Essere Chiesa in tempo di elezioni

Ogni campagna elettorale porta con sé una buona dose di veleni e di divisioni. Non può essere altrimenti in quanto, per dare con convinzione il proprio voto a quella o a quell'altra parte politica, occorre informarsi, schierarsi, accontentare qualcuno e scontentare molti. L'esercizio della democrazia è un impegno difficile, da cui però come cittadini non possiamo sottrarci. Come cristiani ancora di meno: echeggiano ancora le parole di Paolo VI che definiva l'attività politica (intesa in generale come partecipazione alla vita pubblica) come "la più alta forma di carità". Stare nella società, costruire con gli altri una giustizia possibile e condivisa, guardare al mondo come qualcosa che ci riguarda da vicino, sono aspetti costitutivi del nostro essere persone consapevoli e non individui apparentemente liberi ma in realtà soli e condizionati dalla massa.

In democrazia è salutare avere opinioni diverse. Soltanto il reciproco riconoscimento della legittimità delle idee altrui (anche se non si approvano per nulla) e la ricerca di una concorde azione politica, che abbia come obiettivo il benessere di tutti, possono creare le condizioni per una crescita armoniosa di una città, di una regione, di una nazione intera. Tuttavia questa divergenza, questa inevitabile contrapposizione, a volte sfocia in aperta avversità fino a rasentare l'ostilità. Scomuniche si lanciano tra l'uno e l'altro campo, non ci sono remore di sorta per quanto riguarda le accuse, le controaccuse, gli attacchi personali che si possono scambiare in televisione i dirigenti politici più noti, per strada pure i vicini di casa. La politica non può trasformarsi in una guerra.

Per i cristiani è richiesto uno sforzo in più. Essere Chiesa significa sentirsi parte di un unico organismo che certo ha una natura spirituale ma che pure si incarna visibilmente in un popolo con i piedi per terra. Al di là di qualsiasi retorica sulla crisi della Chiesa cattolica, essa resta una delle pochissime istituzioni in grado di essere trasversale: alla Messa domenicale partecipano persone di ogni età, di ogni cultura (lo vediamo dalla presenza di molti migranti), di ogni sensibilità politica; tutte però accomunate dalla stessa fede, dalla stessa visione della vita. Questa è una ricchezza inestimabile di cui possiamo essere fieri. In questi ultimi decenni poi vediamo che la Chiesa è diventata davvero "cattolica", cioè universale, aperta al mondo, capace di abbracciare il mondo come nessuno può fare. Nella Chiesa si respira almeno un anelito verso l'unità, difficile da trovare altrove.

Questa comunione di intenti per alcuni si dovrebbe trasformare in un medesimo orientamento elettorale. Quando esisteva ancora la Democrazia Cristiana era più facile, forse, riversare i propri voti in quello che era denominato come "il partito dei cattolici", contrapposto all'ideologia comunista. Tuttavia, fin da allora, alcuni cattolici non votavano Dc, perché ritenevano che altrove fossero meglio rappresentati quei radicali valori scaturiti da un'attenta lettura del Vangelo. Scelte molto opinabili, ma legittime in democrazia e non certo avulse da quella varietà di opinioni insita pure a livello ecclesiale. Oggi i cattolici si dividono tra i vari partiti in una percentuale pressoché identica all'effettivo consenso elettorale che quei partiti hanno in generale.

Quindi Dio per tutti e ciascuno poi fa quello che vuole? Credo che non si possa leggere in questo modo la situazione. Occorre dare fiducia all'impegno delle persone. Occorre stimare e comprendere chi ritiene di poter portare i valori cristiani in un partito e chi in un altro, ben sapendo che la cornice ideale resta comunque la stessa. La tutela della vita, la ricerca del bene comune, l'inclusione e la giustizia sociale, l'apertura all'altro e allo straniero, la libertà di religione e di espressione sono soltanto alcuni punti che devono unificare i cattolici.

Si parla molto di "valori non negoziabili", termine che personalmente non mi piace, ma che è utilizzato molto dai vertici della Chiesa cattolica per indicare quelle istanze irrinunciabili per un cristiano in politica. Lasciando stare il fatto che non mi sembra utile mettere sullo stesso piano la questione dell'aborto con quella del finanziamento alle scuole cattoliche, credo che occorra ascoltare bene i pronunciamenti di vescovi e cardinali. Tuttavia la società è complessa e ci sono molti modi per concretizzare questi principi. In tutti i partiti si può e si deve lavorare per la vita di tutti (anche del Pianeta), ovunque si può portare il messaggio cristiano. Penso che i cattolici, pur con diverse opinioni politiche, possano ritrovarsi su un senso condiviso di società, cercando però di imparare dagli altri, da chi non la pensa come noi. La politica è un esercizio difficile: non bisogna assolutamente annacquare i propri valori e nello stesso tempo è necessario capire che la società è plurale, che bisogna tenere conto di tutte le sensibilità e che scommettere sulla libertà dell'uomo non è mai sbagliato.

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