Parte la guerra totale?

L’approvazione alla Camera del disegno di legge di riforma costituzionale (scontata, ma un po’ di suspense in questi casi c’è sempre) apre la via all’anno dei conti finali fra Renzi e i suoi oppositori. La decisione di fare del referendum confermativo, che, se tutto va liscio come si dà per scontato, si terrà il prossimo ottobre, un duello finale fra il premier e i suoi avversari ha scatenato molte discussioni francamente ipocrite. Si è infatti accusato Renzi di avere voluto drammatizzare una scadenza che invece doveva rimanere nell’ambito della stretta valutazione della bontà o meno della riforma. Ma davvero questo era possibile?

Gli avversari di Renzi, in questo uniti dall’estrema destra all’estrema sinistra, accusano la riforma costituzionale di essere la “tomba della democrazia”. Ma se questo fosse vero, è pensabile che in caso di un suo rigetto questo non significhi una condanna senza appello di colui che automaticamente sarebbe certificato come chi aveva cercato di essere il becchino della democrazia? Non è un sottile ragionamento politico, è una questione di dare un senso compiuto alle parole che si usano.

Ovviamente a Renzi va benissimo che il confronto si svolga in termini così accesi: come una sua sconfitta segnerebbe la sua morte politica (e non meraviglia che se ne sia dichiarato consapevole), una sconfitta dei suoi avversari, interni ed esterni, segnerebbe la loro. Ecco perché dobbiamo aspettarci che i mesi che ci separano dalla prova referendaria di ottobre saranno di guerra totale fra tutte le componenti del sistema politico.

In questa prima fase è tutta una rincorsa alla delegittimazione reciproca. La confusa vicenda di Quarto campano che vede il M5S in una difficile situazione per la scoperta di infiltrazioni camorristiche nei voti che ne hanno determinato il successo è abbastanza emblematica. Da un lato immaginarsi che in un comune in quel contesto, già sciolto in passato per infiltrazioni mafiose, si potesse fare politica senza fare i conti con la malavita organizzata era come minimo una grossa ingenuità. Dall’altro la canea mediatica su questa vicenda sarebbe degna di miglior causa: mette a nudo più l’improvvisazione a livello di selezione delle classi dirigenti locali che domina il “non-partito” di Grillo e Casaleggio che non un giudizio negativo globale su quel movimento (che infatti nei sondaggi arretra di poco). Da questo punto di vista l’intervento di Renzi a difesa della sindaco sotto accusa da parte del suo movimento non è una bella mossa.

Da un altro punto di vista la continua speculazione sulla vicenda della Banca Etruria è un altro esempio di sciatteria politica. In quel caso la ministra Boschi non ha dato esattamente prova di gran statura politica, lasciandosi coinvolgere in una difesa dell’operato del padre poco opportuna. Può darsi infatti che penalmente il prima consigliere d’amministrazione e poi vicepresidente padre della ministro sia del tutto innocente su quel piano, ma certo è difficile immaginare che sia stato un competente difensore della buona gestione di una banca locale. E questo in politica conta.

Certamente però un confronto costruito rimestando nelle opacità della vita politica non può giovare al nostro paese. Innanzitutto perché ci danneggia enormemente sul piano internazionale e noi abbiamo molto bisogno di non perdere credibilità su quel terreno. Non ci si nasconda dietro l’illusione che a perdere la credibilità sarebbe solo il governo attuale: con una tempesta di fango come quella che si cerca di alzare è la credibilità stessa del complesso del nostro sistema che andrà a farsi benedire.

In secondo luogo non va sottovalutato che il sistema deve mantenersi in equilibrio per affrontare le sfide e anche le opportunità che questo 2016 ci metterà di fronte. In una lotta di tutti contro tutti, giocata con spreco di colpi bassi, alla fine ci sarà forse un vincitore sopravvissuto, ma avrà vinto il dominio di un cumulo di macerie.

Il contesto internazionale è troppo teso perché l’Italia possa permettersi di inseguire le varie alzate d’ingegno di tante tribù politiche, poco interessate al bene del paese e molto preoccupate solo di riguadagnare posizioni perdute o di ampliare quelle acquisite. Che poi queste alzate d’ingegno vengano messe in campo su materie delicatissime come la riforma costituzionale è davvero preoccupante.

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