Tiro alla fune (con spettatori interessati)

Mai il nostro paese si è trovato in una posizione internazionale ed economica tanto difficile

Verrebbe da dire che non si sa cosa pensare delle continue schermaglie fra Salvini e Di Maio, intervallate da riappacificazioni per mettere in difficoltà Conte. Se sono solo sceneggiate per tenere il centro della scena, sono uno spettacolo triste e poco responsabile. Se sono qualcosa di serio non si capisce perché non diano origine ad una chiarificazione una volta per tutte.

Osservatori, analisti, commentatori si stanno tutti dando da fare per interpretare un fenomeno non nuovo in sé (scontri anche molto aspri fra gli alleati di governo ce ne sono stati dai tempi delle coalizioni nella Prima Repubblica), ma certamente inedito per il contesto in cui si verifica: infatti mai il nostro paese si è trovato in una posizione internazionale ed economica tanto difficile (anzi è proprio il convergere delle due dimensioni che ci mette in gravi difficoltà).

Quello che forse non viene tenuto nel debito conto è che tutto è in grande movimento e dunque non è semplice per nessuno valutare bene con cosa ha a che fare. Prendete il quadro europeo, cioè il contesto in cui rischiamo la sanzione per debito eccessivo. Di fronte non abbiamo un riferimento chiaro, ma un magma di forze in lotta fra loro. L’iniziativa parte da una Commissione in scadenza, per quanto sia ancora nella pienezza dei poteri, la quale Commissione si porta dietro una euroburocrazia incerta della sua posizione che è attaccata più o meno palesemente da varie parti. Di qui un suo fare la voce grossa, mentre un po’ di osservatori scommettono che può abbaiare più che mordere. Aggiungiamoci un Consiglio Europeo (l’unione dei capi di stato de paesi aderenti) in cui si fatica a vedere una maggioranza che guida. E’ palese che ci sono difficoltà ad individuare le candidature per le posizioni di vertice (ruoli chiave nella Commissione, presidente della UE, presidente della BCE). Anche in questo caso molti pensano che si vada ad una soluzione che veda intese pastrocchiate su candidati di non grande profilo, perché i leader dei vari paesi non vogliono avere concorrenti.

Si capisce che un panorama del genere invoglia i principali attori del governo italiano a giocare partite arrischiate, se non in alcuni casi spregiudicate. Conte e il suo staff (si dice il ministro Moavero più che non Tria) sembrano convinti che si possa forzare la situazione mescolando un po’ di attivismo che si inserisca nelle manovre sulle nomine con un po’ di belletti contabili che consentano di dar l’occasione a Bruxelles di dire che in fondo l’Italia si adegua a rivedere i suoi conti.

Questa tattica, che peraltro non ci sembra molto lungimirante, si scontra con la diversa lettura che della situazione dà il vicepremier Salvini. Per lui l’obiettivo è consolidare la sua posizione di dominus della politica italiana e lo scontro con l’Europa gli serve per trasmettere ad una opinione pubblica piuttosto credulona l’immagine di chi non si fa bloccare nel varare riforme miracolose. Quella centrale è una riforma fiscale che non si capisce bene come possa essere modulata (flat tax è una definizione ormai impropria), ma che comunque attira, perché dovrebbe mettere un po’ di soldi in più nelle tasche degli italiani. Se alla fine si avrà la compensazione fra meno tasse e meno possibilità di sgravi fiscali, non cambierebbe molto, ma quello si vedrà fra un bel po’ di tempo. Tutto però è per Salvini possibile se, come lui ritiene, le attuali paludi europee faranno impantanare qualsiasi tentativo di andare avanti con la procedura d’infrazione.

In questo contesto Di Maio, che non si capisce se sia riuscito a farsi un minimo di staff di persone competenti in qualcosa di diverso dal fare polemiche su media e social, è costretto a rincorrere ed a proporre una linea ondivaga, che a volte si adegua a quel che predica Salvini e a volte gli si contrappone superficialmente. Bisogna capire che il capo pentastellato è in una posizione difficile per i conflitti interni al suo movimento, con Di Battista che lo pressa e con altri personaggi di una qualche influenza che ne prendono cautamente le distanze.

Il tiro alla fune fra i due dioscuri ha una audience interessata che ne segue lo svolgimento: Conte, i nostri partner europei, qualche potenza internazionale, e non da ultimo diverse componenti delle nostre classi dirigenti. Per il momento tutti sembrano limitarsi a commentare dagli spalti e a lanciare qualche incitamento ai concorrenti, ma temiamo che non pochi aspettino semplicemente il momento giusto per dare una mano per farli andare a terra entrambi. Anche a costo di sopportare una crisi al buio.

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