Un mondo fuori squadra

Una commedia provocatoria sulla difficoltà e fragilità dei rapporti e sulla paura delle emozioni umane: The Square dello svedese Ruben Östlund ha sedotto Cannes nel maggio scorso, aggiudicandosi la Palma d’oro con il suo stile spiazzante.

Nel precedente film, Forza maggiore, il 43enne regista di Stoccolma, metteva in scena i dilemmi dell’individuo, distruggendo l’idea stessa del maschio borghese. Il film raccontava di una giovane famiglia, padre, madre e due figli piccoli, in settimana bianca. Durante una pausa pranzo sulla terrazza dell’albergo il rumore di una slavina crea il panico: pochi minuti, poi fortunatamente la slavina cambia direzione. Un evento accidentale che però travolge per sempre le relazioni di quella famiglia, a causa della reazione istintiva egoistica del padre.

Anche in The Square è proprio un evento accidentale a travolgere e cambiare la vita del protagonista.

Christian (Claes Bang) è lo sprezzante, elegante direttore del più importante museo d’arte contemporanea di Stoccolma. Sta per lanciare un’istallazione intitolata 'The Square' che dovrebbe simboleggiare lo spazio della solidarietà umana, quando in strada viene derubato del suo cellulare, proprio mentre sta aiutando una persona. Da qui inizia un vero e proprio cambiamento: Christian con il telefono non ha più la sua rubrica – metaforicamente ha perso tutti i suoi contatti – perciò deve in un certo senso ricostruirli. Sarà proprio in questa ricostruzione, che per la prima volta farà i conti con l’altro.

Nel tentativo di recuperare il cellulare, si fa coinvolgere da un collega modaiolo a iniziare una caccia al ladro che innescherà una serie di reazioni a catena distruttive: scrive una lettera di minaccia e la mette nella casella delle lettere del caseggiato della pericolosa periferia dove pensa abiti il ladro. Per fare questo, entra, nel senso letterale del termine, in una casa e in un mondo a lui estraneo. Questo contatto smuove inevitabilmente emozioni, paure, sensi di colpa, tanto che Christian perde il controllo che lo contraddistingue. Così, insieme al direttore, frana il mondo del museo, disvelando rovinosamente e impietosamente tutta la falsità e la finzione di cui è composto: la pubblicità demente di due creativi che non pensano alla conseguenza delle loro azioni, la conferenza stampa formale e ingessata disturbata da un uomo con la sindrome di Tourette, la performance dell’uomo scimmia che terrorizza la cena di gala degli ospiti del museo.

Östlund con uno stile originale crea situazioni di disagio, per mettere a nudo le reazioni umane e rappresentare come l’individuo di fronte all’imprevisto getti la maschera, mettendo a nudo se stesso.

Christian sarà costretto a dimettersi a lasciare il mondo finto del museo a fare i conti con il diverso con cui è entrato in contatto.

The Square, ovvero il quadrato della solidarietà e della società ideale, in cui i rapporti umani convivono retti dall’altruismo, rimane un quadrato vuoto dentro i tanti quadrati di una società che non si interseca, perché dominata dalla paura e dalla separazione.

Il finale aperto non dà soluzioni, forse solo qualche speranza, facendo intuire che, per il cambiamento della società, ci sta anche il passo di un singolo individuo che entra “in un altro quadrato”.

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