La medicina di papa Francesco

Dio ha perdonato l’umanità proprio nella sua condizione di fragilità e di peccato. Così ci dovremmo comportare noi

Non passa giorno che papa Francesco ribatta sul tema della misericordia. Sembra questa essere la parola chiave del suo pontificato. Ogni occasione è buona un accenno al senso cristiano del perdono, alla bontà di Dio che ci viene incontro e ci porta la pace del cuore. Francesco è pure diventato medico prescrivendo dalla finestra dell'appartamento papale che si affaccia su piazza San Pietro un particolare farmaco da usare senza timore di dosi eccessive: il "Misericordin", la medicina della misericordia, quella capace di curare l'angoscia dell'anima e di realizzare una vera comunione tra i fratelli.

La misericordia è un'altra parola per dire amore. E sappiamo che Dio è amore. Dio è misericordia. Questa è l'immagine divina trasmessa dalla rivelazione biblica. Già nell'antico testamento c'è una progressiva scoperta di questo volto di Dio che, pur punendo i malvagi con severità, dimostra solidarietà e compassione per l'uomo nonostante la sua cattiveria. Dio promette a Noè di non distruggere più il mondo, sebbene l'umanità dopo il diluvio non sia migliore di quella di prima. Dio si lascia convincere da Mosé di non annientare il suo popolo benché continuasse a trasgredire. Dopo l'esilio di Babilonia Dio, aprendo la strada nel deserto per un nuovo esodo, fa ritornare Israele alla sua terra anche se poi le cadute, gli errori e la mancanza di fede saranno sempre presenti. Ma Dio non dimentica la sua fedeltà e viene a salvare chi si trova (e permane) in una condizione di colpa.

Gesù compie questa azione di Dio e la porta alle estreme conseguenze. A costo di dare scandalo, alle autorità ebraiche di 2000 anni fa come a noi oggi. A costo di non essere capito. Gesù perdona i peccatori prima che essi si convertano. Gesù fa capire che Dio ama l'uomo nella sua condizione di peccato. Il Signore è venuto per i malati, gli ingiusti, i deboli, i colpevoli, coloro che hanno trasgredito le regole. Si dice che Gesù richieda il pentimento, ma questo viene dopo e molte volte non sappiamo come vada a finire: per fare un solo esempio, Gesù perdona l'adultera e le dice di non peccare più; nessuno conosce se la donna abbia cambiato vita, probabilmente no, ma ugualmente non è stata condannata. Molte parabole confermano la precedenza del perdono sul pentimento (che poi magari giunge): il padrone dà lo stesso salario agli operai della prima e dell'ultima ora, il re chiama al banchetto i ciechi e gli storpi, il pubblicano precede il fariseo.

Paolo, con un linguaggio più concettuale, parla di giustificazione. Dio, quando eravamo ancora peccatori, ci ha giustificati, cioè resi giusti. Nessuna opera umana, nessun pentimento, nessuna conversione cancellerà mai la possibilità di fare il male: soltanto la misericordia di Dio lo può fare. Se così non fosse il sacrificio di Cristo sarebbe stato inutile e la redenzione mai avvenuta. Infatti il mondo di adesso non è migliore di quello dei tempi di Gesù. Se Dio avesse aspettato che il mondo si convertisse o andasse in massa a questo o a quel confessionale, poteva mandare di nuovo il diluvio. Invece ha perdonato l’umanità proprio nella sua condizione di fragilità e di peccato.

Così ci dovremmo comportare noi. Questa prospettiva tuttavia spaventa, probabilmente perché non viene compresa. Secondo la morale delle brave persone non è possibile mettere sullo stesso piano giusti e ingiusti, prevale l’idea che la religione deve in qualche modo raddrizzare il mondo: se applichiamo la logica di Gesù tutto andrebbe sottosopra. Non è possibile perdonare chi non ha prima giurato e spergiurato di cambiare vita, di comportarsi secondo le regole della Chiesa… Chi ragiona in questo modo non ha capito la novità rappresentata dal messaggio di Cristo. Il perdono, la misericordia e l’amore vengono prima di ogni giudizio e precedono pure la verità. Perché sono essi stessi il cuore della verità cristiana.

Concretamente bisognerebbe rendere più presente nelle nostre comunità e nella Chiesa universale questo atteggiamento. Essere arcigni difensori di una dottrina spesso superata perché poco evangelica non porta a nulla di buono, andare incontro all’altro cercando di accoglierlo così com’è ci rende almeno un poco discepoli di Gesù. Che ha perdonato senza chiedere nulla in cambio.

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