Non basta un nemico comune

Lega e Cinque Stelle appaiono sempre più in difficoltà quanto a condivisione di obiettivi per quanto riguarda il governo e di conseguenza il futuro del paese. Per ovviare al problema, che ovviamente non è di poco conto perché i due avrebbero interesse a stare insieme fino alle Europee, puntano a condividere almeno un nemico, che è l’Unione Europea.

La mossa è fondamentale per la strategia dei due partner che vogliono a tutti i costi convincere che rappresentano il governo del cambiamento e della riscossa del paese. Per questo promuovono la narrazione di un mondo ostile che non vuole la crescita dell’Italia e che per questo si mette di traverso alle coraggiose manovre creative che i giallo-verdi hanno in mente per rilanciare la nostra economia.

Naturalmente si sorvola sul fatto che a questa meravigliosa prospettiva non crede quasi nessuno: non gli industriali e i vertici delle varie categorie produttive, non l’Istat e gli altri istituti pubblici di analisi economica, non la Borsa e le Banche. Neppure la stragrande maggioranza dei commentatori sulla stampa si schiera a favore della politica governativa di scontro con l’Europa. I due partiti al governo sono sostenuti praticamente solo dai loro fan-club e il largo consenso di cui godono secondo i sondaggi in questa materia non fa testo, perché l’argomento è complicato e non è di quelli che la gente coglie al volo.

Avremo così sicuramente una seconda se non terza puntata dello scontro tra Roma e Bruxelles, anche se non è ancora chiaro se rimarremo nel quadro delle sceneggiate o se si comincerà a fare sul serio. Vediamo intanto qualche punto su cui è bene appuntare l’attenzione.

Il primo è che in questo caotico e delicato passaggio epocale a nessuna delle due parti converrebbe avventurarsi in un conflitto che si sa dove comincia, ma non dove finisce e che comunque ha tutta la probabilità di finire male per entrambi. Visto che siamo a cent’anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale sarebbe da tenere nel debito conto questa possibilità.

C’è però il problema che nessuna delle parti può perdere la faccia e allora bisogna trovare la via d’uscita che consenta ad entrambi di fingere almeno di non avere mollato. Sul fronte italiano avanza allora sotto traccia la seguente proposta: noi non torniamo indietro di un millimetro, ma mettiamo le cose in modo che possiamo poi nella prassi lasciar perdere sui punti inaccettabili. L’abbiamo detto in modo drastico, ma questa è la realtà. Basta vedere il caso della famosa revisione della legge Fornero: su quota 100 non si molla, ma poi per la maggior parte dei pensionandi fare quella scelta è tanto poco conveniente che non la faranno. Idem più o meno sul reddito di cittadinanza e altra roba del genere. Soprattutto, dice il governo, facciamo sapere che metteremo “clausole di garanzia” per cui se sballiamo troppo sui conti facciamo scattare tasse, blocchi e quant’altro.

E’ una scelta che può bastare all’Europa? Ne dubitiamo. Non solo perché comunque ci perderebbe la faccia, ma perché non c’è fiducia che lo scassato sistema pubblico italiano sia in grado di tenere sotto controllo le dinamiche che attiva alla leggera.

Però non si capisce cosa possa usare l’Europa come scappatoia. Temiamo qualcosa di molto simile alla tecnica da magliari della strategia coperta italiana, cioè qualcosa di questo tipo: noi vi sanzioniamo e vi diciamo pubblicamente che siete brutti e irresponsabili, ma poi ci fermiamo alle chiacchiere e tutto resta come prima, cioè voi fate il vostro gioco finché se andrete veramente a sbattere vi metteremo sotto tutela esterna.

Non troviamo questo giochetto particolarmente intelligente, né da una parte né dall’altra. Certo le due tattiche possono svilupparsi in parallelo mentre va avanti la sceneggiata di scomuniche reciproche: tanto si aspettano le fatidiche elezioni e i cambiamenti conseguenti (che non arriveranno prima di fine 2019) e poi si rivede tutto alla luce di quanto sarà accaduto nella UE e anche in Italia.

Bene così? Non proprio, perché alle due parti non dovrebbe sfuggire che la partita ha un terzo incomodo che sono i mercati e le dinamiche dell’economia internazionale. Quelli non staranno lì ad aspettare nell’attesa di vedere la fine del film: agiranno prima perché vogliono influenzarla a modo loro e quella non è una buona prospettiva né per Roma né per Bruxelles.

vitaTrentina

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