Il programma di Gesù

Prima lettura Ne 8, 2-4. 5-6. 8-10

Seconda lettura 1 Cor 12, 12-31

Vangelo Lc 1, 1-4; 4, 14-21

Il centro della nostra fede è una persona viva, che non è prima di tutto un Dio da adorare, «ma un Uomo che ha posto al centro del suo messaggio l’adempimento delle Promesse, che hanno il loro punto inesauribile nei poveri, nei prigionieri, negli oppressi. Sono in grado le nostre comunità cristiane di ripartire dagli ultimi nelle scelte pastorali? E ciascuno di noi sa riscoprire la fede?

Riflettendo sulle polemiche che ogni anno a Natale scoppiano puntualmente intorno al presepio, se s’ha da fare, e come e dove, o altre volte attorno al crocifisso, mi viene da pensare che stiamo correndo il rischio di ridurre la nostra fede ad archeologia. E mi spiego: questo succede se come cristiani crediamo ad un uomo del passato (Gesù) che ha parlato a agito «in quel tempo», come solitamente comincia la lettura del brano evangelico della domenica. «In quel tempo», cioè una volta, tanti anni fa. Siamo archeologi che credono che in passato siano avvenuti segni prodigiosi: attraversamento del Mar Rosso, guarigioni da malattie, risurrezioni di morti. Archeologi che poi, improvvisamente, diventano appassionati di fantascienza perché dicono di credere che un domani ci sarà il Regno di Dio e la vita eterna. E durante la loro vita sembra siano dediti soprattutto a spolverare i quadri del museo evangelico e aspettare che qualcosa di improbabile avvenga. Gesù rimane uno stupendo ricordo che forse suscita anche nostalgia, ma che ormai è passato, che al presente non ha nulla da dire. Il Vangelo di oggi, però, contesta tutto questo: il tempo di Dio, il tempo in cui Gesù agisce è «oggi»; Gesù mi è contemporaneo, e io non sono il semplice lettore di una storia passata e finita. Nel brano evangelico di oggi Gesù ci consegna il suo discorso programmatico. Non è casuale che tutto cominci dalla sinagoga di Nazareth, e cioè dalla periferia: è da lì che il Salvatore ci raggiunge nella nostra quotidianità, e anche se sembra paradossale, nella nostra lontananza da Lui. E’ da lì che ci fa conoscere un volto assolutamente nuovo di Dio, di quel Dio che è solo amore e misericordia. E perché non rimangano dubbi e si continui a deformare il suo messaggio, Gesù «modifica» il testo del profeta Isaia che sta leggendo, tralasciando la frase: «A promulgare un giorno di vendetta per il nostro Dio.» (Is.61,2). Dunque Gesù è mandato «per portare ai poveri il lieto annuncio, ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista e ridare la libertà agli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,19) Poi Gesù chiude il rotolo che gli era stato consegnato e dal quale aveva letto le parole di Isaia, e sedette. Gesù diventa anche visibilmente, il Maestro, colui che insegna con autorità, colui che manifesta Dio! La nostra fede, annota Balducci, non ha come centro un libro (il rotolo è stato chiuso), ma una persona viva, che non è prima di tutto un Dio da adorare, «ma un Uomo che ha posto al centro del suo messaggio l’adempimento delle Promesse, che hanno il loro punto inesauribile nei poveri, nei prigionieri, begli oppressi.» C’è dunque un’urgenza per tutti i cristiani: partecipare al processo di liberazione dell’umanità, non fermarsi a discutere di tradizioni, di come e cosa conservare o raffigurare, ma creare un mondo di giustizia. Le parole di Gesù in questo Vangelo ci mettono davanti i gesti di Dio nella storia: la liberazione di uomini e donne senza speranza che non si aspettano nulla da nessuno, forse neanche da Dio. «Gesù viene in mezzo a loro, e questi uomini e queste donne vengono sottratti alla loro disperazione.» E’ questo il Vangelo, che Gesù proclama fin dal suo esordio, è la Parola da stampare nel cuore, perché sia chiaro a tutti chi è Dio, che cosa è il suo Regno e chi sono i veri discepoli.

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