La gioia possibile

Come posso essere felice quando milioni di persone muoiono di fame? Quando mi sembra di far fatica a vivere?

Gioia, letizia, spensieratezza, felicità. Parole abusate o assenti nella nostra vita. Parole che si ripetono, che rimbalzano ma che alla fine diventano echi di un mondo ormai invecchiato. La gioia è emigrata dalla nostra civiltà. Per molti appartiene all’infanzia dell’umanità, rivissuta forse da bambini e imposta quasi come surrogato durante le feste del consumismo. Essere felici appartiene all’epoca delle illusioni. Oggi siamo disincantati, nella convinzione più o meno diffusa che nulla ci potrà salvare. La nostra condizione di uomini è questa: transeunte, caduca, destinata alla morte. Nell’immaginario collettivo sembra esistere soltanto il paradiso… Su qualche stella si vivrà per sempre. Non sono però credenze profonde, sono favole buone per qualche pubblicità di caffè. Per non finire in preda all’angoscia. Sono gli ultimi retaggi di una fede che sembra irrimediabilmente perduta, anch’essa surrogata in visioni oniriche confinanti con la superstizione. In fondo non ci aspettiamo più nulla dalla vita. Sappiamo come vanno le cose, non ci saranno sorprese. Resta il grande terrore di un’apocalisse al rovescio, non più l’instaurazione del Regno definitivo di Dio e la sua vittoria, ma la catastrofe finale senza più speranze.

La gioia è un lusso che non possiamo permetterci. Perciò giungono come una scossa le affermazioni di papa Francesco contenute nella prima parte della sua esortazione apostolica Evangelii gaudium. Francesco vuol dirci semplicemente: la gioia esiste, possiamo essere felici. Una semplicità disarmante. Non è un sogno di fanciulli o di creduloni. La gioia diventa la cifra dell’azione di Dio nel mondo. In questo senso la gioia è connessa alla novità di Dio. Molti passi dei profeti dell’Antico Testamento annunciano questa gioia che deriva quasi sempre da un intervento divino improvviso e inaspettato. Capace di costruire la giustizia, di consolare il dolore. Rallegrati, sii felice: così l’angelo a Maria. Qualcosa di impossibile sta per avvenire. E anche nella predicazione di Gesù ci sono molte affermazioni per cui il Signore è venuto a portare la gioia, l’abbondanza di vita, la pienezza della felicità.

Nello stesso documento il Papa parla di Dio come dell’“eterna novità”. Una novità che dovrebbe emergere nello stile di vita del cristiano, nel suo desiderio evangelizzatore. Da cosa nasce questo sentimento che non è solo un sentimento, ma è un’intima consapevolezza della presenza di Dio nella nostra vita? Possiamo trovare dei motivi per essere felici? Sapere che Dio ci ha perdonati a prescindere dalla nostra condotta morale, sapere che Cristo non ci abbandonerà mai perché ha sperimentato tutto della nostra vita, ecco tutto questo non può essere che motivo di gioia. Tuttavia per arrivare a comprendere il mistero della misericordia ci vuole un grande cammino di fede.

Intanto allora dobbiamo pensare che la condizione comune è quella della tristezza? Il Papa non nasconde che di fronte al male si può rimanere sconcertati. Come posso essere felice quando milioni di persone muoiono di fame? Quando mi sembra di far fatica a vivere? Quando troppa è l’ingiustizia. Quando sappiamo che dovremo morire, che i nostri cari dovranno morire. Non possiamo far finta di nulla: il grido rivolto a Dio continua. Se non fosse così questo mondo violento e effimero sarebbe già perfetto e la morte vincerebbe. Dio deve ancora compiere la promessa.

Gesù ha però seminato la gioia. Nulla ci può allontanare da Dio. Non è una frase mistica, ma una realtà da sperimentare ogni giorno. Quali sono le occasioni quotidiane di gioia? Forse lo stupore del vivere ci suggerisce il primo passo da fare: non dare per scontato nulla, né l’allungarsi della durata del giorno né il ritorno della primavera. Sono fenomeni naturali certamente. Allora sono naturali anche l’amore tra due persone, l’affetto e l’amicizia verso gli sconosciuti? Eppure in ogni attimo si potrebbe essere felici. Aprendo il cuore alla speranza. Alla fine del nostro tragitto c’è Dio. Come c’era all’inizio. Come c’è in ogni momento. Ecco un altro passo.

Cosa significa questo? Che ogni nostro atto buono, ogni difficoltà vissuta con generosità e pazienza, che il volto di chi abbiamo amato rimarranno per sempre, purificati da Dio stesso. Questa convinzione riempie per davvero la vita. Spinge ad operare per la giustizia, a lenire le ferite del mondo. A farci rimanere giovani, di quella giovinezza che è parte della Gloria di Dio.

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