Da Rovereto un grido: pace!

La 91a Adunata si è aperta in un luogo simbolo di riconciliazione dopo gli orrori della guerra

La 91a Adunata degli Alpini, come promesso, non è stata solo un momento di festa, di evasione, di simpatica e colorata goliardia. E' stata anche l'occasione, per l'intera comunità locale, ma non solo, per fermarsi, tacere ed ascoltare. Ascoltare un grido, ascoltare un urlo quasi soffocato dalle recenti notizie di cronaca: la Pace. E proprio in nome della pace, a Rovereto, presso uno dei suoi simboli più conosciuti nel mondo, la Campana dei Caduti, è stata inaugurata questa 91a Adunata delle penne nere. Un momento, quello di venerdì mattina, organizzato dai giovani delle sezioni Ana di Trento e Bolzano, estremamente coinvolgente ed emozionante. Un momento per chiedersi il reale significato di questa Adunata, chiedersi il motivo di questi luoghi che la hanno ospitata; valli, passi e città che 100 anni fa, dopo aver assaporato l'amarezza del sangue e la crudeltà della guerra, per primi hanno sentito "i rintocchi della pace".

Ed è proprio con tale monito che le giovani penne nere hanno voluto aprire i tre giorni di festa e di incontro, sottolineando di "non essere venuti in Trentino per celebrare una vittoria militare, ma per sottolineare come le cose possano cambiare, come le persone possano vivere e convivere insieme". In questo senso è stata significativa la presenza alla celebrazione d'apertura, oltre alle varie autorità politiche, quali il Presidente della Provincia Autonoma di Trento, Ugo Rossi, e i sindaci di Rovereto Francesco Valduga e di Trento Alessandro Andreatta, dei tre maggiori rappresentanti locali delle Chiese cattolica, evangelica e ortodossa, che con la loro voce, unita in un unico coro, hanno voluto e saputo "spezzare l'oblio di tutti i caduti con lo strumento della preghiera". Una celebrazione interreligiosa in un luogo simbolo, dunque. Ed estremamente simbolica è stata l'intera mattinata, che è iniziata con la "fiaccola della pace", trasportata su di un legno sormontato da una colomba e portata dall'Ossario di Castel Dante, dove oggi riposano centinaia di caduti, fino alla Campana, dove una fitta folla di Alpini, ma non solo, si era radunata in sua attesa.

Aspettavano quel simbolo di pace sul colle che sormonta la città di Rovereto "per celebrare la solidarietà che da sempre distingue la popolazione trentina" e per rinnovare l'impegno ad "elevarsi sopra le mode e le leggi che non rispettano la vita".

Ad impugnare, a nome di tutti i presenti e non, quella fiamma e ad accendere il focolare ai piedi della Maria Dolens, è stato un vero esempio vivente di solidarietà, impegno, dedizione ed attenzione all'altro: il professor Guido Vettorazzo, alpino roveretano fra gli ultimi superstiti della sanguinosa campagna in Russia del secondo conflitto mondiale.

Visibilmente emozionato, l'ultra novantenne dopo aver acceso il braciere, si è voluto fermare, con un solenne saluto, sotto la Campana. Un saluto alla Pace che è sembrata quasi una promessa, accolta da un applauso commosso dai presenti. E proprio in quel momento anche il cielo ha fatto cadere qualche impercettibile goccia di pioggia: sembrava quasi che si fossero commossi, insieme a chi era lì, anche tutti quei giovani ragazzi che, con ogni divisa, sono caduti sotto l'orrore della guerra.

Una promessa che si è rinnovata nei rintocchi della grande Campana, quindi. Una promessa affascinante quanto umanamente difficile da mantenere, e la storia che si è celebrata in occasione di questa Adunata ne è il monito. Ecco perché, raccolto in preghiera, il vescovo metropolita della Chiesa evangelica di Bolzano ha ripetuto più volte: "Dio aiutaci a dire di no!". A dire di no "soprattutto all'egoismo e all'autoreferenzialità", come ha sottolineato al termine della cerimonia il vescovo di Trento Lauro Tisi, che ha voluto sottolineare l'importanza di vivere per l'altro, per il fratello in difficoltà; e in questo, ha aggiunto, "dovremmo essere tutti un po’ alpini, i quali, sempre in prima linea nel sostegno alle popolazioni in difficoltà o all'interno delle proprie realtà sociali, si riconoscono nei volti di chi aiutano".

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