Una politica senza orizzonti

Quella che sembra si prepari per l’autunno rischia di essere una politica senza orizzonti. A tenere banco sono infatti da un lato il populismo della Lega e dall’altro le bizzarrie della minoranza del PD. Hanno destato scalpore le dichiarazioni, un po’ esasperate di mons. Galantino, segretario della Cei, sulla politica italiana, ma a leggerle con un minimo di intelligenza si capiva benissimo che i bersagli erano esattamente i due versanti citati (poi, per equilibrare e per smussare la presa di posizione troppo diretta, si è reintervenuti tirando in campo le deficienze del governo e quelle dell’ONU).

Su un versante infatti troviamo una Lega sempre più scatenata nel suo populismo demagogico che la porta a cavalcare le paure che nascono da un fenomeno migratorio che sta andando fuori controllo. Siamo anzi arrivati al punto che se ne sono accorti anche gli altri principali paesi europei e gli USA che non a caso hanno inviato un felpato ultimatum alla Libia: o ristabilite un po’ di legalità voi o saremo costretti ad intervenire.

Salvini usa un linguaggio greve che è quello in uso nel pubblico a cui si rivolge e si lascia andare ad una polemica anticlericale che ci riporta a tempi molto lontani, perché erano molti decenni che nessuna parte politica aveva più usato toni così selvaggi contro la chiesa cattolica (anzi, con una argomentazione tipica dell’anticlericalismo classico, contro i vertici della chiesa trincerandosi dietro la leggenda che quello che in quegli antichi linguaggi si chiamava “basso clero” si trovi su tutt’altre posizioni). Difficile negare che il giudizio corrente su questa classe politica sia quello che li considera cinici piazzisti che speculano sulle paure della gente per raccattare voti.

Meno chiaro il riferimento del secondo intervento di mons. Galantino. Eppure chi ha osservato le argomentazioni di coloro che si oppongono alla riforma del Senato (e alla legge elettorale detta Italicum) avrà notato che uno degli argomenti prediletti è quello che altrimenti si avrebbero delle Camere tutte di “nominati”. Forse a chi non è addentro ai meccanismi della politica attuale sarà sfuggito che già oggi praticamente la gran maggioranza dei parlamentari sono lì in quanto hanno ottenuto la nomina al seggio direttamente dalle segreterie dei rispettivi partiti che li hanno messi nei cosiddetti “collegi sicuri”. In particolare alcuni dei più attivi corifei della polemica contro la riforma appartengono proprio a quella categoria. Inoltre, sempre chi ha l’occhio allenato, avrà notato che questi personaggi, dopo aver approvato la riforma nelle letture precedenti, sono diventati sempre più attivi nel loro cambiamento di parere man mano che hanno scoperto che così si moltiplicava la loro presenza sui giornali e nei talk show televisivi. “Cooptati e furbini” secondo la definizione di mons. Galantino, che, sia consentito dirlo, è quella che circola in molti circoli dei gruppi dirigenti.

La domanda è se nella ripresa politica autunnale si riuscirà o meno a liberarsi dalla morsa di questi due assedi esterni. Renzi ostenta sicurezza, a volte anche troppa, convinto che alla fine entrambi questi avversari si riveleranno come le classiche tigri di carta. Salvini è troppo estremista per andare oltre una certa soglia, ben lontana dalla maggioranza, nella ricerca del consenso. Le stesse formazioni classiche del centro-destra faticano a stargli dietro, anche perché sono convinte che in quel caso le fagociterebbe (si vedano le reazioni di FI alla stramba proposta leghista di tre giorni di blocco del paese per far saltare il governo).

La minoranza del PD alza la voce, ma non ha la forza per disarcionare Renzi: se lo mette in minoranza nelle votazioni al senato alleandosi con l’opposizione rischia che si chiuda anticipatamente la legislatura e in quel caso le sue fortune elettorali non sarebbero certo buone.

Ciò che viene sottovalutato è che al momento il M5S si trova sempre più nella classica posizione del terzo che gode fra i due litiganti. Infatti l’estremismo della Lega alla fine porterà consensi al suo populismo che è oggi oggettivamente più raffinato e consapevole e le bizze della minoranza dem rilanceranno e accrediteranno le sue accuse alla politica come occupazione totale del potere.

Questa è la vera sfida d’autunno della ripresa italiana.

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