Una estate impegnativa?

Non sappiamo se quest’anno la politica italiana andrà davvero in vacanza. Temiamo che questa volta al posto delle solite baruffe estive senza molto costrutto la classe politica sarà chiamata a lavorare in preparazione di un autunno che si presenta tutt’altro che facile.

Ormai è sempre più evidente che il test autunnale, a cominciare da quello referendario ma senza dimenticare la legge di stabilità, è considerato decisivo per verificare se la famosa svolta che sembra aver interessato la politica italiana sia un fuoco di paglia o il classico giro di boa. Non è solo questione di mettere alla prova la tenuta della rottamazione di Renzi, perché tutto il complesso delle forze politiche attualmente sulla scena risulta messo in discussione. Se si guarda con un minimo d’attenzione si potrà facilmente verificare che tutta la struttura dell’universo politico è in tensione verso un futuro che appare quanto mai incerto.

Certo la vicenda interna al PD, che rimane il partito di maggior peso nel contesto attuale, è sintomatica del braccio di ferro in corso non fra due anime, ma fra varie anime di quella compagine. L’incertezza della partita referendaria ha aperto la strada ad una verifica della tenuta di tutte le varie tribù che solo superficialmente si sono divise nelle due confederazioni pro o contro Renzi. In realtà i giochi sono più complessi, perché passano non tanto per le leadership appannate dei “rottamati”, ma per le fibrillazioni delle generazioni di politici più giovani che scalpitano: una parte per accreditarsi di più nell’entourage renziano, che deve aprirsi a creare un sistema di referenti forti sul territorio; una parte per posizionarsi nell’eventualità di cosa si dovrà fare se Renzi soccombesse nel braccio di ferro referendario.

Una attenzione adeguata merita però anche l’area del centrodestra, dove si assiste ad una battaglia speculare fra i tradizionali colonnelli di Forza Italia e i propugnatori di un nuovo modo di intendere quella collocazione politica. Lì tutto avviene sotto l’occhio sornione di Berlsuconi che gode nel vedere i suoi gladiatori ingaggiare battaglia convinto che alla fine sia lui a decretare il pollice verso contro gli sconfitti. Tuttavia l’esperimento di Milano ha messo in campo un personaggio come Stefano Parisi che avrà anche perso come dice il non disinteressato Salvini, ma ha l’intuizione che il rilancio del centrodestra può passare solo per una modernizzazione della sua collocazione in senso neo-liberale. E’ la prima vera ripresa di una proposta di blocco sociale alternativo non tanto alla sinistra quanto alla forbice fra renzismo e grillismo. Ai lepenisti alla Salvini la cosa può non piacere, come non piace a quel ceto politico tradizionale abituato a fiorire all’ombra delle invenzioni para-ideologiche e molto pubblicitarie del Berlusconi dei bei tempi andati. Se però c’è una speranza di ripresa per l’area del conservatorismo è quella, non certo il suo rilancio in chiave populista.

Su quel fronte è solidamente attestato il Movimento Cinque Stelle, che ha ormai imparato a far tattica parlamentare e che sa di avere dalla sua l’insoddisfazione di tante persone per degli equilibri di potere che non producono più veri vantaggi per la gente. Chi pensa che la prova che daranno a Roma e a Torino toglierà loro consensi si sbaglia: in una realtà opaca, con difficoltà crescenti in moltissimi settori, non sono i pentastellati quelli che verranno incolpati di insuccessi che hanno radici lunghe. Detto questo, anche in quel movimento si cominciano a vedere lotte di fazione ed è il segnale che esso intuisce che un piccolo terremoto è tutto sommato alle porte.

L’estate verrà spesa dai politici per studiare il campo dell’avversario e capire quali strategie potrà mettere in campo nella battaglia autunnale. Come strategia vincente non è che circolino grandi idee. In fondo anche la politica giovane è affezionata agli orizzonti tradizionali: invenzione di una legge elettorale che faccia il miracolo di produrre in modo incontestabile il nuovo sistema (la si cerca da decenni e non si è ancora capito che non esiste); ricerca di una occasione referendaria che butti all’aria il sistema vigente ripetendo quel che successe agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso (ma erano altri tempi).

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