Tutti contro Renzi?

Il presidente del Consiglio avrebbe voluto che la tornata delle elezioni amministrative non lo coinvolgesse più di tanto. Era un desiderio irrealizzabile ed infatti non si è realizzato, ma forse in misura maggiore di quel che ci si poteva attendere.

Il fatto è che Renzi paga il suo scarso interesse per l’organizzazione territoriale del suo partito. Si è accontentato troppo di conversioni che sapevano tanto di comodo e non ha esteso in periferia il lavoro di rottamazione e di reclutamento che aveva cominciato a fare a Roma (e che, per la verità, ha anche interrotto abbastanza presto). Il risultato è stato quello di non poter presentare una immagine omogenea dei candidati PD, qualcosa che potesse essere riassunta sotto una stessa cifra interpretativa. In parallelo ricordiamo che questo è invece riuscito bene ai Cinque Stelle che hanno riunito i loro candidati sotto l’ombrello generale di una nuova classe politica che andava a sfidare i tradizionali caminetti del potere. Certo in qualche caso l’immagine aveva più forza (a Torino), in qualche caso era aiutata dall’ergersi contro uno sfascio percepito da tutti (Roma), mentre in altri casi o era forzata (a Bologna, dove il candidato era un uomo di apparato con scarso appeal) o era più una speranza messa lì all’ultimo momento, che non una realtà (Milano e Napoli, tanto per dire).

Per tornare al PD l’elemento più impressionante è l’incapacità del partito come struttura di intervento politico sia di coordinare la campagna, sia, fatto ancora più grave, di fornire ai candidati un retroterra programmatico forte che ne costruisse l’immagine propositiva. Così è finita che o si sono avuti casi a sé (Fassino a Torino, Sala, che definirlo un prodotto PD è piuttosto arduo, a Milano) o si è ripiegato su espressioni delle varie «ditte» locali, nessuna delle quali ha dato gran prova. L’eccezione è stata Roma dove effettivamente Renzi ha tirato fuori dal cappello Giachetti, ma la situazione era così disperata che gli ha affidato una missione impossibile.

Così adesso il premier/segretario paga lo scotto dell’immagine di una sconfitta. Certo può obiettare, numeri alla mano, che nel complesso tale non è, che l’exploit del M5S andrebbe valutato più realisticamente perché è sopravvalutato, che il PD ha ancora tanto da dire. Tutte cose non infondate, ma come si sa in guerra non tutte le vittorie pesano in maniera eguale e la forza delle interpretazioni che si possono dare ai vari eventi conta ed ha un effetto di trascinamento.

La battaglia sarà lunga e Renzi può anche recuperare, perché è un personaggio dotato di un buon intuito politico, a patto che non se lo faccia appannare da «cerchi magici» di varia natura. Al momento però quel che sta passando nell’immaginario indotto dai media è che siamo di fronte al primo serio riflusso della fortuna politica del renzismo.

Gli avversari, come è scontato, contano di trarne profitto, fino a muoversi contro i loro interessi. L’operazione che tutti stanno tentando di fare è il blocco anti-Renzi a tutti i costi. Salvini e Brunetta sono corsi a dirlo invitando a votare per i candidati Cinque Stelle, perché hanno capito che una loro vittoria nelle due piazze chiave di Torino e Roma metterebbero il premier in seria difficoltà, e se poi a Milano andasse bene con una vittoria di Parisi al ballottaggio sarebbe quasi tombola, visto che a Napoli pare scontata la riconferma di De Magistris altro avversario dichiarato dell’inquilino di palazzo Chigi.

E’ una mossa intelligente da parte loro? Ci permettiamo di dubitarne, semplicemente perché i pentastellati non sono dei personaggi occasionali, ma un nuovo ceto politico che punta ad insediarsi al potere e che, una volta raggiunto quello scopo, non lo condivideranno certo con altri. Soprattutto perché non ne hanno bisogno, visto che sono un movimento ibrido, che pesca tanto nelle utopie di destra che in quelle di sinistra. Come tutti i movimenti allo stato nascente ogni affermazione per loro è un moltiplicatore, cioè porta più risultati di quelli semplicemente in gioco nel caso specifico e dà un forte impulso alla replica delle vittorie.

Renzi insomma deve ragionare come può rompere l’assedio che gli stanno costruendo intorno e che è il prodromo di ciò che accadrà al referendum costituzionale d’ottobre. Chissà se anche in questo varrà il detto: uomo avvisato, mezzo salvato…

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