene la libertà di critica verso un politico che è un personaggio pubblico e che fra il resto non viene accusato di un fatto infamante.

Ci siamo soffermati su questa vicenda per mostrare come siamo in un contesto di veleni che poco hanno a che fare con le sorti di un paese in difficoltà quale è il nostro, mentre continuiamo ad avere un personale politico che mette i propri personali orizzonti al di sopra di tutto.

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