“Family Day” e facili strumentalizzazioni

Auguro pieno successo al “Family Day” o al “Più famiglia” che terrà la sua manifestazione in piazza San Giovanni a Roma sabato prossimo. Per pieno successo però non intendo quello mediatico, fatto di numeri e di passaggi televisivi, facile da ottenere con la discesa di treni e pullmann e garantendo la presenza della televisioni, bensì quello che si deve tradurre in leggi e provvedimenti che favoriscano la famiglia, diano speranza alle giovani coppie ma anche alle giovani generazioni.

A confutazione di chi mi ha annoverato tra i contrari a questa manifestazione, mi preme qui ricordare che l’ho salutata come segno del risveglio e dell’uscita dall’afasia e dall’accidia politica del laicato cattolico. Nello stesso tempo, però, ho messo in guardia dal rischio di strumentalizzazioni politiche, anzi partitiche che declasserebbero la manifestazione stessa, oscurando gli ideali che sono alla base e immiserendola a momento di scontro che lascia il tempo che trova. Esattamente come certi dibattiti televisivi. Non è senza significato che abbia messo le mani avanti il noto sociologo cattolico Giuseppe De Rita, denunciando il pericolo che sia solo una “fiammata e spallata” che rende gli stessi manifestanti “prigionieri di parole d’ordine che semplificano i problemi per le tre ore dell’evento”. Mentre il tema ha bisogno di tradursi in “solide dinamiche sociali”.

Savino Pezzotta, portavoce assieme ad Eugenia Roccella del “Family Day”, argomenta che è ora e tempo di scendere in piazza perché gli sforzi profusi in tanti anni da associazioni e movimenti che si battono per la famiglia “il più delle volte sono snobbati dalla piazza mediatica”. Il che è vero. La famiglia infatti è la grande assente tra i messaggi televisivi con la scusa che non fa audience. E’ vero peraltro anche quello che dice De Rita e cioè che “la tacita potenza” della famiglia sta “nella porosità quotidiana con cui riesce a respirare le varie realtà umane presenti nella società”.

E tra queste realtà umane ci sono anche le unioni di fatto.

C’è da scommettere che tra le decine di migliaia che saranno sabato in piazza San Giovanni moltissimi sono quelli che hanno un fratello o una sorella, un figlio o un parente stretto che vivono in un’unione di fatto. Le famiglie “respirano” anche queste realtà che stanno loro a cuore. Nei manifesti del “Family Day” c’è un “no” ai Dico, la forma proposta dall’attuale governo per riconoscere i diritti delle unioni di fatto e che non si sa ancora che sorte avrà nell’iter parlamentare. E va bene. Ma c’è anche un “sì ai bisogni dei conviventi”.

Come per la famiglia si chiedono misure e interventi concreti e non ci si accontenta più di parole, sarebbe ora e tempo che vengano formulazioni concrete sui diritti delle coppie di fatto e degli omosessuali. Non foss’altro, come ho detto, perché la famiglia sente queste situazioni.

“Unum facere et aliud non omittere” direbbe il vecchio adagio latino. La piazza mediatica e gli slogans, invece, tendono a semplificare e contrapporre i due aspetti e pure a classificare chi li tiene insieme tra i ribelli e i disobbedienti alle indicazioni del magistero. Sono strumentalizzazioni da comizio dalle quali bisogna guardarsi.

L’arcivescovo tedesco, mons. Joseph Clemens, già segretario di Ratzinger quand’era prefetto della Congregazione della fede e attualmente segretario del “Pontificio Consiglio dei Laici” parlando specificamente della manifestazione romana di sabato prossimo ha detto che “è bene che vescovi e sacerdoti non siano presenti”. Perché? “Per evitare strumentalizzazioni”.

E Dio non voglia che le strumentalizzazioni vengano fabbricate sulla presenza o assenza dei leaders politici. Ma sarà difficile evitarlo perché così funziona l’andazzo mediatico.

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