Cristianesimo e cattolicesimo

Molti anni fa, all’indomani della nomina a senatore a vita di Carlo Bo (uno dei nostri più autorevoli pensatori cattolici del XX secolo) in un’ intervista a “Famiglia Cristiana” alla domanda se fosse possibile essere cattolici e cristiani rispose: “difficilissimo, quasi impossibile”. Ora è pur vero che da noi è d’uso mescolare cattolicesimo e cristianesimo come fossero sinonimi, mentre poi nei dibattiti ne scopriamo differenze abissali anche fra i nostri corrispondenti di Vt.

Nel lontano dopoguerra ho vissuto un’esperienza di emigrante in Sud America dove ho colto la differenza fra la mia rigorosa formazione cattolica italiana e lo spirito pur cattolico di là. Queste mie riflessioni mi inducono a credere che il pensiero-messaggio di Papa Francesco vada nella direzione di voler ridurre il divario fra cristianesimo e cattolicesimo anche se i tempi saranno lunghi. Lei cosa ne pensa?

Ermete

La tua domanda è molto pertinente soprattutto perché coinvolge il tempo presente, benché affondi le sue radici in una storia ben precisa (e che forse ci dovremmo lasciare alle spalle). Ovviamente il cristianesimo non può coincidere con il cattolicesimo: in Italia però i due concetti sono spesso diventati sovrapponibili o, viceversa, contrapposti, secondo la propria impostazione. Almeno fino al Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica si autodefiniva a livello dottrinale come l’unica depositaria del messaggio di Cristo, l’unica che possedesse la pienezza della verità. Il vero cristianesimo si poteva incontrare solo e soltanto nella Chiesa cattolica (romana). Gli altri venivano condannati, al limite tollerati. Di converso chi non apparteneva al cattolicesimo – protestanti, ortodossi, altre comunità – preferiva utilizzare il termine “cristiano” proprio per distinguersi dalla Chiesa cattolica. C’era anche un sottointeso: erano loro i veri seguaci di Cristo. I cattolici seguivano invece il Papa di Roma. Le accuse (per usare un eufemismo) non mancavano.

Oggi, sempre con una vena polemica, con l’aggettivo “cattolico” si indica tutto ciò che non funziona nella religione: potere, istituzione, gerarchia, intrighi, intolleranza, commistione con la politica, falsità, mancanza di trasparenza… Mentre “cristiano” raccoglierebbe tutti gli aspetti positivi: vicinanza effettiva all’annuncio evangelico, spontaneità priva di dogmatismo, fede salda ma non superstiziosa… Insomma tutto il male da una parte e tutto il bene dall’altra. Si capisce facilmente che la realtà non è questa.

Non è semplice definire che cosa sia il cristianesimo e chi possa fregiarsi del titolo di cristiano. Lo studioso Philip Jenkins proponeva una definizione generalissima: è cristiano chi ritiene Gesù Cristo una figura significativa per la propria vita. Quest’approccio serviva per avere la più ampia visuale possibile senza dimenticare nessuno. Probabilmente qualche confine dottrinale occorrerebbe metterlo, ma è certo che il cristianesimo sia un fenomeno diversificato in mille sfumature. L’aggettivo cattolico è forse più chiaro: significa universale. Quando nel Credo recitiamo: “credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica” non facciamo una professione di fede nel Papa o nel Vaticano, ma appunto nella presenza della Chiesa universale fondata da Cristo e che si dipana attraverso la successione apostolica. In questo senso tutti i cristiani dovrebbero essere cattolici.

Vorrei lasciare da parte tutti i distinguo teologici su quale comunità possa definirsi Chiesa e quale no. Un punto mi preme sottolineare: oggi nessuna Chiesa cristiana può pretendere di contenere completamente il cristianesimo. La Chiesa universale è l’insieme delle varie Chiese. Sui fondamenti la Chiesa cattolica romana, le comunità protestanti, il variegato insieme ortodosso non dovrebbero divergere. Ciascuno potrebbe imparare dall’altro cercando di cogliere il meglio. Il Papa di Roma è veramente una garanzia di unità. Gli ortodossi hanno sviluppato una riflessione sulla liturgia che a Occidente non è mai stata valorizzata. Persino dai gruppi pentecostali potremmo riprendere uno spirito di comunità da noi perduto in una dimensione di fede troppo individuale.

Credo allora che la contrapposizione tra cristiano e cattolico sia fuorviante. Papa Francesco, con i suoi gesti e le sue parole, cerca di presentarsi come Pastore universale in quanto Vescovo di Roma: il famoso “primato nel servizio” che non si è mai attuato. Il cammino ecumenico è ancora lungo. Ma se i cristiani vogliono sopravvivere devono unirsi, pur mantenendo una diversità di discipline, tradizioni, riti, sensibilità, storia e istituzioni. Anche la Chiesa cattolica (romana) per essere davvero cattolica dovrà aprirsi per davvero agli altri.

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