Quanto dura la fase finale della legislatura?

Non c’è niente di più difficile che scrivere una analisi politica non avendo dei dati che saranno nelle mani dei lettori quando questa arriverà loro. E’ quanto avverrà questa volta perché mentre lo stendiamo non disponiamo del comunicato sulle decisione che prenderà la Corte Costituzionale circa l’Italicum (per le motivazioni si dovrà attendere almeno un mese). Fidarsi delle previsioni è arduo, perché la materia è più complessa di quel che sembra.

Ciò che è abbastanza certo è che la decisione della Consulta avvierà la fase finale della legislatura, anche se non è così certo che se ne potrà dedurre la durata. Infatti non saremmo sicuri che la sentenza sia univocamente interpretabile come oggi si suppone.

Cominciamo dalla questione assai dibattuta sulla possibilità di avere una decisione “auto-applicativa”, cioè una legge rivista in maniera tale che la si possa impiegare subito per andare alle urne. Da un certo punto di vista è inevitabile sia così, a meno che la Corte non decida che tutta la legge è incostituzionale e dunque da cancellare. Ci sembra difficile, ma in questo caso si porrebbe il problema di quale sia la legge che entra in vigore al suo posto, perché il paese non può restare senza legge elettorale (lo ha stabilito la stessa corte con la sentenza Tesauro del 2014). Ora la faccenda non sarebbe semplice, perché la legge precedente è il Porcellum dichiarato incostituzionale in parte e riformato, ma sulla cui applicabilità alla Camera ci sono parecchi dubbi.

Se invece, come è più probabile, la Corte semplicemente cancellerà alcuni elementi dell’Italicum (si dice con ogni probabilità il ballottaggio, le pluricandidature, forse, ma è più dubbio, i capilista bloccati) in astratto si avrebbe una legge applicabile, ma in concreto sarebbe una legge divenuta illogica: infatti non risponderebbe all’equilibrio fra il criterio di rappresentanza e quello di promozione della governabilità che è quanto la Corte stessa in precedenza ha dichiarato dovrebbe essere l’obiettivo di una buona legge elettorale.

Dunque ci sarebbe da attendersi che la Consulta non solo bocciasse alcune norme previste dall’Italicum, ma spiegasse perché lo fa. Ora a noi sembra difficile che lo faccia brutalmente dicendo che quei principi erano in assoluto sbagliati. Prendete il ballottaggio per aggiudicarsi il premio: in sé è difficile dire che è incompatibile con un sistema costituzionale, mentre è del tutto logico che si dica che esso può portare al risultato solo nel caso vi sia una congrua partecipazione al voto dei cittadini, altrimenti il premio andrebbe ad una forza che in realtà rappresenta una frazione ridotta del consenso nel paese. Ma se facesse così si aprirebbe la battaglia per fare una correzione legislativa che fissasse questo “paletto” ed è facile immaginare che trovare l’accordo su di esso nelle presenti condizioni sarebbe una fatica di Sisifo.

L’esempio si potrebbe allargare anche agli altri punti controversi, dove varie opzioni sono possibili. Ma se la Corte dirà questo di fatto rinvierà al Parlamento il dovere di scegliere fra queste opzioni. E tralasciamo qui la questione di omogeneizzare la legge elettorale della Camera con quella del Senato, cosa che in sé non sarebbe necessaria, non fosse che anche il Senato è titolare del potere di fiducia al governo: se non fosse così un senato con una rappresentanza di tipo diverso non darebbe problema (ma il referendum costituzionale ha fatto naufragare questa possibilità). Aggiungiamoci poi, anche se si tende a dimenticarlo, che per affrontare queste tematiche avendo realmente in mano cosa intende la Corte bisognerà attendere minimo un altro mese, cioè avremo un altro mese di blocco.

Ora la questione si complicherà ulteriormente perché il governo ha detto di volersi tenere fuori dalla regia della soluzione parlamentare al problema della legge elettorale e in sua assenza non si vede chi potrebbe assumere quel ruolo. Non certo i partiti che sono tutti, chi più chi meno, in una situazione costante di fibrillazioni interne.

Alcuni sostengono che questo favorirà una conclusione della legislatura nei tempi naturali (primavera 2018), dimenticando però di spiegare come potrà agire con autorevolezza un governo ostaggio di un parlamento e di partiti impegnati in una guerra perenne e che per di più a fine anno dovrebbe fare una legge finanziaria molto rigorosa e dunque molto impopolare (non esattamente un buon viatico per andare poi alle urne).

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