Verso il test delle amministrative

Ci si interroga se e quanto le prossime elezioni amministrative saranno da considerare un test che possa sconvolgere la politica italiana. Matteo Renzi ha fatto in passato tutto il possibile per tenere il suo governo fuori da questa prova e continua a sostenere che rimarrà così. Insiste nel dire che il vero test sarà il referendum sulla riforma costituzionale che si terrà ad ottobre, ma è difficile pensare che quella prova non sarà pesantemente influenzata dall’andamento delle urne a giugno.

Del resto è lo stesso Renzi che punta a fare di quel referendum una verifica sulla sua “tenuta” ribadendo che se andasse male se abbandonerà la scena politica. Questo però significa che i risultati delle amministrative verranno letti come una prima verifica della sua capacità di presa quantomeno sul suo partito e da questo punto di vista le cose non sono messe bene.

La dirigenza del PD ha contato troppo sul fatto che le alternative alla sua egemonia sembravano modeste. Certo poteva esserci un po’ di concorrenza grillina, ma si pensava che quella semmai avrebbe spostato nei ballottaggi voti moderati sul partito del premier. Il panorama che sta delineandosi sembra andare in tutt’altra direzione.

In primo luogo il centrodestra si sta spappolando. L’ostinazione di Berlusconi a proporre una leadership che non è più in grado di gestire sta peggiorando il quadro. Salvini ha fiutato l’aria favorevole e pensa di prendere due piccioni con una fava: far affondare FI e il suo leader che non hanno da nessuna parte dei candidati veramente forti (l’eccezione potrebbe essere Milano, ma Parisi è di fatto un “indipendente” e Berlusconi non può intestarsi la sua eventuale vittoria); dare un colpo duro a Renzi alleandosi anche con il movimento Cinque Stelle pur di battere i candidati PD. E in questa direzione la confusione sotto il cielo della politica aiuta non poco il segretario della Lega.

Roma è l’esempio tipico di questa situazione, dove fra il resto è piuttosto facile mettere in difficoltà un PD reduce da una stagione infausta e con difficoltà a recuperare lo svantaggio, viste anche le pulsioni suicide che animano quel che si colloca a sinistra tanto all’interno quanto all’esterno del partito. Aggiungiamoci che pasticci come il caso di Napoli, dove non si riesce a sanare una spaccatura interna complessa, aiutano a confermare questa immagine di difficoltà dei democratici con un candidato certo non brillante come l’attuale sindaco De Magistris sempre più accreditato come probabile vincitore.

La situazione è peraltro complicata anche altrove e in centri importanti: a Torino perché spaccature a sinistra mettono fortemente a rischio la riconferma di Fassino insidiato da una candidata pentastellata che sembra avere molto appeal; a Bologna perché si continua a temere non una sconfitta (molto improbabile vista la modestia dei competitori contro l’attuale sindaco) ma un flop notevole di partecipazione dovuto alla scarsa attrattività delle liste PD nel loro complesso.

L’eco di un piccolo terremoto elettorale difficilmente potrebbe non riflettersi sull’equilibrio politico generale, anche tenendo conto del fatto che di incognite sul cammino del governo non è che ce ne siano poche. Innanzitutto abbiamo una situazione economica assai poco promettente: cresce il deficit dello stato che già era a livelli astronomici, mentre continuiamo ad essere in deflazione nonostante le politiche di sostegno che ci arrivano dalla BCE. Abbiamo sempre di fronte l’incognita di cosa sarà della crisi libica, che potrebbe anche deteriorarsi ulteriormente se in Siria si faranno passi avanti sulla strada della pacificazione, perché allora l’Isis dovrà trovarsi definitivamente un nuovo territorio di insediamento principale. Non sappiamo in che direzione evolverà l’impasse della UE nella politica sui migranti, a cui sono legati scossoni non proprio salutari nelle istituzioni comunitarie.

Se aggiungiamo i nostri problemi endemici e la crisi di civismo che continua ad interessare le nostre strutture sociali ci dovrebbe essere di che allarmarsi. Renzi non può a questo punto pensare che tutto si possa risolvere con qualche tatticismo alleandosi un po’ a caso con questi e quelli. Ha bisogno di riprendere seriamente in mano l’iniziativa sui territori e dunque il suo partito, consapevole che una ripresa in positivo del PD costringerà anche gli altri partiti ad una riorganizzazione di segno eguale. E sarà il passaggio necessario per rimettere in piedi una politica che non si può ridurre ad una contaminazione fra comparsate televisive e arruolamento forzato, se non proprio mercenario, di supporter. 

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