Conoscere le religioni, una via per la pace

Le religioni sono un fattore di cambiamento positivo soprattutto se riescono a compiere continui cammini di purificazione al loro interno

In questi giorni si sta svolgendo “Religion today”, il Festival cinematografico sulla spiritualità e sulle religioni. Il successo negli anni di questa rassegna dimostra quanto il terreno di confronto tra le fedi possa essere fertile e non solo insanguinato. Le religioni sono un fattore di cambiamento positivo soprattutto se riescono a compiere continui cammini di purificazione al loro interno. In questi ultimi decenni si può ben dire che i cristiani abbiano intrapreso questo cammino, realizzando passi decisivi in ogni ambito, ma in particolare nel rapporto tra religione e violenza. Cento anni fa i cappellani militari benedicevano le truppe mandate al massacro, oggi papa Francesco non si limita a denunciare l’assurdità di ogni conflitto armato, ma contesta lo stesso lucroso mercato delle armi, che non è innocente, ma che spesso fomenta le guerre.

Le religioni allora possono rivestire un importante ruolo nei processi di pacificazione. Bisogna però conoscerle e capirle. E qui forse sta il problema maggiore. Viviamo un paradosso: siamo in un mondo globalizzato e interconnesso, ma sappiamo poco, troppo poco, della cultura degli altri. In realtà conosciamo sempre di meno della nostra stessa tradizione. Per avvicinarsi a qualsiasi civiltà, studiare la dimensione religiosa è fondamentale. Questo assunto, ovvio per qualsiasi storico, sembra non valere per la nostra impostazione scolastica. Il monopolio dell’insegnamento della religione da parte della Chiesa cattolica, con la conseguente facoltà di “uscire dall’aula” per i “laici”, non è servito a migliorare l’educazione religiosa degli italiani. Anzi ha avuto l’effetto opposto: ignoranza diffusa, vero e proprio analfabetismo di massa.

Se ne è parlato molte volte e tutte le ricerche statistiche confermano la preoccupante mancanza di conoscenza delle più elementari nozioni che riguardano la religione cattolica, figurarsi le altre. Una recente rilevazione, commissionata dai dehoniani di Bologna, sul rapporto degli italiani con la Bibbia descrive ciò che sappiamo bene: confusione, distacco, assenza di solide basi. Soltanto il 9% legge o sente leggere la Bibbia almeno una volta in settimana, mentre poco meno del 20% sa che la parola Bibbia significa semplicemente libri. Un quadro sconfortante che si accentua nelle giovani generazioni.

Tuttavia permane una sorta di attaccamento al testo sacro che fa dire a più di metà degli intervistati di essere favorevoli a far entrare la Bibbia nelle scuole, a farla conoscere di più. Ciò vuol dire che questo spesso non accade, neppure durante le ore di religione. Occorre con forza premere su questo punto, anche perché altrimenti tutto scivola in un insegnamento più o meno fantasioso, nonostante i continui sussidi che arrivano ai docenti di religione. L’unica soluzione percorribile sarebbe l’introduzione della disciplina “storia delle religioni” obbligatoria per tutti fin dalle elementari, ma non più gestita dalla Chiesa quindi aconfessionale, intanto cerchiamo di portare la Bibbia nelle classi.

Prima di tutto occorrerebbe conoscere la propria tradizione religiosa, ma in questo momento storico occorre allargare lo sguardo, per lo meno all’ebraismo e all’islam. Da questo punto di vista la mancanza di conoscenza anche minima genera mostri, come per esempio quello dell’antisemitismo o dell’odio sviscerato verso lo Stato di Israele. Le cose vanno ancora peggio riguardo al mondo musulmano. È certamente giusto chiedere ai fedeli islamici di dissociarsi con maggiore forza non sono dalle nefandezze barbariche di vari gruppi terroristi, ma anche dall’utilizzo della religione a scopi politici. Il problema dei paesi arabi non è la teocrazia, cioè il potere assoluto dei rappresentanti del sacro, ma è il cesaropapismo, cioè il piegare la religione al potere politico, alle dittature, alla bramosia di dominio. L’integralismo di oggi è una potentissima arma politica. La fede c’entra davvero poco.

D’altra parte, nei paesi occidentali, l’assoluta ignoranza della religione mussulmana (presente anche e soprattutto negli operatori dell’informazione) spinge la stragrande maggioranza dei cittadini a credere che le bandiere nere, le uccisioni indiscriminate, l’imposizione della legge coranica interpretata in maniera del tutto arbitraria, di violazioni sistematiche dei diritti umani facciano parte dell’Islam. Ciò non è assolutamente vero, non è mai stato così, neppure nel medioevo. Ecco che, ancora una volta, la conoscenza può invece generare dialogo e dal dialogo si possono costruire percorsi di pace. Perché in fondo tutte le religioni cercano di ispirare valori positivi.

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