Credere per capire

Credere è sul versante dell’Amore. Capire sul crinale dell’Intelletto

Ricevo:

"Ho trovato una frase di S. Anselmo d'Aosta che mi è sembrata preziosa per quando (spesso) non capisco il Vangelo e quindi mi vien di rifiutarlo. Ad esempio quello della domenica scorsa, (7.a dell'anno ordinario C): "..fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male…" (Lc 6,27-38)

Assurdo! Contro ogni logica, prima ancora che improponibile e impossibile da attuare.

Ma per caso (caso???) il giorno dopo ho scoperto questa preghiera che ora cercherò di ripetere e non dimenticare: "Non tento, Signore, di penetrare la tua profondità, perché non posso neppure da lontano mettere a confronto con essa il mio intelletto; ma desidero intendere, almeno fino a un certo punto, la tua Verità, che il mio cuore crede e ama.

Non cerco di capire per credere, ma credo per capire.

Penso che sia la risposta giusta alla mia presunzione. Sono contenta di aver potuto raccontarLe di questa perla "credere per capire" che ho trovato."

Cara Greta, forte e chiaro! Proviamo alcune variazioni sul tema.

Davvero quando cerco di capire "per credere" il baricentro è in me. Capire è lo sforzo del mio Ego. Sono io al centro, con i miei vicoli di razionalità che mi portano dappertutto e da nessuna parte. E sono solo. Quando mi affido, o almeno tento di affidarmi, diventa Lui il centro , c'è relazione, c'è attrazione, vado verso una meta che è Amore infinito a cui apparterrò. Più che mai me stesso e sempre meno me solo.

Credere è sul versante dell'Amore. Capire sul crinale dell'Intelletto. Credere è aprirsi. Capire è impadronirsi e chiudersi.

E' vero, il "… fate del bene a quelli che vi odiano" ci appare assurdo, contro ogni logica, improponibile e umanamente impossibile da attuare. Appunto per questo Gesù ce lo chiede. E solo Lui può osare chiederlo. Neppure Lui sembra avere come primo obbiettivo una trasformazione della società, la vittoria della non violenza, il disarmo degli inferociti. La sua stessa tragica fine non appare una conferma dell'efficacia indiscutibile del metodo. Non si esprime da sociologo, da mediatore di conflitti o da psicoterapeuta. Gli sta a cuore che abbiamo il cuore del Padre, il quale ama sempre ogni sua creatura anche la più imbestialita nell'odio. Ti chiede: "Per favore continua ad amare, resta con Me che sono Amore, non passare anche tu al regno dell'odio e dell'infelicità". Ti chiede di amare perché ti ama e non vuole che tu ti perda. Ti chiede di amare perché non vuol restar solo ad amare un suo figlio, il tuo nemico, che dimora nell'odio. Vuol salvare dall'odio e dall'infelicità almeno te. E Lui sarà il tuo premio e tu sarai il Suo. Che se – a parte Saulo chiamato ad una particolare missione – mille inferociti come Saulo, amati dal Signore, cadranno dai loro metaforici cavalli di guerra e si metteranno ad amare giudei, cristiani, islamici e pagani di ogni razza, culto, ceto sociale, questo sarà per il Padre un graditissimo effetto collaterale. Ogni Gandhi, Mandela, King è una gioia immensa per il Padre che va perfino oltre le sue attese. Beati gli operatori di pace, ma non ci pretende politicamente competenti e capaci. Chi ama è già operatore.

Gesù è autobiografico: propone quanto Lui è e fa senza imporsi. Ancorché lo odiassi continuerebbe a volermi bene. Ci ha amato per primo e rimarrebbe anche l'ultimo.

Almeno questo Amare il presunto nemico ci esonerasse da ogni altro fastidio. Invece no! Ci rimangono addossate tutte le altre responsabilità. L'altra guancia se questo non favorisce la tracotanza del violento. Mantello e tunica se non sarà una sfida eccessiva alla broncopolmonite. Non pretendere di ritorno se questo non sarà a danno di terzi verso i quali sono già obbligato per giustizia (familiari, dipendenti, creditori, vicini). Cedere al violento purché non sia complicità nel male. Anche se si porterà la causa davanti al giudice non sarà mai per spirito di vendetta.

Credo ut intelligam: dice l’originale latino. “Credo per leggere dentro”, per raccogliere ciò che è vero, per collegare le particolari verità, per andare dentro (intu-ire). Credo per intendere, per tendere verso un’unica meta, per unificarmi, per intendere e volere, cioè motivarmi. Credo per vedere, dove questo ‘per’ non vuole essere di causa finale perché il credere, naturalmente, di suo, porta alla conseguenza di comprendere il tutto. Come i miracoli di Gesù: non sono la causa della fede bensì la sua conseguenza nel credente.

vitaTrentina

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