Chi ha fede rimane un cercatore

 Ab 1,2-3; 2, 2-4; Sal 94; 2 Tm 1,6-8.13-14; Lc 17, 5-10

La mia fede è un tranquillo aderire a verità che mi sono state insegnate o un cercare Dio presente nella mia vita e nella storia degli uomini? Avere fede per le nostre comunità significa lasciarsi inquietare per un mondo violento e ingiusto?

Il tema della fede è presente in tutte le letture che la liturgia di questa domenica propone; fede intesa non tanto come adesione intellettuale alle verità rivelate da Dio nella storia della salvezza, quanto piuttosto come rapporto vitale e risposta di amore all’amore che Dio ha manifestato da sempre .

La prima lettura (Ab. 1,2-3;2,2-4 )inizia con una domanda che tutti gli uomini di oggi si pongono nell’osservare la violenza, l’ingiustizia, la sofferenza che è presente nel mondo: «Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido “violenza!” e non salvi. Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore?». Non possiamo dimenticare che nel XX secolo abbiamo conosciuto due sistemi totalitari brutali e due guerre mondiali che hanno causato milioni di morti.

Il XXI secolo ci fa assistere a un terrorismo senza pietà, a milioni di uomini in fuga, a bambini vittime di abusi sessuali, a milioni di bambini che muoiono di fame, alla terribile guerra dello Yemen dove tra l’indifferenza generale muoiono centinaia di bambini e migliaia di altri innocenti….Tutto questo male è il motivo principale per cui molti motivano il loro ateismo. Abacuc, profeta che vive tra la fine del VII secolo e l’inizio del VI a.C. rimprovera a Dio il suo silenzio,il suo essere muto spettatore di tanta iniquità e oppressione. La risposta del Signore arriva e invita alla pazienza, perché ciò che Dio promette avverrà. La fede per questo profeta è la forza di chi attende con fiducia non ostante i tempi lunghi e un Dio che è sempre imprevedibile.

“Fede significa, per noi, che Dio non esaudisce tutti i nostri desideri, ma compie le sue promesse , che con quelli spesso non si identificano». Aver fede, credere è anche il tema del Vangelo, dove credere non è “supporre”, ma è invece aderire a una verità che avvince, che fa vivere. «Si tratta di aderire al Signore, di legarsi a lui, di mettere fiducia in lui fino ad abbandonarsi a lui in un rapporto vitale, personalissimo.» (Enzo Bianchi)

Il primo atto di fede è riconoscere che l’uomo è debole, è lontano dalla perfezione e non può contare solo se stesso, sulla sua intelligenza e le sue intuizioni. L’uomo tuttavia non può durante la sua vita smettere di cercare, di pensare e anche di dubitare; deve farsi delle domande anche se a volte non trova risposte. Chi ha fede rimane sempre un cercatore. Dio rimane sempre Mistero, ma non perché ci si lasci quasi schiacciare dalla sua grandezza, ma perché si entri in dialogo con lui, con chi è Padre che ascolta, tace, parla indicando un cammino. E’ difficile e faticoso per tutti mettere al centro la Parola di Dio, parola per noi.E’ difficile capire il suo agire. Nel Vangelo possiamo notare che l’incredulità o la poca fede (conf. Mt 17,20; 6,30; Lc 12,28) denunciate da Gesù contraddistinguono la situazione dei discepoli (conf. Lc 24,11; Mc.9,19), non di chi non lo incontra e non lo ascolta. E sono proprio gli apostoli a chiedere: «Accresci in noi la fede!» (Lc.17,5) Essi sono consapevoli di avere una fede piccola. Ma Gesù li rincuora: quando lo si segue, si cammina dietro a lui, si può anche cadere; ma sarà lui a rialzarci e sostenerci, per essere là dove è lui. E c’è ancora una frase di Gesù difficile da accettare, quel dirsi «servi inutili» dopo aver fatto tutto quanto si doveva fare, dopo aver faticato e sofferto, dopo aver servito e amato. Non è inutile la nostra vita, ma trova in Gesù la sua ragione profonda, in lui che si è fatto nostro servo (conf. Lc 22,26-27): senza di lui non possiamo nulla.

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