Un governo confuso

Gli osservatori si chiedono quanto a lungo terrà questa maggioranza e si comincia a parlare di possibile crisi in primavera

Difficile non cogliere la confusione in cui versa in questo momento il governo. Apparentemente è solido: il decreto sicurezza passerà grazie alla fiducia perché nessuno nella maggioranza intende aprire una crisi. Anche gli altri provvedimenti che devono superare lo scoglio parlamentare nelle prossime settimane non avranno probabilmente intoppi.

Detto questo si nota fra gli osservatori un crescendo di domande su quanto a lungo terrà questa maggioranza e si comincia a parlare di possibile crisi in primavera, per alcuni presto, per altri in coincidenza con le elezioni europee. La questione non è tanto costituita dalle continue divergenze di prospettive che su vari temi vengono costantemente messe in scena dai rappresentanti delle due formazioni, quanto dall’incognita del braccio di ferro avviato con la UE. Al momento sembrerebbe di assistere ad una certa marcia indietro dei due dioscuri: sia Salvini, sia Di Maio fanno a gara a dire che in fondo con l’Europa non vogliono litigare e che non ci si impicca a quelli che chiamano “i numerini”. In parallelo a Bruxelles hanno capito che non conviene portare acqua al mulino dei populisti italiani facendo il viso dell’arme alle loro proposte e dunque adesso proclamano fiducia nel dialogo. Tuttavia siamo ancora alle schermaglie, perché poi messo alle strette nessuno accetta di ammettere la marcia indietro: sul fronte governativo si proclama che le misure fondamentali rimarranno intatte, su quello europeo che se non si mette nero su bianco che si cambia strada l’iter della procedura d’infrazione non si fermerà.

Quel che non si capisce è quanto il quadro economico possa assistere impassibile a queste sceneggiate. All’annuncio di qualche timida ragionevolezza sul fronte governativo la borsa ha reagito positivamente e lo spread è un po’ calato, ma sono andamenti speculativi e il livello dello spread rimane comunque pericolosamente prossimo a quota 300 per cui non ci vorrebbe molto a superare quella soglia. Certo chi sa le cose registra un frenetico lavoro di mediazione da parte del Quirinale e di altre sedi istituzionali per ricondurre alla ragione i due piazzisti che occupano il ruolo di vicepremier. A gennaio ci sarà la grande asta dei titoli di stato, sarà necessario raccogliere una grande quantità di miliardi dagli investitori che al momento sembrano più che perplessi. Una crisi in quella occasione sarebbe un durissimo colpo alla nostra stabilità.

Salvini sembra più incline a rendersi conto della situazione, ma lui è sempre stato di quelli che hanno fatto due parti in commedia: il duro propagandista e l’uomo politico realista che sa bene cosa si aspetta il suo elettorato. Di Maio è messo peggio, perché non ha una vera leadership su un movimento smaldrappato, con controllori esterni che non amano il realismo politico (Grillo e Casaleggio) e con competitori interni che amerebbero molto tornare alle vecchie pratiche barricadiere (Di Battista e non solo). Aggiungiamoci che i sondaggi premiano la doppiezza, chiamiamola così in omaggio alla vecchia politica togliattiana, di Salvini, mentre segnalano un’erosione lenta ma costante del favore per i Cinque Stelle.

Paradossalmente se questo trend continua potrebbe diventare vantaggioso per entrambi i sottoscrittori del contratto interrompere la collaborazione e sfidarsi alle urne. Pensano di non avere molto da temere né da un PD che continuerà almeno fino a marzo ad essere impelagato in una surreale lotta fra le sue tribù interne per decidere chi potrà guadagnare il controllo della scassata macchina del partito, né da Forza Italia ancora succube della pulsione di Berlusconi verso l’immortalità politica.

Ciò di cui, a nostro modesto avviso non si tiene conto, è che le due forze in una competizione elettorale dovrebbero spiegare perché si dividono e per farlo dovrebbero per forza accusarsi reciprocamente di avere “tradito” quel che secondo ciascuno la nazione si aspettava da loro. Per dirla banalmente una lotta che all’elettorato apparirebbe fratricida e che lascerebbe sul campo più morti che sopravvissuti, senza che peraltro su quel mare di devastazioni si possa intravvedere una ricostruzione decente di possibili equilibri di governo.

Perché, non dimentichiamolo, comunque quello dei due che sopravviverà più forte, con tutta probabilità Salvini, per andare al governo dovrà allearsi con qualcuno e questo qualcuno avrà un potere di ricatto notevole che è improbabile non voglia esercitare.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina