Questione lavoro

Il tema più caldo del momento, anche se non sembra, è la questione lavoro: non solo sul fronte della disoccupazione che rimane molto alta (e qui la faccenda è evidente), ma sul fronte del rapporto fra il governo e i sindacati. E’ un terreno sul quale Renzi ha scelto di rompere, perché ha il fiuto di chi sa di toccare una corda sensibile nella pubblica opinione.

Intendiamoci: ormai criticare i sindacati è un esercizio che assomiglia allo sparare sulla Croce Rossa; non si corre alcun rischio. Sebbene sia ingiusto fare di ogni erba un fascio, è difficile negare che il sindacalismo italiano è vittima del classico riflesso di Pavlov: ogni azione che tenti di mettere in discussione i privilegi degli occupati li vede ianlberarsi, con buona pace di chi non gode di alcuna tutela. Così nel timore che venga messa in discussione l’inamovibilità dal posto di lavoro di chi ce l’ha, si accetta che chi non ce l’ha resti fuori dal mercato dell’occupazione.

Naturalmente i sindacati negano questa evidenza, ma è purtroppo sotto gli occhi di tutti. Camusso si sta infilando sempre più nel tunnel della difesa di un modello insostenibile di cogestione del mercato del lavoro, in ottima compagnia di Bonanni ed Angeletti (che sono solo un po’ più scaltri nella comunicazione). La famosa “concertazione” infatti negli ultimi decenni ha significato solo consentire al sindacato e in parte anche alle rappresentanze imprenditoriali dei poteri di veto contro ogni tentativo di affrontare coraggiosamente qualche nodo irrisolto. La situazione è naturalmente diversa da comparto a comparto, ma nel pubblico impiego, nella scuola e in altri settori non si può davvero dire che il sindacalismo abbia contribuito a far progredire le cose.

Va compreso che le grandi confederazioni sono da tempo sotto ricatto di una molteplicità di sigle concorrenti e tutte super-corporative, ma di questo esse non hanno voluto tenere il debito conto reagendo in maniera appropriata. Aprire alla selezione per merito, consentire ristrutturazioni per migliorare l’efficienza dei servizi, punire i fannulloni, sono da noi imprese quasi disperate. Ovviamente si deve tenere conto che lavoratori privi di tutele diventano facilmente vittime di abusi in nome di grandi principi: ci vuol nulla per far apparire merito quello che è protezione e nepotismo, ristrutturazioni quelli che sono capricci di dirigenti che fingono di essere manager (va di moda), fannulloni coloro che invece danno semplicemente fastidio perché sono indipendenti.

La soluzione andrebbe trovata in un delicato equilibrio e in un consenso a chiudere, da parte di tutte le parti in causa, con i riflessi condizionati derivanti da una stagione che dovremmo metterci coraggiosamente alle spalle.

Però si sa che l’equilibrio è cosa difficile e dunque il movimento del pendolo finisce per muoversi da un estremo all’altro. Il governo, temendo a ragione che “concertare” significhi aprire inconcludenti tavoli con decine di sigle e siglette sindacali e col risultato, se va bene, di metterci tempi biblici per partorire decisioni-topolino, ha deciso di rompere con quella tradizione, dichiarando che la concertazione non è obbligatoria (un modo gentile per dire che non serve a niente).

Le grandi confederazioni si inalberano, ma sono reazioni dei loro funzionari allevati nella vecchia mentalità. Stupisce che non capiscano che quella scelta andrebbe tutta a loro favore, perché farebbe pulizia della miriade di piccoli sindacati, i quali, privi di un “tavolo” in cui pesare (e dare spazio ai loro funzionari), diverranno scarsamente attrattivi (ci sarà un periodo di qualche turbolenza di agitazioni, ma, coi tempi che corrono, durerà poco). Le grandi confederazioni hanno invece molti mezzi per farsi sentire con proposte e suggerimenti, anche fuori di quelle vecchie ritualità e dunque riguadagnerebbero credito ed adesioni.

Il governo di Renzi non pare intenzionato a deflettere dalla sfida con il vecchio sindacalismo burocratico, perché sa che anche questo gli porta consenso (anche a sinistra, dove la gente ha occhi per vedere). Deve però stare attento a non buttare il bambino con l’acqua sporca, perché una seria sponda sindacale per gestire il trauma di un grande cambiamento come quello in corso sarebbe quantomeno molto, molto utile.

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